Avventure ai confini della lettura

Dibattere su cosa è la letteratura è impresa ardua e impegnativa, il più delle volte attività oziosa e pretenziosa, e spesso fine a se stessa. Michael Chabon, per nostra fortuna, non casca nel tranello e con Mappe e leggende. Avventure ai confini della lettura ci regala un piacevole saggio sull’arte dell’intrattenimento con lo stile vivace e pungente tipico della sua narrativa, lasciandosi così alle spalle la serietà pedante di alcune opere in materia. Perché quale scopo ha la letteratura se non quello di intrattenere?

“Il senso originario, e incantevole, della parola «intrattenimento» è quello di un reciproco sostenersi, come due alberi cresciuti insieme, intrecciati, che si sorreggono e si danno forza a vicenda. Suggerisce una sorta di trasferimento aereo di energia, di contatto attraverso un vuoto, come il groviglio di acciaio e cavi fra due pilastri solitari di un ponte. Non riesco a immaginare un’approssimazione migliore del rapporto fra lettore e scrittore.”

È infatti stata la perdita di equilibrio nel rapporto tra autore e lettore, dettata dalla necessità dell’approvazione e del successo e dall’esigenza del profitto, che ha assestato il colpo mortale all’idea di intrattenimento. Editori e logiche commerciali hanno contribuito alla involuzione non solo del termine in questione, ma anche della definizione di “genere”, concorrendo a determinare la più o meno condivisibile demarcazione tra letteratura alta e letteratura bassa. Eppure grandi e affermati autori, apprezzati da critica e pubblico, si sono cimentati, seppur sporadicamente, con un genere che, secondo la comune definizione, dovrebbe attestarsi nella categoria della letteratura minore, scrittori che si sono insinuati fra i generi: Greene, Balzac, Wharton, Pynchon, Ballard, tanto per riprendere qualche citazione di Chabon.

Fantasmi, case infestate, cataclismi, mondi alternativi, sono temi che rientrano nella bibliografia di insospettati Autori, quelli con la a maiuscola. Ma ciò non è sufficiente a impedire che lo sprovveduto acquirente, entrando in libreria, girovagando tra gli scaffali riservati alla Fantascienza, possa casualmente imbattersi in Ada o ardore di Nabokov, o ne La strada di McCarthy, moderno esempio di fantascienza apocalittica – unico genere, a detta di Chabon, che consente all’autore di non perdere credibilità davanti al tribunale della Critica, quella con la c maiuscola -. E non troverà neanche i volumi di Philip Pullman che, senza appello, sono condannati a essere incastrati tra i libri per bambini, laddove, forse, i giovanissimi destinatari, prescelti dalle case editrici, non hanno le competenze per apprendere appieno le tematiche di un “fantasy” che nasce per un pubblico differente. La logica di mercato che sovrintende al collocamento tra i ripiani delle librerie innesca il singolare meccanismo psicologico che spinge alcuni lettori ad aggirarsi furtivamente tra gli scaffali “minori” per acquistare un libro destinato al puro piacere personale ma che pubblicamente, di fronte al libraio e agli occasionali astanti, risulta essere un regalo per un fantomatico amico per un altrettanto fantomatico compleanno. Attività clandestina giustificata dal desiderio di riscoprire un immaginario perduto, che è pari alla nostalgia che si prova a ricordarsi bambini, ad ascoltare quelle favole che non fanno addormentare: meraviglia e scoperta, fantasia e formazione. Come se quei sogni ad occhi aperti fossero stati vietati in età adulta. Chabon ci invita a superare questo limite, in un libro che si barcamena tra autobiografia e saggio.  A partire dalle leggende nordiche che hanno stuzzicato l’immaginario del bambino Chabon fino ad arrivare alla genesi dei suoi romanzi di successo (con il fondamentale contributo di Fitzgerald e Roth) e al bel capitolo sul golem, tema caro  allo scrittore di origine ebraica, come ne Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay, che altro non è che la metafora della scrittura, la paura della creazione nel rapporto tra autore ed opera.

E tra riletture di Conan Doyle, M.R. James, Will Eisner e la vituperata graphic novel, Chabon disegna una mappa per sognatori.

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Perché sono le leggende e le mappe a esercitare, a qualsiasi età, il potere sull’immaginazione, sono le storie che si muovono nella zona liminare tra realtà e finzione. Sono le storie di confine, quelle che si incuneano negli interstizi dei generi, quelle necessitano della partecipazione del lettore alla creazione della bugia e dell’irreale, quelle che mettono di fronte al dilemma se seguire o meno una strada sconosciuta:  territori inesplorati che tocca al lettore scoprire – esempio è il mondo de Il Signore degli Anelli, le cui dettagliatissime mappe illustrano territori mai esplorati dagli stessi personaggi della saga -. Ed è questa partecipazione che sollecita quella fantasia che bambino e adulto, senza alcuna distinzione,  devono preservare a tutti i costi; ragione sufficiente per riscoprire la narrativa di Intrattenimento, quella con la i maiuscola.

A Chabon, però, non si può perdonare di aver ignorato la mappa de L’isola del tesoro, a mio avviso, il miglior romanzo di sempre, relegato (a ragion veduta?) tra i libri per ragazzi; un capolavoro da leggere a dieci anni, e ogni dieci anni, come fosse un elisir di giovinezza.

Ora corro ad acquistare Queste oscure materie. So dove cercarlo nella mia libreria di fiducia (la stessa che non posizionerà mai Asimov o Dick tra gli innumerevoli scaffali del reparto Narrativa). Lo riporrò nella mia biblioteca e lo donerò un giorno a mio figlio. Quando avrà compiuto il trentesimo anno di età.

MAPPELEGGENDE_3D1-e1360334359621Titolo: Mappe e leggende. Avventure ai confini della lettura
Autore: Michael Chabon
Traduttore: F. Graziosi
Editore: Indiana
Dati: 2013, 252 pp., 17,50 €

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