In tempo di crisi chiamate Dalì

Venere di Milo con tiretti, 1936-1964 Scultura Salvador Dalí - © Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, by SIAE 2010

Salvador Dalì è una sicurezza per gli organizzatori di mostre, una garanzia di successo e di guadagno. Oltre ad essere un grande artista, infatti, è stato talmente capace di promuovere se stesso che, anche oggi, a trentuno anni dalla sua morte, il suo è uno di quei nomi che si possono definire di “pubblico dominio”, e non sono poi così tanti gli artisti del Novecento che possono vantare la stessa sorte. L’artista catalano, nella sua giustificata megalomania, non ha mai desiderato altro, se non di essere considerato un “classico” alla stregua dei grandi del Rinascimento, e le decine di metri di coda che separano lo spettatore incauto – che non si è preventivamente munito di biglietti d’ingresso su internet – dalla scalinata interna di Palazzo Reale a Milano, salendo la quale il sogno si avvicina – come recita il titolo della mostra –, sono testimonianza di questa classicità conquistata e del richiamo assicurato che ad essa è inevitabilmente associata. Alla fine di questa stagione espositiva, troveremo certamente questa mostra ai primi posti delle classifiche delle più visitate, assieme a Van Gogh e Cèzanne.

Che Dalì sia un artista affascinante è innegabile, e, per di più, durante la sua carriera ha sfornato dipinti e sculture a un ritmo talmente febbricitante, mantenendo una qualità costante, che dovrebbe risultare difficile sbagliare un allestimento. Eppure, sembra che gli organizzatori della mostra di Palazzo Reale ce l’abbiamo messa proprio tutta per riuscire in questa ardua impresa. Per fortuna non hanno centrato appieno il biasimevole obiettivo, e solo le prime tre buie, strette e affollate sale, in cui una disgraziatissima illuminazione rende difficile ammirare appieno le opere e quasi impossibile leggerne i titoli, danno l’impressione di una mostra allestita con pochi mezzi e in estrema fretta.

Idilio atomico e uranico melanconico, 1945 Olio su tela Salvador Dalí - © Madrid Museo Nacional Reina Sofia (c) Siae 2010

In realtà, i capolavori non mancano, e oltre all’Idillio atomico e uranico melanconico, protagonista della locandina della mostra, che ha infestato migliaia di siti internet nei giorni adiacenti all’inaugurazione, è possibile godere della simmetria classica della Smaterializzazione del naso di Nerone, del metafisico Cammino dell’enigma, o dell’angosciante costernazione de Il viso della guerra. Sono proprio questi due ultimi quadri citati che riescono a restituire altrettanti aspetti particolarmente profondi dell’arte di Dalì che, probabilmente, sono meno conosciuti al grande pubblico, nascosti dai geniali inganni percettivi di quella che lo stesso artista definiva la sua tecnica “creativo-paranoica”.  La Guerra Civile Spagnola lo sconvolse, e da quella tragica esperienza nacquero questi visi distorti dal dolore, tumefatti e sconvolti. L’esplosione atomica di Hiroshima lasciò un segno indelebile nella sua arte, ed egli si ritrovò sempre più spesso alle prese con delle inquietanti fantasie atomiche che, volendo, si possono anche rintracciare nella sempre più intensa desertificazione dei suoi paesaggi, un vuoto metafisico abitato da figure simboliche quali le famose  giraffe infuocate, sottili figure dall’aspetto cadaverico, e tozzi di pane iper-realistici.

A scagionare completamente la mostra dall’accusa di approssimazione, ci pensa poi lo splendido filmato Destino – una collaborazione tra il genio surrealista e Walt Disney cominciata nel 1945, abbandonata dopo otto mesi di lavoro e riportata in vita nel 2003 dall’animatore francese Dominique Monfrey. In questo breve cartone animato c’è tutto il delicato romanticismo metafisico di Dalì, dispiegato in immagini sinuose e vorticose, intervallate dai motivi ricorrenti della sua pittura.

Questa mostra potrebbe essere letta come un suggerimento a tutte le istituzioni museali e agli spazi espositivi d’Italia che si trovano costrette a improvvisare allestimenti low cost: “in tempo di crisi, chiamate Dalì”.

“Salvador Dalì. Il sogno si avvicina” a cura di Vincenzo Trione dal 22 settembre 2010 al 30 gennaio 2011 a Palazzo Reale di Milano