Una rassegna di film italiani per raccontare l’immigrazione

Alcuni organizzatori stessi del Milano Film Festival covavano dei dubbi sulla buona riuscita dell’Immigration Day. E in sella a questi dubbi, io, prendendomela comoda con la sigaretta accesa poco prima, ho dovuto rinunciare alla proiezione delle 20:30: posti finiti! Ci sono rimasto male, eccome: ero lì dalle 15:00, con quell’ultimo film li avrei visti tutti.
E questo per dire che la rassegna ha riscontrato un certo successo, con gli spalti del Teatro Studio che si riempivano man mano con il susseguirsi delle proiezioni (all’ultima, infine, il delirio: almeno – stima mia, quindi approssimativa – una cinquantina di persone sono rimaste fuori).

A dare il via alla rassegna una raccolta di video curata da Gabriele Del Grande, fondatore di Fortress Europe e scrittore di Il Mare di Mezzo; video girati con cellulari, di bassa qualità, pescati da YouTube e montati secondo un filo logico, e cioè una sintesi dell’odissea dei migranti che cercano di raggiungere l’Italia (Wanted, but not welcome).

A seguire Soltanto il Mare di Dagmawi Yimer (presente in sala), il regista etiope co-autore del bellissimo Come un uomo sulla terra. È un racconto che parte da un pretesto intimo, biografico, e si sviluppa  poi seguendo altre rotte. Yimer è arrivato in Italia da clandestino, per via mare, e di Lampedusa non ha visto niente. Per questo ci ritorna: per capire com’è l’altra isola, quella degli abitanti, dei turisti che la visitano. Ma soprattutto per sapere cosa ne pensano degli sbarchi. Il risultato, forse, ha serbato una sorpresa per il regista stesso, poiché tra i problemi stringenti dei lampedusani la clandestinità non rientra, ma piuttosto la mancanza di servizi essenziali quali ospedali, collegamenti, lavoro. Non volendo, quindi, il regista etiope ci offre una panoramica dei problemi dell’isola, tanto che un uomo dal pubblico, alla fine, gli ha detto “grazie per averci informato”.

Dopo è stato il turno di Il Sangue Verde di Andrea Segre, di ritorno dalla Mostra D’Arte Cinematografica di Venezia. Il tema è il pogrom di Rosarno di inizio anno, storia tristemente conosciuta come “la cacciata dei negri”. Il regista va in Calabria, gira le baracche in cui gli immigrati vivevano, intervista le persone coinvolte, le segue negli spostamenti successivi la rivolta. C’è chi viene spedito a Roma e ora dorme per strada in via Marsala, dietro la stazione; chi viene ospitato dal centro sociale ex-canapificio a Caserta; chi si ritrova a Pescopagano, in provincia di Napoli. Il sangue verde del titolo sta per “sangue diverso”, invece del colore normale, il rosso, degli uomini a cui spettano uguali diritti.

L’Immigration Day di quest’anno è stato rigorosamente italiano. Anche il film che non sono riuscito a vedere, Via Padova: istruzioni per l’uso, era di una regista italiana, Giulia Ciniselli. Considerato l’ottimo riscontro di pubblico, l’anno prossimo – si spera – nessuno avrà più dubbi sulla buona riuscita della giornata.

[CORRIERE IMMIGRAZIONE]