“Durerà, durerà questo cielo” oltre la colpa attribuita alle madri

Quante escursioni concettuali, ideologiche, soprattutto umorali (però d’umore altrui), sopporta la definizione di madre. Figurarsi quale sia il carico che le madri in carne e ossa devono sostenere. E poi dici che il genere femminile lamenta sempre piedi freddi e mal di schiena, tanto per gradire. Semplificare può essere sconveniente ma quanto aiuta a chiarire/chiarirci le idee. A cominciare da un amarcord del rosario declamato da grandi madri napoletane a far deflagrare definizioni già potenti:  Vergine delle vergini, Madre di Cristo, Madre della divina grazia, Madre purissima, Madre castissima, Madre inviolata, Madre senza macchia, Splendore di grazia, Arca dell’alleanza, Porta del cielo, Stella del mattino, Salute degli infermi, Rifugio dei peccatori, Consolatrice degli afflitti e via e via e via. Però la madre santa nella concezione cristiana resta una e solo una, perché tutti e tutte  noi siamo invece “esuli figli di Eva”. E Adamo dov’era? Non c’è mai Adamo quando si tratta di spartire oneri e responsabilità. Salto temporale mozzafiato ma per il resto, a quanto pare, si rimane nello stesso distretto della colpa: i grandi sacerdoti e sacerdotesse della religione psicoanalitica applicata alla psichiatria si sono indaffarati con meticolosa scientificità  a individuare tipologie di madri, accomunate dall’esser colpevoli: la madre perversa (identificata da John Rosen) la madre schizofrenogena (letteralmente madre che produce la schizofrenia, scovata  nel 1948 da Freida Fromm Reichmann e descritta come donna fredda, dominante e con forte tendenza al controllo), la madre frigorifero, (secondo Leo Kanner, che ha definito nel 1943 la sindrome dell’autismo infantile precoce). Teorie colpevolizzanti a ondate fino alla recentissima riproposizione in forme più aspre di una querelle sull’autismo (proprio oggi 2 aprile si celebra la Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo): disturbo neurologico dovuto ad anomalie cerebrali e di origine genetica secondo la psichiatria e le neuroscienze; disturbo psichico dovuto a una cattiva relazione materna, già a partire dalla gravidanza, secondo psicoanalisti freudiani e lacaniani francesi.

Il sentiero della colpa era già stata tracciato con amorevole cura dal pensiero filosofico basti pensare a Nietzsche che scova tutta la perversione possibile nell’amore materno verso il figlio: “Ci son madri che han bisogno di figli felici e rispettati, altre invece di figli infelici: altrimenti non possono mostrare la loro bontà materna”. Di teorie psicoanalitiche malevole sulle madri cui attingere ce ne sono all’infinito. A fronte di questa vena colpevolizzante e al di là di complesse e irrisolte questioni di verità scientifica, fa piacere udire altre voci. La relazione della psicoanalista Pia De Silvestris nel corso della giornata di studio della Sipsia (Società italiana di Psicoterapia psicoanalitica dell’infanzia, dell’adolescenza e della coppia) dedicata a “Gli affetti della clinica contemporanea”, è stata fin dal titolo tutta “Dalla parte delle madri”. Pia De Silvestris (ha pubblicato numerosi lavori su riviste di psicoterapia e psicoanalisi. È inoltre coautrice di molti volumi, tra cui: Il transfert nella psicoanalisi dei bambini; La depressione nei bambini; Soggetti al delirio; La ferita dello sguardo; Trascrivere l’inconscio; Consapevolezza e autoanalisi; Dio l’inconscio l’evoluzione. È autrice del volume La difficile identità) ha ammonito: “Gli psicoanalisti in genere si ritengono delle buone madri per i loro pazienti in contrapposizione alle madri reali o fantastiche dei pazienti. Non lo sono. Dimenticano che non sono le madri né i padri delle loro pazienti”. Diversa, altra, la storia della madre vera: “Ogni madre ha un carico. Porta il peso del bambino e dell’eredità trans generazionale”. Cita Freud la relatrice a ricordare che “il passato sopravvive nelle ideologie del Super-io e ha una parte pesante che non dipende dalle condizioni economiche”. È l’eredità trans generazionale del Super-io a provocare guai in casa propria. “Il Super-io inconscio dei genitori detta i loro comportamenti, le loro parole”. E nella bambina, come afferma e teorizza Melanie Klein, “il divieto inconscio è ancora più crudele e poi condiziona tutta la vita della donna a tal punto che pensando di essere lei la principale colpevole deve espiare e tutta la società concorre a farglielo credere. Il destino della madre non inizia con il diventare madre: ognuna ha un bagaglio antico. E leggete Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf per capire come le donne comincino sempre dall’autoriflessività”, suggerisce De Silvestris.

