Cercando Alice: una storia che vive di vita propria

Dodici anni dopo una notte tragica in cui, mentre valica le montagne verso la Svizzera, perde di vista, per sempre, la madre, Susan sente il bisogno di far luce su quegli eventi, sulle bugie, sui misteri che ruotano attorno alla figura della madre (Alice) e scoprire che cosa le sia realmente accaduto. Siamo in pieno nazismo, in Europa: Alice ha abbandonato gli Stati Uniti per seguire il marito in Italia e a Roma si sente in trappola, priva di libertà. Si sente tradita dagli eventi, dal marito stesso. Decide di salvarsi e di salvare le proprie figlie lasciando tutto e scappando in Svizzera. Le voci delle due protagoniste si incrociano, madre e figlia raccontano e ricostruiscono la storia di una famiglia.

Di solito amo scrivere recensioni che abbiano qualcosa di intimo e personale, che suggeriscano al lettore l’idea di quanto sia prezioso un testo, quanto sia stato intenso per me leggerlo. Adesso sono in ambasce: su questo romanzo scrivo e scrivo per arrivare a dire sempre e banalmente: è bello, ragazzi, compratelo!
C’è così tanta intensità nelle personalità, così tante sfaccettature nei protagonisti. C’è il dolore, sembra vero, palpabile e non è consueto incontrarlo così vissuto. C’è la gioia del ritrovarsi, di essere, di sopravvivere e vivere. C’è uno stile attento, senza cadute; che non inciampa in frasi furbette che attraggano il lettore per poi deluderlo nel lasciarlo sospeso, in attesa di qualcosa che non arriva.

Ed esprimere opinioni su tutto questo è realmente difficile; anche perché in alcuni tratti scoscesi, e dolci al contempo, il testo mi pare pervaso di una linfa che attinge alla realtà.
Provo quindi a porre delle domande all’autrice, Camilla Trinchieri, credo sia il mezzo più diretto per parlare di Cercando Alice.

D: Quanto c’è di Camilla Trinchieri in Alice, la donna protagonista che ingannata, abbandonata, tradita e colpita dagli eventi ingiusti della guerra riesce a mantenersi salda e coerente a se stessa, e quanto in Susan, la figlia alla ricerca di un’identità familiare?
R: C’è poco di me in Alice, ma capisco e sento il suo smarrimento e isolamento, il sentirsi “straniera”, perché sono sensazioni che ho provato anch’io a causa dei tanti spostamenti da un paese all’altro, da una lingua all’altra, che ho fatto nella vita. E poi c’è il tradimento del marito Marco. Ne so qualcosa anch’io.
Susie e io condividiamo il desiderio di trovare una madre. Io sono cresciuta  senza. A tutte due piace dipingere. Devo dire però che mi immedesimo in tutti i personaggi -anche quelli maschili- è l’unico modo che conosco per dargli vita. Da ragazza volevo fare l’attrice, trovavo bello avvolgermi nella vita altrui. Adesso lo faccio scrivendo.

D: Com’è nata la storia? Lei scrive in inglese ma le protagoniste sono italiane e alcuni scorci del testo ritraggono contesti popolari in cui la lingua (penso al mercato a Roma e alla saggezza di “più ne sa, più sta in campana” o a “l’amiche tue scicchettone”) riveste un ruolo cardine nella resa delle immagini. Come ha ovviato alla difficoltà di rendere la lingua fedele a ciascun personaggio e a ciascun contesto?
R: Cercando Alice è una storia molto personale, basata su certi fatti accaduti alla mia famiglia durante la seconda guerra mondiale. È stato il commento di uno psicologo a farmi venire l’idea di scrivere. Disse: “Certo, deve essere stato molto difficile per tua madre americana vivere in Europa durante la guerra”. Non ci avevo mai pensato. Mia madre si ammalò di mente poco dopo la mia nascita e io e una sorella siamo cresciuti con mio padre. In casa non si parlava mai di mamma o di quegli anni. Mi venne voglia di saperne qualcosa, ma non mi interessava scrivere una biografia. Mio padre era già morto e le verità di mia madre non erano affidabili e per di più volevo possederla questa storia, dargli una vita tutta sua. Lo scheletro di Cercando Alice è basato sul vero, la carne è frutto della mia immaginazione e tanta tanta ricerca.

In inglese naturalmente non potevo rendere Ersilia in romanesco, Gina in napoletano, ma scrivevo con i dialetti in mente, dando all’inglese dei ritmi diversi e una povertà di linguaggio per far capire al lettore che queste donne erano delle popolane. È stata la bravura della traduttrice, Erika Bianchi, a trovare il linguaggio giusto per la versione italiana, una versione che è più ricca di quella inglese.

D: Tutta la storia è pervasa da una forte tensione emotiva che coinvolge il lettore ma a renderlo davvero parte del testo sono gli eventi resi con accuratezza e puntualità. Quanto conta nella redazione di un libro l’ispirazione e il coinvolgimento dell’autore e quanto la ricerca storica?
R: Si può pensare al romanzo come a un quadro. La ricerca storica mi ha dato la tela su cui ho potuto dipingerlo. Senza la tela non potevo fare nulla. È bello quando durante le ricerche vedi o leggi un fatto che ti induce a crearci attorno tutta una scena. La scena di Alice e Susie a San Lorenzo dopo il bombardamento nel ’43 è nata grazie ad una foto di una donna morta fra le macerie “che sembrava una statua caduta dal piedistallo nella cappella di una chiesa, la mano alzata a benedire”.

Titolo: Cercando Alice
Autore: Camilla Trinchieri
Editore: Marcos y Marcos
Dati: 2010, pp. 336, € 17,00

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