Considerazioni sparse su Lo Hobbit

Ieri sera sono stato al cinema a vedere Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato in 3D; per vari motivi di questi tempi non mi capita spesso di riuscire ad andare al cinema e appena si è presentata l’occasione di fare un’incursione nella Terra di Mezzo non ho potuto lasciarmela sfuggire. Ma adesso scrivere una vera e propria recensione è un’impresa titanica che, come Bilbo quando Gandalf lo chiama all’avventura, non sono pronto a compiere. Troppi e troppo complessi i temi da trattare: il rapporto con il testo di Tolkien e le orribili letture che ne fanno dalle parti di Casa Pound (per un’analisi su questo tema cliccate su queste magiche parole blu), il rapporto con la trilogia de Il signore degli anelli, le vicissitudini nella realizzazione del film tra Peter Jackson e Guillermo del Toro ecc. ecc. Probabilmente ne uscirei, insoddisfatto, tra un mese e l’articolo non vedrebbe mai la luce.

Ma se imbarcarmi in una recensione strutturata ed esaustiva de Lo Hobbit mi spaventa più di quanto unirsi ad un manipolo di nani verso la tana del drago Smaug non spaventasse Bilbo Baggings, voglio comunque condividere su queste pagine un po’ di mie considerazioni scaturite dalla visione del film e chissà che lungo la strada non riesca inaspettatamente ad imbattermi in qualche tesoro. Allora parto immantinente e per evitare di perdermi lungo il sentiero, per esporre chiaramente e linearmente le mie considerazioni, mi avvarrò di un semplice quanto rassicurante elenco, ché nelle mie divagazioni mi smarrisco con gran facilità.

