Una miniatura dell’animo umano

Sei delicatissimi racconti. Così delicati che si potrebbe trovarli privi di appeal. Ammetto che anch’io, ferma ai primi due (Atterra un UFO su Kushiro e Paesaggio con ferro da stiro), stavo per giudicare la raccolta di Murakami un po’ troppo impalpabile. La scrittura, molto lineare, mi pareva non promettesse emozioni. Ma al terzo della serie, quello che ha dato il titolo al libro, la mia opinione ha cominciato un lento ma inevitabile viraggio: è la storia di un trentenne, segnato dalla mancanza di un padre e dall’eccessiva vicinanza della madre, ingenuamente morbosa. Dietro alla descrizione minuziosa e quasi sottovoce dei sentimenti, ho iniziato a pensare al pudore del popolo giapponese. Forse, mi sono detta, di fronte a un fruscio ci si pone troppo spesso con indifferenza. Soprattutto se si è abituati a contesti rumorosi. Ma se si tende l’orecchio, è possibile cogliere segreti e verità. Ed ecco che quasi a metà lettura, comincia la mia sensazione di benessere malinconico.

Parole e frasi soppesate e semplici si dipanano pagina dopo pagina. È difficile oggi adottare l’aggettivo “semplice” con la pretesa di non offendere, soprattutto se ci rivolgiamo a un intellettuale o a uno scrittore. Ma non sono in pochi a credere che sia proprio questa l’essenza della genialità. Man mano, entriamo nelle vite di personaggi in un certo senso muti, introversi, un po’ ai margini, cui manca qualcosa di importante. Come in Thailandia: protagonista, una donna in viaggio per lavoro, che alla fine decide di concedersi qualche giorno in più in questo affascinante Paese. Venendo quindi a contatto con un misterioso autista e una vecchia indovina.

Ovviamente, non è la materia di cui sono fatti questi racconti a colpire, ma il modo in cui lo scrittore la plasma, creando una serie di acquarelli. Si tratta di letteratura fine, nel senso nobile e non elitario del termine: è adatta a occhi, orecchie, immaginazione acuti e sensibili, che scavano in mezzo agli sgargianti volumi che si trovano in bella vista negli scaffali delle librerie, in cerca di qualcosa di speciale. In Ranocchio salva Tokyo, a un banale e triste impiegato di banca appare all’improvviso una rana gigante che predice l’imminente distruzione della capitale. Da questo momento, comincia un dialogo surreale e denso di significato. Infine Torte al miele, il mio preferito: qui c’è l’intreccio di tre vite, quelle di due ragazzi e una ragazza, che si conoscono all’Università e da quel momento non si lasceranno mai più. Due di loro si sposano, l’altro è fedele testimone della loro unione. Ed è su quest’ultimo che ricade la responsabilità del racconto. È molto probabilmente la proiezione di Murakami stesso, essendo anch’egli uno scrittore di racconti. Ma lo si capisce soprattutto dall’empatia con cui l’autore lo tratta. Murakami riesce a condensare molti anni in poche pagine, ricche di contenuto e di cuore. Alla faccia dell’accusa di sentimentalismo toccata in sorte al protagonista di Torte al miele e, con ogni probabilità, al narratore stesso, nascosto tra le pieghe di quest’ultima novella.

Titolo: Tutti i figli di Dio danzano
Autore: Haruki Murakami
Editore: Einaudi
Dati: 2010, 130 pp., 9,50 €

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