Cezanne e Monet: una vita in natura per l’arte

Seguire il viaggio quotidiano della luce e le sue variazioni, impressionare un momento unico di un paesaggio quale manifestazione fuggevole dell’essere del mondo. C’è chi ne ha fatto la ragione unica della propria vita infischiandosene di guardaroba, mode e frequentazioni sociali. Vite dedicate all’arte intesa come voce della natura, fuori e dentro. La mia storia firmata Claude Monet è un piccolo volume proposto dalle edizioni Skira con la consueta eleganza grafica e l’accuratezza testuale che le contraddistingue. Il libro contiene il testo di un’intervista unica che il fondatore del movimento artistico denominato impressionismo concesse a Thiebault Sisson, giornalista del quotidiano parigino Le temps. Fa parte della collana sms, nessun fraintendimento: l’acronimo sta per skira mini saggi. Appartiene invece alla collana Narrativa il volume Mi ricordo Cezanne, di Emile Bernard che la stessa casa editrice ha appena dato alle stampe in occasione della imminente mostra milanese Cezanne e le atéliers du Midi (Palazzo reale, 20 ottobre 2011-26 febbraio 2012). Monet e Cezanne, due padri della corrente artistica che ha aperto le porte alla modernità pittorica, accomunati da scelte esistenziali all’insegna della solitudine, dell’immersione nella natura a scapito della adesione alla civiltà urbana, persino dell’eremitaggio e della selvatichezza (almeno secondo leggenda) nel caso di Cezanne. Non c’è niente di più affascinante delle biografie degli artisti specie se ripercorse dalla loro voce come nel caso di Monet. L’occasione dunque è imperdibile per i cultori di autentiche parabole esistenziali e artistiche.

Di Monet, soprattutto “pittore d’acqua”, da profani conosciamo il proliferare di ninfee e giardini d’acqua ovunque, persino nelle copertine dei quaderni scolastici di grido. Poco e niente sappiamo di un’esistenza che sembra tramata proprio di poco e niente:  episodi minimi, per lo più un lungo scorrere nel tempo fatto di affondamento sensoriale nella natura, tradotto in istantanee pittoriche. Cicli compositivi dedicati a uno stesso paesaggio (covoni, pioppi, campi, acqua del fiume e del mare, scogliere, giardini floreali, giardini d’acqua) mai di maniera perché l’occhio e l’integrità dell’uomo-artista impressiona l’istante altrimenti irrecuperabile. Monet non aveva la vocazione a diventare cittadino, lo racconta lui stesso nell’intervista testimonianza rilasciata tutta di un fiato: “Ero indisciplinato per natura; nessuno è mai stato capace di sottomettermi a qualche regola, neanche durante l’infanzia. Il poco che so l’ho imparato a casa. La scuola mi ha sempre fatto effetto di una prigione e non sono mai riuscito ad adattarmici”. La vocazione alla vita naturale di un parigino trasferito a Le Havre per le attività commerciali del padre, si associa alla precoce abilità nell’arte della caricatura. Solo sotto la guida del maestro Boudin, Monet ricorda di essersi aperto alla comprensione della natura e all’esercizio di dipingere en plein air rompendo la consuetudine dei tradizionalisti di dipingere la natura da studio. Niente poterono i genitori che (come all’epoca si usava) non accettando l’idea di un figlio pittore si offrirono di riscattargli il servizio militare purché abbandonasse pennelli e tavolozza. Macché, così non fu, anzi passò 2 anni liberi e felici in Algeria e poi “sposò” la pittura.  Racconta poi Claude del “dente avvelenato” di Manet, della sua idea di dipingere in base a un principio di divisione dei colori, dell’inizio di un successo di pubblico dopo una lunga fase di emarginazione e povertà. Come nel caso di Cezanne però il riconoscimento di critica e pubblica lo lasciò indifferente e non cambiò il suo stile di vita. Il volume si conclude con un saggio di Theodore Duret, critico d’arte e collezionista, tra i primi sostenitori degli impressionisti, il primo a fare la biografia del pittore. Si legge: “Indifferente al successo mondano, alla pubblicità che si faceva intorno al suo nome, Monet abbandonò definitivamente Parigi. Aveva sempre lavorato all’aria aperta, attratto dalla solitudine dei campi, dalle scogliere e dal mare, odiando la triste routine della vita cittadina(…). Si era abituato a vivere a contatto con la natura, a spaziare con lo sguardo nel cielo limpido e luminoso; la vita parigina si rivelava insopportabile”.

Vita concentrata nell’arte e arte come esercizio panico della percezione e svelamento della natura. Così anche fu per Cezanne. Nel suo caso però, a raccontarne la vita è l’allievo Emile Bernard, un testimone sincero ma certo di parte, non fosse altro perché mosso da un atteggiamento di totale venerazione verso chi considera il padre nobile delle nuove ricerche artistiche, talvolta ingenuo perché manca di consapevolezza sui traguardi pittorici raggiunti. Bernard va a trovare Cezanne ad Aix-en-Provence dove vive ritirato da eremita. Paul accoglie benevolmente il giovane di cui ha un’opinione favorevole scambiandolo all’inizio per uno scrittore perché sa che ha composto un saggio su di lui. Per un mese Bernard si ferma nei luoghi di Cezanne, va con lui a dipingere ogni giorno all’aria aperta, diventa testimone e artefice del mito. È il Cezanne che gli esprime la sua idea sulla forma, sul colore, sull’arte e gli dice mentre sembra parlare alle avanguardie che verranno: “in natura tutto è modellato secondo tre modalità fondamentali: la sfera, il cono, il cilindro. Bisogna imparare a dipingere queste tre semplicissime figure, poi si potrà fare tutto ciò che si vuole” così da rendere concrete sensazioni e percezioni di cui vive il pittore. Il pensiero corre subito a Braque e Picasso osserva nella postfazione Flaminio Gualdoni. Interessante l’epistolario che svela la sua concezione pittorica. Cezanne non si identificò mai con l’impressionismo, fece sempre storia a sé. Il suo seguace infervorato non riesce però a comprendere quella pittura altra, “ostica”, sebbene il maestro gli scriva: “il vero studio da farsi, davvero concreto e altissimo, è la diversità del quadro della natura”. Lo venera fino a scrivere “più che un pittore, poi, Cezanne era la pittura stessa, divenuta vita”, ma non ne comprende il genio. Il capolavoro ‘Le tre bagnanti’ è da Bernard così liquidato: “La vecchia tele delle donne nude mi parve, anche per la deformazione del disegno una specie di guazzabuglio”. Cantonate da adepto esaltato. “Che cosa spaventosa la vita!”, avrebbe commentato Cezanne. Tra l’altro era il suo ritornello preferito.

 

Titolo: La mia storia
Autore: Claude Monet
Editore: Skira
Dati:  2011,  50 pp., 9,00 €

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Titolo: Ricordo Cézanne
Autore: Émile Bernard
Editore: Skira
Dati: 2011, 104 pp., 15,00 € 

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