Banksy c’è ma non si vede

Questa è la storia di un supereroe e di un bizzarro francese tarchiato che lo segue in tutte le sue uscite notturne. Lo filma di continuo, perché non può farne a meno – ma mai in volto, per ovvie ragioni –, si guadagna la sua amicizia e, in seguito, si tramuta in suo emulo.

Ma questo non è un film sui supereroi. È un documentario su quelle particolari creature notturne che vandalizzano i muri ciechi delle metropoli addormentate, e così facendo, le rendono curiose e a volte inquiete; perché ogni graffito, ogni firma, ogni ripetizione di stencil che appare a chilometri di distanza da quella precedente – a volte anche all’altro capo del globo – si trasforma in una domanda martellante che esige una risposta. Cosa significa quello sguardo truce sotto cui c’è scritto Obey? Chi sono Borf e Zeus? Perché riportare in auge Space Invaders assillando Parigi e Los Angeles con dei mosaici che ne ritraggono le navicelle spaziali pixelate? È un po’ come se un abitante di Gotham City si chiedesse chi è Batman e perché di notte gli capiti così spesso di vedere un pipistrello stilizzato in un cono di luce giallo che nasconde la luna. Non potrà mai saperlo, pena la vittoria dei cattivi e la fine del fumetto. In questo caso, invece, la domanda che più ci assilla è: «Chi è Banksy?» Tutti lo vogliamo sapere, ma, rassegnamoci, nessuno ce la farà mai, pena la morte di un mito che nell’ultimo decennio è riuscito a trasformare la street art in una forma d’arte legittima e apprezzata dai più importanti collezionisti al mondo – in ogni collezione che si rispetti non può mancare un Banksy o uno Shepard Fairey –, pur mantenendone intatta la tendenza corsara semi-illegale. Proprio questo è il cuore della pellicola: cosa succede quando una forma pulsante di controcultura, che vive di notte, sui tetti, con le orecchie e gli occhi sempre tesi per l’arrivo delle forze dell’ordine, si tramuta in un fenomeno consumistico di massa?


Tornando al discorso iniziale, si potrebbe dire che questo è veramente un film sui supereroi e di come le loro armi possano generare danni inimmaginabili quando finiscono nella mani sbagliate. C’è quel francese tarchiato di cui sopra – tale Thierry Guetta – che non riesce a stare senza la sua telecamera sempre accesa. Ha paura di non ricordare, di perdersi per sempre dei momenti fondamentali della sua vita e allora li filma tutti. Caso vuole che suo cugino sia lo street artist Space Invader e di punto in bianco Thierry comincia a seguirlo nelle sue battute notturne e così fa con gli altri writers suoi amici. Diventa il film maker ufficiale della scena losangelina. Incontra Shepard Fairey – l’artista che ha tramutato il presidente Obama in un’icona pop – e tramite lui, infine, ha la possibilità di fare da cicerone al misterioso Banksy per le strade di Los Angeles. Filma tutti, non si perde un solo istante, e tutti – Banksy compreso – sono convinti che Thierry stia cercando di produrre un documentario, ma non è così. Le migliaia di cassette prodotte riposano dentro delle casse. Thierry non ha mai rivisto nulla di ciò che ha ripreso. Il nostro eroe incappucciato e dalla voce mascherata è sorpreso quando lo scopre e comincia a sospettare che il suo amico francese non sia altro che un ossessivo patologico. Decide allora di diventare lui stesso il regista del documentario e, per distrarre Thierry, gli consiglia di andare in prima persona per le strade a fare arte, dando vita al suo personaggio. Così assistiamo increduli alla nascita di Mr Brainwash – il cui nome d’arte non può non far pensare ad un cattivo dei fumetti –, che, in breve tempo, sfruttando ciò che ha imparato dagli street artists che ha frequentato, assilla Los Angeles fino a dare vita ad una mostra-evento senza precedenti, fatta di assurda paccottiglia pop multicolore che nulla ha a che fare con le installazioni del suo maestro d’oltreoceano.

Più che un film su Banksy, questo è il film di Banksy e lo si capisce dalla trama intelligente che si muove veloce come un thriller, troppo intelligente e troppo veloce per non far venire il sospetto di essere stati fregati, di trovarsi di fronte all’ennesimo trompe-l’oeil dell’artista britannico, di cui tutti, all’inizio del film, volevamo scoprire l’identità. Ora, non riusciamo a fare altro che correre su Wikipedia, tormentati dall’idea che Mr Brainwash sia un fantasma, una maschera e che il bel documentario che pensavamo di aver visto, sia in realtà un geniale film. Dobbiamo sapere, ma non sapremo mai. Intanto, l’eroe incappucciato, fresco di nomina all’Oscar, ride dietro al vocoder.

Link al trailer di Exit Through the Gift Shop

Exit Through the Gift Shop – UK, 2010
regia di Banksy
87 min, documentario