Il corpo è l’anima. Fritz Baumgartner al MACA di Acri

In questi primi cinque anni di attività, uno dei pregi principali del MACA (Museo Arte Contemporanea Acri) è stato quello di riuscire a presentare al pubblico degli artisti che, seppur non particolarmente noti al pubblico, sono contraddistinti da un valore e un fascino indiscutibili. L’anno scorso era stata la volta di Joël Stein, uno dei padri dell’arte cinetica e membro fondatore del GRAV (Gruppo di Ricerca di Arte Visuale) e, successivamente, di Aldo Mondino, artista poliedrico ed esotico che, nella Torino degli anni Sessanta, aveva avuto il coraggio di allontanarsi dal movimento dell’Arte povera per seguire una strada personalissima fatta di ironia ed estrema padronanza tecnica.

L’artista austriaco Fritz Baumgartner (1929-2006), a cui il museo dedica la sua mostra estiva, è anch’egli un nome forse poco noto, ma, proprio come quelle degli artisti che l’hanno preceduto tra le mura di Palazzo Sanseverino Falcone, le oltre sessanta opere, tra dipinti e sculture, che compongo quest’antologica, sono le lampanti dimostrazione di una personalità forte congiunta ad un’estrema sensibilità cromatica e una padronanza segnica degne di ben maggior fama.

A colpire, in primis, è il costante ritorno della figura umana. L’ampio allestimento permette di percorrere l’affascinante evoluzione che essa ha subito nel tempo, attraverso una serie di tele che coprono l’intera carriera artistica di Baumgartner, dagli esordi degli anni Cinquanta, passando per la cupezza mistica delle tele più prettamente espressioniste del decennio successivo, le figure stilizzate e concentriche degli anni Settanta e l’approdo finale a una figurazione astratta personalissima, fatta di ombre e corpi incandescenti che si sviluppano sulla tela come i cerchi su una superficie d’acqua.

Le figure sono voluttuose, sensuali, calde e, allo stesso tempo, appaiono rarefatte come spiriti, delle essenze mistiche e passionali. Le tele sono attimi di vita interiore catturati attraverso gli straordinari accostamenti cromatici – da quelle più solari, come Sette donne (2001), alle più cupe e lancinanti, di cui è un perfetto esempio Pietà (2006), una delle ultime opere realizzate dall’artista, che presenta un Cristo quasi cubista dal corpo livido, fatti di verdi e blu che precipitano  nel nero, e una Madonna trasfigurata dal dolore, il volto rotto da un grido lancinante; un dipinto carico di un’umanità sofferente distante anni luce dalla calma ieratica della celeberrima Pietà michelangiolesca.

L’umanità è il vero tratto distintivo di queste opere, il loro filo conduttore, e la si coglie non solo nell’ovvia presenza dei corpi e dei volti, costanti protagonisti delle tele, ma nello stesso gesto utilizzato dall’artista per comporle. Gli splendidi disegni su carta sono i perfetti specchi di una sensibilità profonda, visionaria, capace di estrarre le emozioni più intime con dei ripetuti e sicuri passaggi di matita. Il disegno su carte – come sosteneva lo stesso Baumgartner – è il momento della verità e la verità che ci viene restituita da questa mostra è quella di trovarsi di fronte a delle opere straordinariamente intense e suggestive.