Il mito dell’Italia nell’Inghilterra vittoriana

Walter Crane - La danza dei Cinque Sensi, 1891-93 Acquarello

Abituata all’idea ammantata di elementi romantici con cui mi rapportavo ai preraffaelliti, legata più ai temi che ai manifesti stilistici e, quindi, allo stile compositivo, sono rimasta molto colpita dal parallelo quanto mai riuscito e attestato tra le opere inglesi e i prototipi italiani che ne hanno costituito il modello iconografico e la suggestione formale.

Dante Gabriel Rossetti - Proserpina, 1878 Acquerello e gouache su carta montata su tavolaSiamo nella prima sala della mostra “Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones e il mito dell’italia nell’Inghilterra vittoriana” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma fino al 12 giugno. Sono esposti dipinti di Giotto, Crivelli, Carpaccio, Botticelli, Sebastiano del Piombo, Palma il Vecchio, Bergognone, Luini, Tiziano, Veronese, Tintoretto i quali sono esempi di come, pur nella totale diversità di cultura e ambientazione, siano stati profonda fonte di ispirazione in area inglese. La pregnanza cromatica dei dipinti vittoriani ricorda quella di Tiziano, e molti elementi, sia stilistici che simbolici ripercorrono le orme della grande ritrattistica italiana del Cinquecento.

Il nucleo principale della rassegna comprende i preraffaelliti Dante Gabriel Rossetti e Edward Burne-Jones, oltre ai  rappresentanti della cultura estetica e simbolista come Albert Moore, George F. Watts e John William Waterhouse.

il mio approccio naif mi ha indotta a perdermi nei colori: pieni, intensi, forti. E sempre la mia attitudine ingenua mi ha lasciata a indugiare sui dettagli naturalistici, sui fiori in particolar modo. Come la nostra predisposizione d’animo possa farci sorvolare su elementi chiave e volta di opere d’arte (qualsiasi sia il media usato) è affascinante. Mi soffermo a rimirare ammirata la mela che la Venus Verticordia regge in mano con decisione, mi chiedo se si sia rovinata cadendo di mano alla modella tanto discussa e tanto affascinante di D. G. Rossetti (Fanny Cornforth, governante della casa dell’artista e sua amante) o se fosse intonsa e integra e invece l’artista abbia voluto segnarla per evidenziare la decadenza e la caducità, e quasi nemmeno mi accorgo della parziale nudità che tanto scalpore fece all’epoca generando addirittura il rifiuto iniziale del  Dante Gabriel Rossetti - Venus Verticordia, 1864-1868 Olio su telacommittente. Ricordo poi il breve componimento (che chiude nella nostra traduzione questo articolo) a carattere prettamente erotico che Rossetti riportò sulla cornice di questo dipinto (e in base a questo le mie considerazioni fantasiose e ingenue in merito alla mela decadono miseramente), in cui elementi biblici si mescolano a elementi classici sovrapponendo Eva  e Venere, il classico e il pagano; molto meno superficialmente colgo, allora, i dettagli e il senso di questo dipinto. E ritorno ai fiori: alle spalle della Venere un cespuglio fitto di rose mi ricorda i Veneralia romani (festività dedicata proprio a Venere Verticordia e al suo compagno, Fortuna Virile), in cui la statua della dea era decorata proprio con fiori di rosa e dinanzi alla Venus, quasi immersa in essi, i caprifogli dal profumo che sembra lasciare la tela per diffondersi nella sala peraltro allestita con intelligenza e movimento: archi e colonne avvicendano gli spazi creandone di dedicati e aprendone altri destinati a opere che ben meritano di troneggiare, quali, per esempio, la Lamia di  George Frampton, ispirata al celebre e omonimo poemetto di Keats. Quel che inganna, in questo mezzobusto, è la sua compostezza: il volto sereno e compito sembra quasi rifuggire i topoi di sesso, vampirismo e morte di cui è portatore, esplicando come funzionale ed efficace fosse in quest’opera la resa simbolica della seduzione.

Il senso complesso di questa mostra si mimetizza bene nell’immediatezza della tensione simbolica che davvero con naturalezza parla ai visitatori. La mostra resterà allo Gnam fino al 12 giugno 2011.

She hath the apple in her hand for thee,
Yet almost in her heart would hold it back;
She muses, with her eyes upon the track
Of that which in thy spirit they can see.
Haply, ‘Behold, he is at peace,’ saith she;
‘Alas! the apple for his lips, – the dart
That follows its brief sweetness to his heart, –
The wandering of his feet perpetually.’A little space her glance is still and coy;
But if she gets the fruit that works her spell,
Those eyes shall flame as for her Phrygian boy.
Then shall her bird’s strained throat woe foretell,
And as far seas moan as a single shell,
And her grove glow with love-lit fires of Troy.
Ella ha in mano la mela per te
eppure in cuor suo quasi vorrebbe ritrarla
medita, gli occhi forse sulla traccia
Di ciò che possono vedere nel tuo animo
“Guarda, egli è in pace”, ella dice
“Ahimé! La mela per le sue labbra – il dardo
che segue la fugace dolcezza del frutto fino al cuore –
Il vagare perpetuo dei suoi piedi”.per breve spazio il suo sguardo è calmo e schivo
ma se prende il frutto che opererà l’incantesimo
Quegli occhi arderanno come per il suo ragazzo Frigio
Allora la gola tesa del suo uccello predirrà sventura
e i mari lontani si lamenteranno come una sola conchiglia
E il boschetto di lei arderà dei fuochi d’amore di Troia.

Traduzione di Alessandra Spirito

Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones e il mito dell’Italia nell’Inghilterra vittoriana
Galleria nazionale d’arte moderna, Roma
dal 24/02 al 12/06/2011