La Chattervista – due chiacchiere con Cristiano de Majo

Cristiano de MajoQualche tempo fa, in libreria, mi sono imbattuto in un libro che ha suscitato immediatamente la mia curiosità. Sembrava che, a differenza del trend imperante, si distaccasse dalla ricerca di descrizione del reale per concentrarsi sull’intreccio, la trama, la storia. Una caratteristica che difficilmente io, lettore appassionato e niente più, ritrovo oggi nei romanzi italiani.

L’ho subito letto questo romanzo e mentre andavo avanti avevo conferme sulla sua validità nonché originalità. Una ventata di freschezza insomma. Ecco perché ho deciso di intervistare Cristiano de Majo autore de Vita e morte di un giovane impostore scritta da me, il suo miglior amico (qualora non lo aveste letto qui trovate la quarta di copertina e qui un assaggio del libro).

Ma, allo stesso tempo, non volendo fare la solita intervista via mail che mi risultava fredda e poco spontanea io, che vengo dalla radio  – seppur amatorialmente, ho voluto provare, prendendo spunto da qui, la chat. A questo giro mi sono servito di skype, in seguito vedremo.

Il risultato è sembrato interessante, la chiacchierata è stata lunga e amabile e si è parlato un po’ di tutto. Del romanzo in primis, ma anche dell’idea di letteratura, degli anni ’90 e dell’ambiente letterario, un po’ teatrino, un po’ palcoscenico.

Ma del resto, è a voi lettori che spetta il giudizio.


[10:49:51] cristiano.demajo: eccomi

[10:50:41] ciaciod: buongiorno cristiano

[10:50:50] cristiano.demajo: ciao cataldo

[10:51:14] ciaciod: tutto bene?

[10:51:28] cristiano.demajo: sì, a te?

[10:51:59] ciaciod: abbastanza

[10:53:04] cristiano.demajo: bene

[10:53:19] ciaciod: vabbuò per me possiamo cominciare

[10:53:25] ciaciod: vediamo cosa ne viene fuori

[10:53:34] cristiano.demajo: ok

[10:54:06] ciaciod: la prima domanda vuole essere, diciamo, un po’ provocatoria, così subito ci mandiamo a quel paese

[10:54:26] cristiano.demajo: ehehe, vai

[10:54:38] ciaciod: Il titolo, parliamone. Perché una scelta così difficile? Da ricordare intendo

[10:55:36] cristiano.demajo: è un titolo strano in effetti, può essere penalizzante da un punto di vista commerciale, non lo so. In realtà ad alcuni è anche piaciuto molto. Volevo un titolo che desse subito l’idea che i personaggi, i protagonisti del libro fossero due e dopo lunghe discussioni con editor e casa editrice è venuto fuori questo che mi è piaciuto molto

[10:57:20] ciaciod: a Walter T. Pasernach (mentore accademico di Massimiliano, filologo di fama mondiale n.d.r.) sarebbe piaciuto senza dubbio

[10:57:32] cristiano.demajo: sì, infatti. Mi è piaciuto perché da un lato ha un tono un po’ pomposo che si addice abbastanza alla personalità della voce narrante e poi perché contiene già un giudizio sulle qualità dei personaggi. Però leggendo la storia si rivela piuttosto ambiguo. Insomma un titolo che si presta a essere sconfessato dalla storia. A te non piace?

[10:59:43] ciaciod: Perché Massimiliano non avrebbe mai accusato D.D. di essere impostore

[11:00:05] cristiano.demajo: è vero

[11:00:11] ciaciod: Devo dire che quando cercavo e cerco di parlare del tuo libro in giro non riesco a ricordare il titolo. Da qui la domanda

[11:00:44] cristiano.demajo: ahahah, sì, neanche Ostuni (l’editor n.d.r) se lo ricorda sempre, alle presentazioni sbaglia sempre qualcosa. Comunque nego, come invece è stato avanzato da qualcuno, che ci siano delle ascendenze wertmulleriane, odio i titoli della Wertmuller

[11:01:45] ciaciod: eheheh. chiarito questo passerei alla seconda domanda ovvero: come ti è venuta l’idea del romanzo

[11:03:12] cristiano.demajo: provo a essere sintetico… In realtà mi è venuta per prima l’idea dei documenti, volevo scrivere un romanzo per documenti forse perché sento molto la fame di realtà di cui parla D. Shields nel suo recente saggio, quindi, appunto, lettere, cartoline, etc etc

[11:05:13] ciaciod: (ce lo potresti citare il saggio di Shields?)

[11:05:14] cristiano.demajo: testi extra letterari, con una presunta verosimiglianza

[11:06:04] cristiano.demajo: (Fame di realtà – Fazi, ma è uscito dopo il mio libro, non è che sia un testo ispiratore, ma è sicuramente un testo che pone dei problemi rispetto alla produzione letteraria che sento di condividere molto). Volevo scrivere, insomma, qualcosa che suonasse vero. La figura del curatore è nata successivamente per l’esigenza funzionale di tenere insieme questa collezione documentale

[11:06:58] ciaciod: nell’onda di quella che sembra essere una ricerca poetica comune a molti scrittori italiani contemporanei

[11:07:18] cristiano.demajo: aspetta concludo e poi ti dico. E’ nata successivamente, dicevo, ma poi è diventata sempre più importante, invasiva, dispotica, e si è trasformata nella voce del vero protagonista. Sugli scrittori italiani: non so, per esempio? fammi qualche nome?

