For President. Le mani e i volti di una nazione

For President, Fondazione Sandretto Re RebaudengoCi sono mani che nella folla reggono flûte colme di prosecco o bicchieroni di birra. Mani che si stringono vicendevolmente, a volte con tenerezza confidenziale, ma più spesso con la fermezza e la rigidità di chi sa di partecipare all’ennesima prova di forza. Altre mani non riescono ad astenersi dal raccogliere hamburger e hot dog, patatine e ali di pollo, fino a quando, inevitabilmente, qualcosa non cadrà dai piattini retti da altre mani non avvezze all’equilibrismo proprio dei camerieri. Poi ci sono le mani in bianco e nero che si tendono verso il basso, dove una folla di mani le attendono, mostrando tutta la gioia e la trepidazione di chi spera ardentemente in un cambiamento. Le stesse mani non tarderanno, purtroppo, ad andare a coprire volti disperati rigati dalle lacrime, il 22 novembre del 1963. Infine, ci sono quelle mani tanto discusse e odiate, proiettate all’infuori sull’asse delle spalle, indice e medio distesi in un segno di vittoria che si sarebbe presto tradotto nell’indimenticabile “I’m not a crook” (non sono un imbroglione).

For President, Fondazione Sandretto Re RebaudengoAlcune mani portano con sé il volto della persona – del Presidente – a cui appartengono e sono forse altrettanto importanti. Certo, è del viso e dei suoi particolari e irripetibili lineamenti che ci si ricorda con più facilità: delle facce che sembrano sorridenti anche quando sono serie, come quelle degli ultimi due presidenti democratici, Bill Clinton e Barack Obama; e quelle che danno l’impressione di non essere mai state solcate da un sorriso – Lincoln e Bush padre, ad esempio.

For President, Fondazione Sandretto Re RebaudengoNei ritratti, dipinti o fotografati, nei filmati raccolti da FOX News o dalla CNN e nella video-installazione realizzata da Francesco Vezzoli, in cui l’attrice Sharon Stone e l’intellettuale piacione Bernand-Henry Levy interpretano una coppia di candidati alle presidenziali; insomma, in tutto ciò che compone la mostra For President, realizzata dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo in collaborazione con La Stampa e curata a quattro mani dal direttore del quotidiano torinese, Mario Calabresi, e dal critico Francesco Bonami, viene alla luce che, nella corsa alla Casa Bianca, il corpo e il suo linguaggio, fatto di gesti calibrati e irruzioni inconsce, sono importanti quanto quello verbale con i suoi discorsi memorabili e gli slogan.

For President, Fondazione Sandretto Re RebaudengoNell’insieme la mostra risulta estremamente interessante e, come raramente capita in ambito d’arte contemporanea – ma qui l’arte si ibrida con le testimonianze documentarie –, è in grado di comunicare direttamente con l’emotività dei visitatori. Le vicende e i personaggi sono noti a tal punto che sembra quasi che si tratti dei nostri Presidenti e non di quelli di un’altra nazione. A metà del lungo corridoio che da sull’ingresso della Fondazione c’è una gigantografia di Obama. Due bambine di non più di sette anni gli si sono gettate contro a braccia aperte, come per abbracciarlo. Non l’avrebbero mai fatto di fronte a un’immagine di Scalfaro o Ciampi. Magia dei mezzi di comunicazione e della spettacolarizzazione della politica americana, delle sue mani e dei suoi volti.