Una moneta magica e i pasticci aurei del destino in salsa siciliana

Prendi una storia realmente accaduta, capitata a un lontano parente, così lontano che neanche riesci ad arrampicarti sull’albero genealogico e scovarlo in un qualche ramo remoto; metti che la storia di generazione in generazione diventi sempre più ridondante, merito di una tradizione orale familiare esuberante che amplifica il romanzesco insito nell’esistenza; metti che la storia giunga infine all’orecchio di un professionista della parola e dei congegni narrativi. Che pensate accada, allora? Nasce un frutto, un frutto insolito e particolare, una stravaganza o divertissement, firmati da un campione di sicilianità letteraria, alla pari di Verga, Pirandello, Sciascia: Andrea Camilleri. E difatti, “La moneta di Akragas”, ultima sua creazione è divertissement, costruzione fantastica che poggia su solide fondamenta, narrazione storica con giallo incorporato, racconto di ambientazione e atmosfera tipicamente siciliane, secondo il gusto e lo stile proprio dell’artefice dei grandi cicli di Vigata.

Chiarisce lo stesso Camilleri in una nota conclusiva a margine, secondo la modalità sua propria di costruzione narrativa, che la storia raccontata nasce da una cronaca familiare, subito diventata leggenda, secondo la quale un lontano parente, medico e numismatico, un giorno incontrò un contadino che gli donò una preziosa moneta d’oro, scoperta zappando. Era la mitica moneta di Akgras. Il medico per l’emozione cadde da cavallo spezzandosi una gamba. Pare che poi il dottore regalò la moneta al re Vittorio Emanuele III che ricambiò il favore conferendogli l’onorificenza di grande ufficiale. Il resto è lavoro di fantasia e perizia tecnica, con tanto di salti temporali.

La storia inizia nel 406 a.C. L’antica Akragas, Agrigento, assediata dai cartaginesi, capitola. Kalebas, soldato mercenario superstite, dopo tre giorni di combattimento potrebbe salvarsi la vita ma, ironia della sorte, è punto da una vipera e prima di morire lancia un sacchetto di monete, piccolo tesoro che è la sua paga di tanti mesi di lavoro, lontano. Chissà. Salto temporale. 1908, “Quasi duemilacentosettant’anni dopo Akragas, un’altra città siciliana viene distrutta dalle fondamenta. Ma stavolta si tratta di cause naturali” : il terremoto di Messina. Anche stavolta una preziosissima moneta di Akragas arriva nelle mani dello zar di Russia, numismatico per passione, accorso nelle insolite vesti di componente illustre della protezione civile internazionale, molto prima di ben altre vicissitudini nazionali. Un anno dopo, una uguale moneta viene trovata nelle campagne da un contadino. Il dottor Stefano Gibilaro, medico condotto di Vigata, per l’emozione della scoperta cade da cavallo. Il contadino vorrebbe consegnare al medico la moneta sapendolo appassionato e numismatico, per sdebitarsi dell’assistenza  ricevuta, ma la sorte non sempre permette di realizzare i propri intenti. Anzi al povero contadino, il ritrovamento costa molto, troppo, e da quel momento le vicende prendono a scorrere in modo misterioso, ci scappa il morto, ci scappa il giallo, ci scappa l’indagine, si intersecano i registri e i generi, il dialetto e l’italiano (secondo le modalità cui Camilleri ha abituato il suo affezionato pubblico di lettori). La moneta, la favolosa piccola Akragas, decreta gli eventi con un andamento che ha risvolti tanto tragici che esilaranti, secondo un suo concedersi e sottrarsi che caratterizza gli oggetti magici. Il medico la vorrebbe, sembra che non possa averla, deve imparare l’arte della rinuncia.

“La spiegazione è questa – secondo il dottor Gibilaro, appunto – che la moneta stia esprimendo la sua volontà di non riapparire al mondo, di tornarsene nuovamente dentro quella terra dalla quale un giorno l’hanno tirata fuori. E comunque, in linea subordinata, di non andare mai, per nessuna ragione, a finire nella sua povera collezione. È come se un’imperatrice si rifiutasse giustamente di abitare in una stamberga.”
Non c’è niente da fare: la tentazione di infilare il giallo, il risvolto noir amaro e fondente, che fonde il lettore per la curiosità di sapere cosa va a capitare, è sempre forte in Camilleri, così come la sua caratterizzazione dei personaggi attraverso la dualità linguistica, dialetto o lingua, e il gusto di fare il verso al romanzo storico con passaggi persino saggistici.

Così da “Il Birraio di Preston”, all’invenzione del commissario Montalbano e dei titoli che tanto l’hanno reso famoso e riconoscibile. La perizia tecnica è tale che il gioco di intrecciare generi,piani temporali e livelli di lettura, è magistralmente condotto e risulta tanto naturale che il lettore appassionato di Camilleri si sente a casa. Trova quel che cerca, con una freschezza rinnovata. La moneta sembra far parte degli oggetti fatati delle fiabe, capaci di una loro vita autonoma, di modificare la realtà, di creare destini, di optare per una polarità positiva o negativa. Conta anche con chi la moneta si incontra, c’è di mezzo la morfologia umana, lo spessore etico, se prevale l’avidità o il sapersi disfare anche di una cosa preziosa, con la consapevolezza della relatività del possesso. Torna il tema verghiano della roba tramutato in gioco dei destini. Ci sono archetipi fiabeschi in azione. C’è la relatività della dimensione temporale. Un passato lontanissimo e un passato recente si raccordano, il tramite sono sotterranei affioramenti. La storia si ripete o ripete una stessa emanazione di senso? C’è la stravaganza, l’irruzione della fantasia o dell’imprevedibilità nel corso delle vicende umane. C’è la voglia di giocare e trasformare un’antica cronaca familiare in narrazione dove tutto fila liscio. Lettura godibile e trama di senso a strati, anche sotterranei. E persino il messaggio c’è ma senza sovrastare il resto. Nessun alone sacerdotale quando prevale, sempre e comunque, il gusto del racconto.

L’opera pubblicata dalle prestigiose edizioni Skiria nella collana Art Stories al centro è corredata da dipinti raffiguranti Agrigento antica, fotografie di scene del terremoto di Messina, campioni di monete custodite al British museum. È in veste grafica elegantissima, con tanto di copertina dorata quanto una moneta di Akragas. Un bagliore di luce pura sul comodino!

Titolo: La moneta di Akragas
Autore: Andrea Camilleri
Editore: Skira editore
Dati: 2010, 136 pp., 15,00 €

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