Di cosa parliamo quando parliamo di Letteratura comparata
Una disciplina universitaria oggi (21 agosto e seguenti, 2009) non costituisce più e soltanto un sapere scientifico-critico istituzionale e accademico – “accademico” vale a dire, nel migliore dei significati e delle pratiche possibile, quel processo coevolutivo di ricerca e di insegnamento, assieme – che si interessa di un proprio oggetto di conoscenza sempre meglio distinto e descritto a partire da e attraverso i suoi “manuali”. Che siano i rapporti tra le letterature nazionali, ad esempio, o la linguistica ugro-finnica, il Manierismo nelle arti, o la chirurgia del piede, ad essere studiati, il termine-concetto di disciplina, se lo consideriamo dalla parte di chi la pratica e la aumenta e accresce, significa “settore della conoscenza istituzionale condiviso a livello internazionale”. Una disciplina, inoltre vive nelle società e in quelle cosiddette democratiche dovrebbe garantire la certezza del sapere, così come la magistratura garantisce la certezza del diritto. Sostengo che, nel corso della sua evoluzione, a partire dal tempo iniziale dell’Accademia platonica e aristotelica, fino agli ultimi decenni del secolo XX e a quelli della prima decade del XXI secolo, una disciplina sia diventata sempre più una regione vasta di incontro mondiale di studiosi e studenti che praticano un sapere più o meno specifico, e un presidio di storia, di libri e strumenti, di teorie e di metodi, di pratiche, di acquisizioni e di aggiornamenti continui e rapidi dentro l’orizzonte di una comunicazione planetaria sempre più fitta e raffinata; e infine, anche e inevitabilmente, una corporazione-consorteria accademica, nella quale però sciamano scuole di pensiero, tendenze e poetiche diverse e diversamente orientate e interconnesse. Esse vanno e vengono in un continuo movimento che consente riconoscimenti e confronti, verifiche e falsifiche. Devo aggiungere, comunque, che questa definizione di transitorietà non rappresenta né sostiene l’esistenza di una vera e propria trasformazione generale e totale di tutte le discipline conosciute e accettate, una specie di rivoluzione globale di tutti i paradigmi delle conoscenze, anche se il Novecento è stato un secolo che ha portato una rivoluzione, ancora non conclusa, in tutti i campi epistemici, scientifici e tecnologici. Voglio dire, più semplicemente, che il nostro approccio a un panorama generale del sapere comprende discipline nuove, discipline morte e moribonde, discipline ferme e discipline che marciano secondo una apertura e una spinta dinamica, critica e progressiva.
Se accettiamo volentieri questa sintesi, essa non solo va riconosciuta come semplice e succinta sistemazione dell’esistente, ma, al tempo stesso, va intesa e praticata in senso implementare e migliorativo, come valore augusto [valore che aumenta valore] di una complessità variegata e condivisa come tale in tutto il mondo e in tutti i settori della conoscenza. Bisogna, cioè, accettare questa prospettiva valorizzante, transdisciplinare e planetaria, nella sua identità critica e comunitaria, nella sua responsabilità etica e politica e nella sua importanza distintiva rispetto alle altre discipline vicine e imparentate. Dopo la bomba atomica del 1945 e gli altri orrori del Novecento e dei tempi attuali, questo è il passaporto minimo richiesto agli operatori della scienza, e cioè del sapere di sapere che presiede le varie discipline umanistiche e non, ma che è anche raramente fornito e mostrato. […] Continua a leggere l’articolo scaricandolo nella sua versione originale e completa già edita sulla rivista Kumà diretta dallo stesso Gnisci.
Armando Gnisci, nato il 27 febbraio 1946 a Martina Franca (Taranto), è professore associato di Letterature comparate nel Dipartimento di Italianistica e Spettacolo della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma. Dall’anno accademico 2004-2005 insegna anche “Letterature africane postcoloniali” a “La Sapienza” e alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Venezia “Interculturalità e letterature extra-europee”.
È condirettore della Collana di Studi sull’eredità classica “Presente remoto” dell’editore Kepos di Roma. Dirige per l’editore Bulzoni di Roma la Collana “Quaderni di Storia della Critica e delle Poetiche” fondata da Mario Costanzo Beccaria. Ha fondato e dirige la rivista di critica letteraria italiana e comparata Mario & Mario. Ha diritto la collana “Poetiche” per l’editore Meltemi di Roma e dirige la collana Kumacreola per l’editore Cosmo Iannone di Isernia, dedicata agli scrittori stranieri che scrivono in italiano. Per altre informazioni qui il suo sito.
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