Foreign Exchange. Erasmus in musica

La storia che sta dietro la nascita dei Foreign Exchange è una di quelle che tutto sommato fanno ancora sperare nelle speranza della musica versione 2.0. Nell’era della manbassa musicale di ogni progetto che sfiori le nostre pupille e – neppure sempre – anche le nostre orecchie, cosa che ha indubbiamente dei lati positivi, di cui non mi metterò a parlare qui, la storia dei due FE è la più chiara dimostrazione di come la musica possa trarre vantaggio dal web. La possibilità per musicisti che vivono agli estremi opposti del globo di confrontarsi e incontrarsi, dando vita se tutto va liscio a progetti interessanti, è uno dei risvolti positivi di una medaglia decisamente ambivalente.

La storia del loro incontro è semplice. Phonte, frontman del gruppo e già nei Little Brother, progetto hip-hop underground discretamente rilevante, incontra Nicolaj, talentuoso musicista e produttore olandese, grazie a OkayPlayer. Cosa sia OkayPlayer è presto detto. Il sito nasce nel 1987 come progetto musicale guidato da Ahmir Thompson, ovvero ?uestlove, il leggendario batterista dei Roots. Evolutosi in community online nel 1999, il sito diventa un punto di riferimento per quanti seguono la black music e generi più o meno alternativi ad essa legati, tanto da essere descritto da Rolling Stone come “Il miglior antidoto ai soliti siti di promozione che utilizzano gli artisti”. Ma torniamo a noi.

Dall’incontro di Nicolaj e Phonte alla creazione di un progetto a due la strada è brevissima e i neo-battezzati Foreign Exchange – mai nome fu più adeguato – iniziano a piazzare a segno un colpo dopo l’altro, ottenendo con i loro album un successo di pubblico che smuove qualche certezza nel mondo della black music meno ortodossa. Lo fanno prima Connected e Live It All Behind, poi con Authenticity e ora con Dear Friends: An Evening With The Foreign Exchange, progetto che si inserisce perfettamente nel loro percorso di crescita. Perchè tutto si può dire, ma non che i Foreign Exchange siano una formazione musicalmente statica. D’altra parte, quando Phonte alludeva alla possibilità di abbandonare definitivamente il rap per dedicarsi al canto, con un discorso che suonava più o meno come un “Il rap sarà anche bellissimo ma non mi ci vedo a 60 anni a fare ancora il rapper” il cambiamento era già nell’aria.

A colpire dell’album degli FE, che in fin dei conti non è altro che la registrazione di uno show acustico, è il senso di intimità che riesce a creare. Phonte non è un cantante con doti vocali strabilianti, nonostante stia lavorando sulla sua voce con un’impegno ammirevole, ma di certo è un peformer furbetto, rap docet, che riesce a far rimanere incollati alle cuffie, e con delle innegabili doti da intrattenitore. Il fatto che sia accompagnato da musicisti che sanno il fatto loro, Nicolaj in primis e supportato da due belle voci femminili di certo male non fa.

Detto questo, rimarrebbe un po’ di spazio per indicarvi le mie preferenze e indirizzarvi verso un paio di pezzi, se proprio non aveste voglia di ascoltare tutto l’album, ma in questo caso mi asterrò dal farlo. Dear Friends in fondo è un live e nei live il tasto skip non c’è. Volenti o nolenti vi conviene ascoltarlo tutto e poi formulare un giudizio.

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