  • Inizio dicendo che ho visto il film in un cinema multisala e se è vero che da un lato i cinema multisala possono offrire un ampio ventaglio di orari di inizio spettacolo (un film con questo minutaggio nei cinema tradizionali ha uno spettacolo alle 18.30 e uno alle 22.00: proibitivo), poltrone comodissime, schermo e visuale fantastici, dall’altro lato il prezzo del biglietto di € 12,50 e tre quarti d’ora di pubblicità (spettacolo delle 21.00, inizio film ore 21.45) ti fanno andare tutto di traverso.
  • Restando al paratesto, due parole sul 3D (perché a parer mio di paratesto si tratta): non sono un particolare estimatore del cinema in 3D ma andando di rado in sala e trattandosi di un film certamente spettacolare mi sono fatto ingolosire e ho pensato che valesse la pena indossare gli occhiali e immergersi più a fondo nella Terra di Mezzo. Non ne valeva la pena, ve lo sconsiglio: non solo la visione del film non guadagnerà nulla (se non qualche mezzo salto sulla poltrona come quando, ad esempio, vi sembrerà  che un pipistrello vi stia volando dritto in faccia), ma in più gli occhiali sono scomodi, i movimenti degli oggetti in primo piano perdono fluidità, il contrasto fra il livello a fuoco e quelli fuori fuoco è fastidioso, gli effetti tipo fiocchi di neve che sembrano uscire dallo schermo sono solo una leziosa distrazione e come se non bastasse alla fine del film, dopo 2 ore e 40, vi scoppieranno gli occhi. Lasciate perdere.
  • Con il livello di fandom che c’è in giro io non posso certo definirmi un esperto di JRR Tolkien ma ho letto due volte Lo Hobbit (la prima volta a 16 anni nella storica edizione Adelphi e la seconda in lingua originale pochi anni fa dopo aver letto Il signore degli anelli e il Il Silmarillion) e probabilmente tra le opere di Tolkien è la mia preferita (a parte alcuni capitoli strepitosi de Il Silmarillion). Sembra che dei suoi libri gli aspetti che riscuotano maggiore successo siano armi e battaglie ma io di Tolkien amo quelli più squisitamente favolistici e mitologici: il mio personaggio preferito è Tom Bombadil, grande assente della prima trilogia di Pater Jackson, e per questo la triologia de Lo Hobbit mi incuriosisce anche più di quella de Il Signore degli Anelli.
  • Non mi dilungherò sulla trama tanto sapete di cosa stiamo parlando: il sedentario e abitudinario hobbit Bilbo Baggings, zio e tutore di quel Frodo Baggings destinato a salvare i destini del mondo, viene trascinato dallo stregone Gandalf nell’avventura di un gruppo di nani decisi a riconquistare il proprio regno (all’interno di una montagna) stappandolo al drago Smaug che decenni prima aveva spodestato e messo in fuga il loro popolo. Durante il viaggio si scontreranno con orchi e troll e compieranno un gran numero di imprese. Lungo il percorso, incidentalmente e senza averne coscienza alcuna, Bilbo si impadronirà di un anello, perso da Gollum che voi ben conoscete, che casualmente è l’oggetto più potente e pericoloso dell’universo.
  • L’attesa per questo film è stata spasmodica: una cosa come 5/6 anni di lavorazione, Guillermo del Toro (che inizialmente avrebbe dovuto esserne regista con Jackson nei panni di produttore esecutivo) che abbandona nel 2010, una marea di indiscrezioni, foto dal set, trailer, prodotti di ogni genre in edizione limitata e quant’altro. Personalmente ho cercato di non farmi coinvolgere dalla hype machine per non coltivare aspettative eccessive (che sfociano spesso in giudizi ingenerosi) ma anche perché in effetti di questo film già conoscevo troppo avendo letto il libro e visto svariate volte la precedente trilogia.
  • Il viaggio di Bilbo è inaspettato ma la visione delle sue peripezie è purtroppo piuttosto avara di sorprese, ma questa è una diretta conseguenza di quanto detto poco fa: difficile che chi va oggi a vedere questo film non abbia visto i tre capitoli de Il Signore degli Anelli e quindi ben conosce gli sviluppi futuri, l’aspetto e il carattere di mostri e personaggi, le meraviglie dell’ambientazione e tutto il resto. Non potendo quindi contare più di tanto sull’effetto sorpresa visiva, Peter Jackson si è gettato a capofitto nel gioco dei rimandi e delle citazioni con gli altri film (fortunatamente senza arrivare ai livelli insensati di Lucas con Star Wars).
  • I combattimenti sono tanti, lunghi e spettacolari; la mia sensazione è che a livello coreografico Jackson abbia fatto grossi passi in avanti rispetto agli altri film e l’impressione è che le inquadrature durante queste scene siano più larghe e più ferme, a dimostrazione che il movimento è al loro interno e non nella macchina da presa, cosa ottima. Ma la verità è che combattimenti e inseguimenti non mi entusiasmano più di tanto, anzi personalmente li trovo piuttosto noiosi e avrei ne serenamente tagliati almeno venti minuti da Lo Hobbit, ma a quanto pare il pubblico stravede per queste scene d’azione e per parte mia vi dico che sono migliori di quelle de Il Signore degli Anelli per le quali già eravate andati in visibilio. Wow.
  • Il film inizia davvero solo quando entra in scena Gollum: il personaggio porta l’anello ma porta anche il film e il racconto su tutto un altro livello narrativo. My preciousss.
  • Personaggi femminili: in tutto il film c’è un unico vero personaggio femminile (la fantastica regina degli elfi Galadriel, sempre interpretata, naturalmente, dalla eterea Cate Blanchett) più forse un paio di comparse all’inizio. La Terra di Mezzo non è un paese per donne.
  • Il film è bello, scorre, non stanca per niente, ma 164 minuti sono davvero tanti. Eppure, nonostante il film si prenda tanto del nostro tempo, le scelte e i mutamenti d’animo dei personaggi, di Bilbo in particolare, arrivano completamente inaspettati e abbastanza ingiustificati. Con una durata del genere mi sarei aspettato un po’ più di spazio e di lavoro nel dare profondità ai personaggi attraverso dialoghi, momenti di introspezione o altre soluzioni narrative, ma effettivamente non credo si tratti di un cinema nelle corde di Peter Jackson.
  • Se anche gli altri 2 capitoli di questa nuova trilogia si aggireranno attorno tre ore, con nove di durata complessiva forse la soluzione migliore era farne una serie tv in 12 episodi da 40 minuti, non siete d’accordo?
  • Non vedo l’ora che esca il secondo episodio.

Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato – USA, Nuova Zelanda, 2012
di Peter Jackson
Con Ian McKellen, Martin Freeman, Richard Armitage, James Nesbitt, Ken Stott.
Warner Bros – 164 min.