Prima o poi vedrete comparire laggiù l’immortale dio Pan

Lungo la provinciale per Borgo San Rocco, a un passo dalle Falde della Maiella, una Mercedes bianca a stento s’adegua alla lentezza di un trattore che, come fosse la statua della processione del Venerdì Santo, si porta dietro una fila di macchine. Nella mercedes, un ragazzo alto e bruno dagli occhi chiari, suo zio Saverio e una coppia di anziani. Il ragazzo si chiama Alessandro, non è mai stato in quella casa, non è mai stato nemmeno in quel piccolo paese; l’idea di scoprire i luoghi dell’infanzia della madre, dello zio, lo incuriosisce ma in qualche modo anche lo inquieta.

Tra mura scrostate e sentore di muffa, tra divani e mobilio coperto da panni scoloriti dal tempo; tra protonotari incorniciati che, ostinatamente, tornano al posto da loro scelto e nella scia del profumo di primavera che una ragazza, Ambra, bellissima e bruna si lascia alle spalle, Alessandro ripercorrerà l’esistenza dei suoi avi, a ritroso, molto a ritroso, fino a imbattersi in un essere, l’ultimo superstite degli dèi pagani, Nereus, che da millenni veglia sulle sorti della casata. Nereus, “che amava definirsi stupratore di ninfe, compagno di dèi e d’eroi” ora relegato in una calma anonima, buia e piatta, racconta e spiega di come, sin dalla Roma imperiale fosse indissolubilmente legato alla famiglia Sarra e avesse sempre cambiato il destino di tutti coloro che si fossero imbattuti in lui. Come il suo flauto con Nereus, Ambra accompagna Alessandro in questa sua esplorazione alla scoperta di legami reali e onirici e la sua essenza si fa sempre più affascinante, sempre più misteriosa.

Nereus stesso sostiene che “Ogni buona storia è come l’Acqua Profonda: va dall’abisso alle stelle e viceversa. Ma il come e il quando lo sanno solo il Tempo e il Destino”.

Il Tempo e il Destino chiudono la prima parte del romanzo e aprono la seconda sfumando i contorni del reale con eccezionale maestria. Ritoccando di malinconia tratti decisi, panici e traboccanti di vita; ritoccandoli con la nostalgia di un tempo passato, di un tempo sconosciuto, immaginato.

Lo stile di questo romanzo è unico, frasi brevi, efficaci nel rendere anche il più umile dettaglio. Una lingua dal sentore antico come certi marmi e proprio come il marmo venata e innervata di timbri selvatici, di dialetto e radici. Un testo fantasy nel vero e proprio senso della parola e non solo per genere, che procede per resa d’immagini e di splendide ne dipinge.

Titolo: Il labirinto dei Sarra
Autore: Luigi De Pascalis
Editore: La lepre
Dati, 2010, 298 pp., 22,00 €

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