Donne diafane e seducenti dall’altro Rinascimento di Cranach

Sono un’ammiratrice di Lucas Cranach il vecchio sin dai tempi della mia prima visita alla Galleria Borghese di Roma, quando rimasi folgorata dalla bellezza e dall’algido, etereo, erotismo di Venere e Cupido con un favo di miele di cui, all’uscita del museo, non potei fare a meno di acquistare la stampa che ormai da anni domina il mio soggiorno. A suo tempo questo quadro deve aver impressionato anche Scipione Borghese che, nel 1611, sborsò una cifra considerevole per aggiungerlo alla sua collezione, all’interno della quale da 400 anni rappresenta un’esotica anomalia, un promemoria che ricorda al visitatore come sia effettivamente esistito un Rinascimento diverso da quello italiano, un Rinascimento nordico, freddo, etereo, quasi spietato nella precisione e definizione del tratto, completamente opposto a quello caldo e morbido della scuola italiana e mediterranea. La Venere e il Cupido di Cranach sono da secoli due solitari alieni all’interno della Galleria Borghese che, per una volta, ha voluto indagare sul mondo lontano da cui provengono dando vita alla mostra Cranach, l’altro Rinascimento.

Passeggiando tra le splendide sale ricchissime di dipinti (la mostra per qualità, ovvio, e per quantità vale davvero il prezzo del biglietto -13,50 €- che comprende anche l’accesso a tutte le sale della Galleria – info) quello che salterebbe agli occhi anche di un profano è la cospicua presenza di ritratti femminili. Donne sensuali e bellissime, diafane avvolte in veli trasparenti e trasparenti esse stesse; la pelle è sottile, chiarissima, e lascia intuire un substrato cutaneo in parte simbolico in parte anatomico.

Che cosa ci raccontano i volti di queste donne, che cosa narrano le loro mani? Ebbene, il dialogo è tra due diverse attitudini entrambe assolutamente radicate nell’archetipo della rivalità tra i sessi e qui (a cavallo fra Quattro e Cinquecento) si cristallizza in un dualità di significato, a noi la scelta : Weibermacht o Weiberlist?  Queste donne sono astute di una loro propria astuzia o sono potenti di un potere che le contraddistingue in quanto tali? Dagli sguardi provenienti dalle tele io credo che le donne di Cranach siano portatrici di entrambe le qualità. La consapevolezza del proprio fascino e il saperlo usare a scapito degli uomini è palese in Eva, fautrice del primo inganno, in Giuditta, che orgogliosa sfoggia la testa di Oloferne.

Gli esempi alti sono moltissimi ma l’efficacia del tratto si manifesta e palesa in tutta la sua sfrontatezza nella serie de “le coppie male assortite” in cui giovani ragazze mirano al borsello di uomini anziani (o, ribaltando la lettura, sono incatenate proprio da quei borselli) o una vecchia sdentate conserva lo sguardo furbo e tagliente e la capacità (l’arte) di circuire un bel giovanotto nel fiore degli anni; spiritosi e grotteschi  exempla contraria volti a capovolgere le idee correnti del rapporto uomo/donna assolutamente e rigidamente gerarchici.

Un altro Rinascimento è quello del nudo che con Cranach acquisisce nuove fattezze lasciandolo entrare a passo deciso in quello che sempre si è pensato essere campo di battaglia del Rinascimento italiano (Botticelli, Raffaello, Tiziano).  La Venere di Cranach, candida, flessibile quasi accenna un passo di danza. Nessuna ombra sembra originarsi dalle falde dell’ampio cappello piumato mentre dalle braccia cadono  morbidamente dei veli a coprirne (accarezzarne sensualmente) la pelle trasparente, il profilo lievemente allungato di chiara ascendenza düreriana. Lo sguardo suadente che sottende decine di significati ci rapisce e distanzia dal monito che mette in guardia dalla dolcezza dell’amore.