La storia della nostra infanzia è fondamentale, tanto più quella della donna madre, veicolata al passato per via della sua stessa conformazione. A volte prevalgono i “soprusi trans generazionali”  per cui i genitori si difendono, scelgono di non ricordare la propria infanzia, si identificano con i loro genitori perpetuandone gli errori. “Ogni essere umano ha un piccolo grembo che porta con sé. Il grembo ereditato da Freud si andava riempiendo di tante lettere scritte all’amico Fliess con cui costruiva una nuova identità, un nuovo grembo, l’uomo nuovo. L’importanza della psicoanalisi è stata nell’aver riallacciato quella relazione primaria che era stata vissuta come fantasma o in chiave persecutoria. Fin dal concepimento inizia una relazione di complicità tra la madre e il feto. Non sempre questa coppia suprema è in grado di trasferire in un altrove un legame fatto di carne e di anima”.  Gli affetti in gioco sono vari; paura, odio, amore, rabbia: tutti dipendono dall’esperienza infantile della madri. Esiste istinto materno? E la rabbia che consuma certe madri da dove viene? La nostra storia è un ritaglio della storia passata e “il ricordo del grembo è fondamentale in tutta la nostra vita”.  Dopo le teorizzazioni di Klein e Winnicott non si può prescindere dal concetto di relazione: ”Per la Klein la madre è primo transfert del soggetto; Winnicott dalla relazione madre-bambino elabora il concetto di mente transazionale. La psicoanalisi ha rivolto la sua attenzione alla mente relazionale e oggi le neuroscienze dicono che l’80 per cento della mente è il risultato di esperienza relazionale sulla base delle potenzialità genetiche dei due partecipanti alla relazione. Strano che poi Winnicott faccia discendere tutto non da una relazione sufficientemente buona ma da una madre sufficientemente buona”. Ricade nella facile tentazione di colpevolizzare la madre anche lui? La sfida di ciascuno è riuscire a ricostruire un grembo che lo renda capace di vivere malgrado i mali che lo attanagliano. Conta l’essere relazione. De Silvestris, psicoanlista ‘patita’ di poesia, trova la chiave di ogni relazione (anche quella tra terapeuta e paziente) nei versi del poema a Diotima di Holderlin: “Durerà, durerà questo cielo; nel profondo ci siamo conosciuti”.

 

                                            L’articolo è dedicato alle mamme di bambini autistici.

Oggi, 2 aprile, è infatti la Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo. Molti edifici, monumenti e piazze delle principali città del mondo si illumineranno di blu, aderendo all’iniziativa “Light It Up Blue”, nata in Nord America nel 2010 e promossa dall’associazione “Autism Speaks”, la più grande organizzazione scientifica e di volontariato del mondo dedicata all’autismo. L’iniziativa si rivolge non solo alle pubbliche amministrazioni locali di tutto il mondo, ma anche ai cittadini: ognuno, a titolo simbolico, stasera può illuminare un angolo della propria casa con una lampadina blu, colore simbolo della Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo.