Tutti pazzi per Ipazia d’Alessandria

Non esistono, a mio parere, film più difficili da girare di quelli a carattere storico. Innanzitutto la Storia carica l’autore di responsabilità che richiedono un rigore non facile da conciliare con le esigenze narrative proprie del mezzo audiovisivo e ancor’meno con quelle commerciali del mercato cinematografico. Inoltre il racconto di eventi storici comporta una complessità di piani espressivi e narrativi che solo pochi autori nella storia del cinema hanno dimostrato di essere in grado di padroneggiare. Insomma, lo dico da subito: Amenábar, che è regista che apprezzo, si è lanciato in un progetto che francamente va ben oltre le sue capacità. Ciò non toglie che, benché lungi dall’essere un testo storico audiovisivo con tutte le carte in regola, Agora sia un film interessante che valga la pena vedere. Provo, brevemente, a spiegarmi.

Per quanto concerne la trama non è certo questa pagina il luogo ideale per ricordare la storia di Ipazia d’Alessandria, vi basti sapere che si tratta di una filosofa greca vissuta all’epoca in cui la religione cristiana prendeva il sopravvento sul paganesimo; l’ateismo di Ipazia e la sua integrità la resero (spoiler) martire dei carnefici cristiani e immortale emblema femminista. Basta questo per capire il perché sia un film interessante, da vedere. E  forse basta anche per gettare sospetti sul ritardo nell’uscita di questo film nella nostra terra in cui la presenza del Vaticano è spesso piuttosto ingombrante. I temi insomma (fondamentalismo religioso, qui di stampo cristiano, e femminismo) sono quantomai attuali e scottanti; ben venga quindi un film “di massa” che accenda il dibattito e stimoli la riflessione. Ben venga che nella nostra intontita società i mass-media di tanto in tanto propongano altro piuttosto che calcio, soubrettes, freaks e propaganda.

Il problema che invece si pone sul film, sul testo audiovisivo, si basa su ragioni  testuali, didattiche e culturali ma, inevitabilmente, finisce per diminuire sensibilmente il valore del film anche sotto quel profilo sociale di cui dicevo sopra. E il problema alla fine è sempre riconducibile al fatto che la Storia è sempre enormemente più complessa e problematica delle sue rappresentazioni. Ogni rappresentazione, ma anche ogni analisi, di fatti storici ne è giocoforza una semplificazione, una riduzione, perché è impossibile tenere conto di tutti gli elementi che compongono la realtà; questa regola generale è particolarmente valida per un film cinematografico che si consuma in solo un paio d’ore e che deve anche assolvere al non facile compito di tenere costantemente viva l’attenzione dello spettatore. Quando ci si approccia alla Storia però, per onestà, sarebbe necessario attenersi rigorosamente a fonti e documenti e, sempre per onestà, cercare almeno di citare tutti gli elementi e le voci documentate, anche quelle fuori dal coro.

Il compito è oltremodo arduo perché seguendo i documenti si rischia di appiattire tremendamente narrazione e personaggi, quando invece sia per ragioni narrative che per quell’onestà intellettuale di cui dicevo, è necessario dare profondità e umanità a quei personaggi del film che già sono personaggi storici e prima ancora sono stati persone in carne ed ossa. In un film a carattere storico in effetti coesistono e  si sovrappongono diversi livelli narrativi: quello storico, pubblico e oggettivo, in cui si muovono personaggi storici; quello umano, privato e soggettivo, in cui si mossero persone realmente esistite; quello narrativo, universale e autoriale, in cui si muovono i personaggi della rappresentazione filmica. Riuscire a gestirli tutti contemporaneamente è impresa per pochi, pochissimi autori (e sto pensando al Rossellini de La presa di potere da parte di Luigi XIV). Più comunemente si tende a cadere nel peplum e nella retorica, i diversi livelli narrativi scompaiono per lasciare spazio al linguaggio enfatico e spettacolare del cinema e i personaggi perdono profondità e sfaccettature. Ed è così che, ad esempio,  Ipazia d’Alessandria diventa una sorta di Atena/Minerva detentrice del sapere e della scienza e i cristiani diventano una pericolosa banda di terroristi. Niente dubbi, niente ombre, niente voci fuori dal coro. Eppure siamo sicuri che, per quanto eccezionale, Ipazia sia stata una persona “in carne ed ossa” e sappiamo che contemporaneamente a Cirillo di Alessandria era vescovo Agostino d’Ippona, sempre in Nordafrica, che aveva un approccio ben diverso a questo genere di contingenze.

La mia proposta è di guardare il film e poi procurarsi un bel libro (o almeno uno) sul tema, nonostante purtroppo il film non inviti a farlo più di tanto.

Agora – Spagna, 2009
di Alejandro Amenábar
con Rachel Weisz, Max Minghella
Mikado – 128 min

nelle sale dal 23 aprile 2010