Il meraviglioso mondo di Athanasius Kircher

Drago volante, in "Physiologia Kircheriana Experimentalis" di Athanasius Kircher, p. 247 (1680)

Anche senza rendercene conto, quando pensiamo al XVII secolo, pensiamo ad Athanasius Kircher. Spesso paragonato a Leonardo Da Vinci per la varietà degli interessi, forse non stonerebbe nemmeno, visto il carattere immaginifico, “estatico”, della sua erudizione, un accostamento a Jules Verne. Anche se forse la definizione migliore del gesuita Athanasius Kircher, prototipo dell’erudito universale del ‘600, resta quella con cui Paula Findlen, nel 2004, ha intitolato una raccolta di saggi a lui dedicati: The Last Man Who Knew Everything, l’ultimo uomo che sapeva tutto.

Nei suoi quasi ottant’anni di vita, Kircher si occupò di magnetismo, geologia, matematica, storia, medicina, biologia, meccanica, linguistica, musica. Fu a un passo dall’inventare il cinema. Viene annoverato tra i pionieri dello studio dei fossili e dei microbi (e dell’uso del microscopio). Studiò la terra (sopra e sotto) e il cielo. Inventò strumenti ed automi, prefigurò i computer, arrivò a conoscere ventiquattro lingue. Resterà per sempre celebre per aver gettato le basi alla decifrazione dei geroglifici, teorizzando per primo la possibilità di sfruttare a tale scopo il copto, come poi farà Champollion. Anzi, morì convinto di averli decifrati lui stesso per la prima volta; del resto, anche Colombo morì convinto di aver scoperto un passaggio per le Indie. Le sue opere, così riccamente adornate di simbolici iconismi studiati dallo stesso Kircher, restano ad oggi alcuni dei più bei libri della storia, a ragione appetiti dai collezionisti di tutto il mondo.

Insomma, una vita interamente dedicata alla conoscenza, in tutte le sue forme, che ben gli valse l’appellativo di “maestro in un centinaio d’arti”; e che ora possiamo ascoltare, in una nuova e fluidissima traduzione, dalla sua stessa voce, grazie alla bellissima (al solito) edizione de La Lepre (già editrice, pochi mesi fa, di un libro per alcuni versi accostabile a questo, l’Ipazia di Adriano Petta e Antonino Colavito). Una vita straordinaria che ci si dipana davanti agli occhi in cinque capitoli, dalla nativa Geisa, vicino a Fulda, fino a Roma, dove Kircher passò gran parte dell’esistenza al Collegio Romano, fondandovi quella grande Wunderkammer che fu il Musæum Kircherianum.

Nel mezzo, una serie di rocambolesche avventure nello scenario della sanguinosa Guerra dei trent’Anni: fughe nella neve e su mari in tempesta, peregrinazioni in foreste notturne infestate da banditi e belve, fiumi ghiacciati, montagne di fuoco… Una prova dopo l’altra, un pericolo dopo l’altro, da cui Kircher esce miracolosamente (e a volta un po’ comicamente: a ragione, nella sua postfazione, Eugenio Lo Sardo lo paragona, in queste occasioni, a Buster Keaton) sempre indenne, come sotto la protezione divina. Del resto, proprio così il gesuita Kircher interpreta la propria vita: come l’esistenza di un miracolato destinato a grandi imprese, ma sempre sotto l’egida di una conoscenza “laica”, che intendeva sviscerare sotto ogni suo aspetto.

Una figura complessa non tanto (o non solo) per la molteplicità di settori a cui applicò il proprio ingegno, quanto per il difficile rapporto che sempre fu costretto a intrattenere col proprio tempo: come quando studiava astronomia, ma doveva poi insegnare a scuola le vecchie e imbrigliate teorie delle sfere angeliche. Emblematico resta il caso dell’obelisco ritrovato a Santa Maria Sopra Minerva, che Kircher studiò su ordine di papa Alessandro VII. Gli furono trasmessi i disegni dei soli tre lati scoperti: il quarto era ancora sotterrato, e difficile da portare alla luce. Malgrado ciò, studiando i primi tre, Kircher ci racconta (non senza un po’ di teatralità) di aver descritto minuziosamente anche il quarto, che poi si rivelò corrispondere perfettamente alla sua descrizione.

L’evento era sensazionale, e non poté mancare di destare grande stupore. Dietro il “miracolo” operato da Kircher, alcuni videro l’ispirazione dello Spirito Santo, altri lo zampino del diavolo. Kircher non ebbe mai dubbi: né santi né dannati, né religione né magia; il gesuita sapeva che “la conoscenza acquisita in tanti anni di studio poteva essere attribuita alle sole forze dell’ingegno”. Su questo insegnamento di un gesuita del 1600 noi, “moderni” di pieno XXI secolo, abbiamo ancora molto da riflettere. E forse, in un’epoca come la nostra, di ingerenze ed ipocrisie religiose e di ambiguità e codardia intellettuale, proprio questo resta, al di là di tutto, l’insegnamento più grande della figura di questo gesuita, al contempo moderno e polveroso, fantasioso e geniale quanto fallibile e strampalato.

Titolo: Vita del Reverendo Padre Athanasius Kircher scritta da sé medesimo
A cura di Flavia De Luca, Ingrid Rowland, Eugenio Lo Sardo
Editore: La Lepre Edizioni
Dati: aprile 2010, pp. 120, € 14

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Leggi qui un estratto del capitolo IV,
La vita dopo il noviziato, per gentile concessione de La Lepre Edizioni

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