[11:09:38] ciaciod: parlavo di Siti, o di Covacich ma ora che ci penso sembra essere una tendenza comune. Se penso a Ellroy e a Ellis anche in America ci si dà da fare in questo senso

[11:10:23] cristiano.demajo: Siti senz’altro, Covacich lo conosco poco. Diciamo che comunque è una tendenza presente in tutta la produzione letteraria occidentale e che prende strade diverse

[11:11:57] ciaciod: anche nell’ultimo di Houellebecq compare Houellebecq stesso

[11:12:00] cristiano.demajo: da un lato il reportage narrativo, che, quello sì, ha avuto grande fortuna in Italia, almeno negli ultimi anni. Esatto, dall’altro, come in Houellebecq o in Ellis o in Siti la costruzione di una realtà romanzesca che prende in prestito elementi della realtà molto credibili e spesso si coniuga in auto fiction. il mio romanzo è un autofiction raccontata da un personaggio d’invenzione, se così si può dire

[11:13:56] ciaciod: secondo me infatti tu arrivi a risultati diversi

[11:14:14] cristiano.demajo: ma sì, infatti

[11:14:19] ciaciod: ricercando la verità, ecco il romanzo di finzione per eccellenza dove l’invenzione e la menzogna la fanno da padrona

[11:15:22] cristiano.demajo: sì, alla fine, è l’aspetto che m’interessa di più, oggi l’ambiguità è la cosa che m’interessa di più. l’ambiguità della scrittura

[11:16:05] ciaciod: e delle costruzioni narrative

[11:16:11] cristiano.demajo: l’idea che la scrittura sia essa stessa una menzogna, sempre e comunque ma una menzogna che non è chiaramente tale, mi piace l’idea che un testo sia interpretabile in varie direzioni. e infatti sono contento che il romanzo non abbia avuto un’accoglienza univoca. mi piace lasciare al lettore l’ultima parola

[11:18:00] ciaciod: qui arriviamo a toccare un punto fondamentale: il romanzesco. cioè l’eterno contrasto tra vita e fiction

[11:18:26] cristiano.demajo: sì più che contrasto direi impasto

[11:19:35] cristiano.demajo: vuoi farmi una domanda precisa?

[11:19:53] ciaciod: è un’esortazione? 🙂

[11:20:32] cristiano.demajo: sì… dico sul romanzesco, o devo parlare a ruota libera?

[11:20:53] ciaciod: no aspetta ci arrivo, capisco la tua frustrazione da domanda vaga. Quello che voglio dire è che tu butti a mare la tendenza a voler descrivere il reale, parlare delle cose concrete per rispostare l’asse sulla riflessione intorno alla letteratura

[11:22:10] cristiano.demajo: sì, decisamente. ho la sensazione che Pasolini abbia fatto moltissimi danni alla produzione letteraria italiana e dopo di lui Goffredo Fofi. La storiella che racconta Saviano hai presente? lui che manda un racconto a Fofi e Fofi che gli dice: sì scrivi bene, ma non inventare, affacciati alla finestra e guarda. Voglio dire, ok, il racconto del reale è una modalità ma non può essere l’unica modalità. Alla fine le persone che stimo sono tutti dei malati feticisti della letteratura e della finzione. Il campo che m’interessa è quello: la finzione come prisma per scomporre la realtà. In Italia nessuno o quasi ha fiducia nella finzione

[11:27:25] ciaciod: no, il problema infatti, ma da un po’, è quello di creare storie

[11:27:37] cristiano.demajo: sì, a me interessa ragionare sulla letteratura ma al tempo stesso lavorare sulla letteratura come strumento d’immedesimazione fare in modo che la letteratura sia un discorso credibile

[11:29:56] ciaciod: e dire che tu vieni dal reportage

[11:30:58] cristiano.demajo: sì, anche se quello è stato un episodio, e comunque era un reportage ben strano. Ma io poi amo il reportage, tra l’altro. Non amo, però, la tendenza ancora in voga di pensare che la letteratura abbia una missione sociale o pedagogica, che abbia degli obiettivi a breve termine. Questo è detto molte volte nel romanzo. Qualcuno mi potrebbe rimproverare di avere una posizione aristocratica e forse è così. A parte un certo modo di fare reportage odio il romanzo sociologico, il romanzo anti-berlusconiano, quello che cerca la causa del disfacimento, il romanzo d’attualità insomma

[11:34:28] ciaciod: sospendiamo di parlare un attimo di massimi sistemi, torniamo al libro

[11:34:35] cristiano.demajo: sì infatti, non mi dare corda

[11:34:52] ciaciod: eheheh. Una cosa che mi ha colpito molto è il modo in cui interagiscono i due protagonisti, con Massimiliano che sembra talmente stregato da D.D. da provare, suo malgrado forse, a vivere la sua vita.

