La versione di Varney. Ovvero, il gotico nell’epoca della letteratura popolare

Grandi speranze non mantenute, quelle che danno il titolo alla prima parte delle avventure di Varney il vampiro, appena pubblicata da una coraggiosa Gargoyle per la prima volta in traduzione italiana (1500 pagine in tre volumi? complimenti alla traduttrice Chiara Vatteroni). Il banchetto di sangue che ci viene preannunciato si riduce infatti a poco più di un antipasto, non varcando nemmeno per una volta i confini del primo, breve capitolo: una narrazione, a onor del vero, senz’altro riuscita, dai ritmi e toni ben calibrati e con tanto di quell’immancabile contorno atmosferico da tregenda a costituire lo sfondo proverbiale per l’assalto del vampiro alla giovane protagonista.

Potremmo ben dire che se, per un qualche caso del destino, l’opera ci fosse giunta acefala, difficilmente ci renderemmo conto di avere tra le mani un racconto di vampiri. Dopo le prime battute, suspense, tensione, angoscia o anche solo inquietudine annegano irreparabilmente, trascinate via da una narrazione fluviale di più di 500 pagine in cui, di vampiri, non si vede più nemmeno l’ombra.  Una narrazione impegnata per l’80% in dialoghi infiniti (e talvolta surreali) tra i personaggi, “racconti nel racconto” che con la vicenda principale hanno poco o nulla a che fare, trame secondarie e terziarie, inserti comici del tutto fuori luogo per divertire il lettore… Un imponente arsenale di stratagemmi, sfoderato senza riserve per ottenere l’evidente scopo di allungare il più possibile il racconto, facendo leva sulla serialità della storia narrata e sulla capacità di assuefazione del pubblico. Esattamente come succede oggi con i serial televisivi.

Il tutto a scapito della qualità letteraria. Spessore pressoché nullo dei personaggi, scarsa coerenza nelle loro decisioni o scelte con le successive azioni e comportamenti (e come si potrebbe tenere sempre dritta una storia così lunga?); ripetitività e contraddizioni (esemplare il caso delle due diverse versioni della morte del padre di Henry Bannerworth, prima stroncato da malattia, poi suicida); pathos, suspense ed effetto scenico tanto annacquati da risultare, a un certo punto, del tutto evanescenti; una certa sensazione, in alcuni punti, più da Mel Brooks che da Francis Ford Coppola. Insomma: se cercate paura e sensazioni forti nella storia di Varney, rassegnatevi; sarebbe come cercare in Moby Dick un romanzo d’avventure.

Ma se cercate un esempio perfetto di narrativa popolare vittoriana, Varney è il vampiro che fa per voi. Se i suoi pregi letterari restano decisamente scarsi, ineludibile è la sua funzione di documento, di snodo all’interno di un genere, come il romanzo gotico, che alla metà del XIX secolo stava ormai già appassendo, dopo aver dato i suoi frutti migliori con l’indiscusso capolavoro Melmoth l’uomo errante di Charles Robert Maturin.

Pur adeguandosi ai canoni dei cosiddetti penny dreadful, o “terrore al prezzo di un penny” (quei romanzi per palati non troppo fini e per tasche non troppo piene, stampati in fascicoli a migliaia e migliaia di copie e dati in pasto a un pubblico seriale), Varney finisce per avere più fortuna dei suoi fratelli non tanto in se stesso, quanto nei suoi esiti. Con una sorta di ruolo catalizzatore, prende da ciò che c’è stato prima (proprio da Melmoth, ad esempio, deriva il tema della somiglianza tra Varney e il ritratto nella stanza di Flora) e prepara ciò che verrà dopo (anche l’inizio delle avventure di Varney include, come sarà in Dracula, un’operazione immobiliare). Non rivitalizza il genere gotico (non potrebbe, con uno stile così sciatto e una narrazione così estenuante, rinnovare un genere che vive di tensione, anche se applicata a stereotipi): piuttosto, ne collega due fasi, trasformando Lord Ruthven in Dracula.

Questo è l’ultimo paradosso di Varney: nato essenzialmente per arricchire autori ed editori sfruttando i discutibili gusti letterari del grande pubblico, risorge, quasi due secoli dopo, come peregrino oggetto di studio per gli appassionati di un genere, quale il gotico, che proprio in Varney vede, non il suo apice, ma la sua più perfetta esasperazione.

Titolo: Varney il vampiro. Il banchetto di sangue
Autore: Thomas Preskett Prest – James Malcolm Rymer
Editore: Gargoyle
Dati: 2010, 538 pp., 16,00 €

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