Trasfigurazioni
Nel primo video, assistiamo a moderne sacre conversazioni (The Quintet of the Astonished, 2000), in cui colorati santi moderni vengono trafitti dal dolore e dalla compassione. Sono esplorate le emozioni umane universale attraverso le dinamiche gestuali e mimiche di cinque personaggi. Un tecnologico dittico che richiama quelli fiamminghi del XVI secolo (Union, 2000), racconta l’anelito umano alla completezza e all’unione cosmica. Un uomo e una donna sono ripresi su due schermi diversi nella loro titanica lotta per superare il disagio esistenziale, il limite corporeo e mentale dell’esistere. Arriveranno alla cessazione della sofferenza, seppure svuotati e come stravolti dall’esperienza avuta. L’acqua è archetipo e motivo narrativo per eccellenza di Viola: da una cascata d’acqua si creano forme umane, avanzano verso di noi, e se ne tornano da dove sono venute. Accade a un giovane di oggi (Transfiguration, 2007), plasmato e poi dissolto nell’acqua, fino alla sparizione e al ritorno del buio, forse il buio primordiale; o a tre spettrali figure femminili di diverse età (ricordano Canova, ma anche Klimt nell’abbraccio), che si affacciano alla vita come fosse un passaggio fulmineo e nulla più, scelgono repentinamente di ritornare da dove sono venute (Three Women, 2008), che sia la dimensione della morte o un altro stato dell’essere. Un affaccio veloce e violento alla vita, prima di sparire di nuovo. Sono le due opere del ciclo della Trasfigurazione. L’acqua permette di creare un effetto tridimensionale, le figure sono come sbalzate fuori dalla cornice.
Ancora l’acqua come elemento catartico, occasione di passaggio da uno stato all’altro, sconvolgente forza riequilibratrice, caratterizza The raft (2004), un’installazione video sonora di fortissimo impatto in cui la routine di 19 persone, uomini e donne, di diverse etnie e status socioeconomico, tutti annoiati o comunque assorti nei propri pensieri a una fermata di autobus, è sconvolta dall’impatto con una sorta di diluvio. Le persone sono investite all’improvviso da potenti getti invalidanti che le atterranno, le rendono impotenti, le fanno contorcere, stravolgono le fisionomie. Tutto accade, secondo la marca stilistica di Viola, al rallentatore ad enfatizzare la “fine della civiltà”, di un modello di civiltà e degli inganni collettivi. Evidente qui il richiamo al terrore metropolitano di Ground Zero, degli attentati di Madrid e Londra, di eventi della nostra storia contemporanea che hanno sradicato definitivamente l’essere umano dalle sue illusioni di sicurezza, mal’hanno fatto scoprire o riscoprire per una volta solidale. C’è anche il richiamo all’antinomia sempre più netta in quest’epoca ipertecnologica tra l’uomo e la natura.
Le persone che si scoprono parte di una stessa umanità sono le stesse che Viola mette in fila, avanzano verso di noi, desiderose di scorgere qualcosa che li commuove, li sconcerta, li turba (Observance, 2002) appena fuori dal campo visivo, sotto il margine dell’inquadratura. Si danno la mano, si toccano, come a comporre una catena umana, e quando arrivano in prima fila guardano esterrefatte verso di noi per poi arretrare. Cosa guardano? Cosa è che le sconvolge? Dai loro volti traspare commozione e dolore. Forse c’è un feretro. Il cadavere delle illusioni, o del falso sé. Forse si celebra il funerale della falsa personalità che ci sovrasta e non riusciamo ad abbattere nel tempo della vita. Forse osservano qualcosa che li riporta alla vera essenza. Forse in quel momento c’è stata una epifania o è avvenuta una trasfigurazione secondo la definizione che ne dà lo stesso Viola: “In termini fisici, una trasfigurazione altro non è che un cambiamento della forma, un ‘rimodellamento’ dell’aspetto esteriore. Tale vocabolo deriva dal greco antico ‘metemorphoth’ o ‘metamorphosis’, che evoca l’idea di una formazione totalmente nuova. In ogni caso, a livello spirituale la parola assume il suo più pieno significato quando si riferisce al momento in cui una persona o un oggetto non si trasformano attraverso mezzi esterni bensì da dentro. Il cambiamento che ne risulta è assoluto e totale e coinvolge sia il cuore che l’anima del soggetto interessato. Sebbene nel corso di questo processo l’aspetto esteriore possa talvolta risultare anche alterato, non è necessario che ciò accada. Una trasformazione più profonda e completa avviene all’interno, lontano dalla vista, e nel caso di una persona essa riformula la fibra stessa della sua essenza, irradiandosi infine verso l’esterno – e coinvolgendo tutto ciò che la circonda”.
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