[11:37:55] cristiano.demajo: il rapporto tra i due nasce forse da un mia visione un po’ nichilista dei rapporti umani in genere. Ho la sensazione che i rapporti siano retti per ogni singolo individuo dall’idea del rapporto che desideriamo avere, a prescindere dalla realtà concreta del rapporto. Massimiliano è quasi uno stalker.

[11:39:29] ciaciod: rapporti mediati insomma, mi viene in mente Girard

[11:39:48] cristiano.demajo: sì, bravo nel romanzo il rapporto tra i due non ha mai un fondamento oggettivo ma è sempre costituito dalle proiezioni e dalle aspettative di Massimiliano, dalle sue dichiarazioni altisonanti sull’amicizia che però sembrano, e dico sembrano, contraddette da certi episodi che farebbero pensare che i sue non siano così amici… (ma qui ci sono molti spoiler!)

[11:43:22] ciaciod: cambiamo argomento allora: il teatrino della letteratura. Sembra un argomento che ti sta a cuore 🙂

[11:44:00] cristiano.demajo: mi irrita e mi diverte quello napoletano poi… vorrei ritornare anche sul vivere la vita di un altro

[11:46:09] ciaciod: ritorna pure

[11:46:14] cristiano.demajo: sulla tua domanda precedente da cui forse ho deviato un po’. Sì, la cosa che dicevi su M. che vuole vivere la vita di D.D. è molto vera (per esempio la scena con la madre… quando va nella sua camera a cercare i documenti) ed è in qualche modo, non so quanto consapevolmente, una metafora del rapporto del lettore con il romanzesco e con la finzione in genere. I romanzi o il cinema o certe meravigliose serie televisive ci danno la possibilità di vivere la vita di qualcun altro e questo grazie alla possibilità che ha la finzione di ricostruire i meccanismi e le dinamiche della realtà. Massimiliano lo fa dal vivo, è uno che non ha vissuto e quindi cerca di impossessarsi della vita di un altro e in questo suo atteggiamento ha quasi l’attitudine di un lettore.

[11:50:17] ciaciod: come quando da bambini sognavamo di essere dei grandi calciatori e trasformavamo la piazzetta nello stadio più importante

[11:50:57] cristiano.demajo: bello sì, o la cameretta. io giocavo a pallone in casa. ehehehe

[11:54:37] ciaciod: ritorniamo al teatrino

[11:54:45] cristiano.demajo:

[11:54:46] ciaciod: non voglio nomi ma tu lo descrivi come un ambiente un po’ paradossale

[11:56:46] cristiano.demajo: beh, io ironizzo molto sull’ambiente napoletano, soprattutto su quello. In Italia si ha la sensazione che Napoli sia una città molto creativa, almeno credo, e questa cosa mi fa ridere. Dal punto di vista letterario non lo è affatto, è una miniera di stereotipi triti e ritriti. Uno scrittore, secondo me, non può scegliere la strada più facile ma a Napoli spesso invece gli scrittori cercano quella.

[12:19:07] ciaciod: Il romanzo è ambientato negli anni ’90, perché questo periodo?

[12:19:44] cristiano.demajo: perché è il periodo in cui mi sono formato, ovviamente… una cosa interessante che non avevo previsto o immaginato è che il romanzo piace soprattutto alle persone della mia generazione, quelli che sono cresciuti appunto negli anni Novanta. insomma non volevo scrivere un romanzo generazionale

[12:21:05] ciaciod: ehehe, ma non lo è, è solo che magari il sentirsi perennemente fuori luogo è roba anni ’90 a palla

[12:21:30] cristiano.demajo: appunto sì, evidentemente i due personaggi rappresentano un certo spirito del tempo, il senso del vuoto, l’idea che non esiste più un futuro e allo stesso tempo la ricerca continua di un’aspirazione

[12:22:34] ciaciod: di una scintilla

[12:22:39] cristiano.demajo: sì. Raimo diceva una cosa interessante alla presentazione romana del libro, una sua lettura diciamo più politica, e cioè che il vuoto delle utopie, il crollo delle ideologie, ha lasciato completamente aperto uno spazio comune, lo spazio della condivisione e che questo spazio è stato riempito dalla nostra generazione con l’amore per i libri, il cinema e la cultura in genere. Come dicevi tu i due personaggi del romanzo sono figure degli anni novanta proprio per questo attaccamento così morboso alla letteratura come succedaneo. Vedi anche il conflitto molto silenzioso con i loro genitori sessantottini

[12:28:27] ciaciod: Ultima domanda, istituzionale, progetti per il futuro?

[12:28:53] cristiano.demajo: diventare ricco, mettere su famiglia, scrivere il romanzo definitivo. E non necessariamente in quest’ordine.



copertina di "Vita e morte di un giovane impostore scritta da me, il suo miglior amico" di Cristiano de MajoTitolo: Vita e morte di un giovane impostore scritta da me, il suo miglior amico
Autore: Cristiano de Majo
Editore: Ponte alle Grazie
Dati: 2010, pp. 283, € 17,50

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