Amore e duelli nel crepuscolo di pianeti lontani

Uscito nel 1979 con Armenia e nel 1994 con Fanucci con il titolo La luce morente, Dying of the light (1977) è il primo romanzo pubblicato da George Martin. La casa editrice Gargoyle lo ripropone adesso, cambiandone il titolo in un discutibile In fondo al buio. Chiaramente si cerca di cavalcare l’onda del successo dell’autore di Bayonne, che proprio in questi giorni si gode la messa in onda della seconda stagione della serie tratta dal suo capolavoro, Le Cronache del ghiaccio e del fuoco. Intento più che comprensibile, se non fosse che la presenza di occasionali refusi e di alcune sviste traduttive sembrano suggerire una certa fretta nella preparazione di questo libro.

Dirk t’Larien riceve un messaggio da Gwen. Un tempo si amavano, poi lei lo ha lasciato. Ora, però, gli chiede di raggiungerla su Worlorn, un pianeta vagabondo ai confini dello spazio, e Dirk lo fa, spinto da sentimenti non ancora sopiti. Verrà così a conoscenza del nuovo compagno di lei, Jaan, proveniente da un altro pianeta – Alto Kavalan – e seguito dal fido Garse. Soprattutto, Dirk si scontrerà con la cultura di questi due uomini, una cultura rigida e marziale incentrata sul concetto di clan, sulla lealtà fra compagni e sulla sottomissione della donna. Rivalità affettive e scontro culturale, ce n’è abbastanza per dar fuoco alle polveri del dramma. Siccome abbiamo a che fare con Martin, poi, le cose si complicano ulteriormente; i personaggi sono tutti ricchi di sfaccettature e di motivazioni contrastanti, irrequieti, sempre in cerca di qualcosa che non riescono ad avere, che si tratti di amore, rispetto, lealtà, cambiamento. Tutto ciò dà vita a un intreccio di relazioni in continuo cambiamento col quale Martin gioca molto, allontanando e riavvicinando i personaggi, creando crisi che sembrano alleviarsi, mantenendo un costante stato di tensione che vibra per tutto il libro, fino all’ultima pagina. Impossibile non vedere, in questo, i semi di ciò che l’autore svilupperà anni più tardi e su una scala più vasta con Le Cronache del ghiaccio e del fuoco. In questo scenario, l’atmosfera del pianeta ha un ruolo importante: dominato da una gigante rossa chiamata Grasso Satana e dalle sei stelle minori che vi orbitano attorno, Worlorn è un pianeta morente, abbandonato da gran parte dei suoi abitanti, destinato al freddo e all’oblio. Questa malinconia ambientale, la solitudine e il senso di tragedia che gravano su tutti i personaggi, i temi del duello e della caccia non possono non richiamare i toni del western crepuscolare, che Martin riesce a combinare con maestria con l’atmosfera fantascientifica. Dove il meccanismo rischia di incepparsi è quando l’autore infarcisce i dialoghi di informazioni sull’ambientazione da lui creata, non senza un certo autocompiacimento. Se da un lato ciò è necessario per entrare nelle logiche che governano le azioni di Jaan e Garse, dall’altro l’eccesso di infodump talvolta soffoca il ritmo dei dialoghi e in alcuni casi genera un vago senso di confusione.
Nonostante certi difetti, però, In fondo il buio è senza dubbio un romanzo interessante, vuoi per la storia avvincente, vuoi per l’introspezione psicologica credibile e drammatica, vuoi per l’approccio crepuscolare alla fantascienza, vuoi per la forza dei personaggi e delle loro motivazioni, vuoi per l’interessante invenzione della società di Alto Kavalan. Un Martin grezzo ma già talentuoso, che vale sicuramente la pena conoscere.

Titolo: In fondo il buio
Autore: George R. R. Martin
Editore: Gargoyle
Dati: 2012, pp.364, euro 16,90
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