Italia, sii bella e perduta: soltanto così t’amo!

Meglio rimpiangere e desiderare a vita una donna, che sia stata certo sedotta, giammai abbandonata e perciò tanto più perduta per sempre, idealizzata al fuoco vivo della passione, che maledire un’indesiderata e molesta usurpatrice dei propri giorni, feriali e festivi, nonché notti, mesi, anni, eterni ritorni. Questa in parole povere l’ossatura nonché la polpa del libro Italia, una storia d’amore dello scrittore Piero Meldini pubblicato di recente da Mondadori nella collana Libellule. È una storia d’amore scaturita da un incontro casuale in treno,  storia concentrata in un giorno e una notte; ambientata nell’Ottocento ma postmoderna in quanto a tempistica: più da fast  che da Slow food, associazione che promuove il cibo cui l’autore da esperto di cucina e alimentazione dedica studi e saggi. Riminese, autore già di altri quattro romanzi pluripremiati (tre pubblicati da Adelphi, L’avvocata delle vertigini, L’antidoto della malinconia, Lune; uno da Mondadori, La falce dell’ultimo quarto), Meldini ha diretto per 25 anni la biblioteca Gambalunga della sua città natale, da intenditore della cucina, fa parte della redazione di Slow, rivista quadrimestrale di Slow Food; inoltre collabora alle pagini culturali di vari quotidiani nazionali.

Proprio al suo passato di bibliotecario si deve questo breve e godibile romanzo: l’autore ha scovato in un manoscritto di sole quattro pagine  “stese nel 1884 con gracile penna”  la storia di tal Achille Serpieri  e del suo incontro fulminante in treno con una Italia Colletti. Sedotto dalla storia, non l’ha più abbandonata; anzi  l’ha scritta e riscritta più volte negli anni con accanimento e furore passionale, reinventando un po’ circostanze dell’incontro e particolari, fino a realizzare una narrazione fluida, coinvolgente e avvolgente che tiene inchiodati fino all’ultima pagina. Sia che la si legga in treno, tu guarda la coincidenza, ma stando ben attenti a non  distogliere mai gli occhi da libro onde evitare incontro occasionali, certo assai meno folgoranti; sia che la si legga in casa propria, al riparo da distrazioni, non confidando in nient’altro che nel potere della trasfigurazione della parola poetica.  Il pretesto che muove l’ingranaggio è il racconto che Achille, voce narrante e protagonista, fa all’amico Domenico e ai lettori, dell’esperienza che gli ha cambiato i connotati psichici e metafisici rendendolo a sessant’anni un uomo malinconico votato al culto del ricordo. Mentre ripercorre con acuta partecipazione emotiva l’incontro con la donna, non angelicata, ma poco importa, avvenuto 40 anni prima, seduto a un tavolino di un bar a Bologna, la storia dà strattoni cercando la svolta moderna. È il ‘radioso’ (si fa per dire) aprile del 1915, vigilia della I guerra mondiale. Mentre lui è volto indietro, lo circondano parate di universitari che manifestano a favore dell’entrata dell’Italia nel conflitto. Le forze giovani della società incanalano le energie verso un futuro immaginato trionfale; il protagonista, ricorda il viaggio in treno da Bologna a Rimini, l’incontro con la bella e misteriosa sconosciuta, l’insinuarsi fulmineo di carnali esuberanze consumate in una notte soltanto. Il finale cela un capovolgimento a sorpresa: il lettore è messo nel sacco! Il romanzo ha una forte connotazione geografica, locale: vi si ritrovano paesaggi e aromi di una località ancora intatta nella sua realtà paesaggistica, Rimini; c’è il  Kursaal appena inaugurato col suo demi-monde e i suoi riti, simbolo del primo turismo balneare della città.

Di esperienza amorosa legata alla passione, all’idealizzazione della figura femminile, è piena la letteratura d’ogni tempo. L’amore memorabile è quello che si incanala nella forma della sublimazione ideale (Petrarca verso Laura), dell’illusione spinta (Orlando verso Angelica), o dell’ immaginazione altrettanto spinta (Don Chisciotte verso Dulcinea), della clandestinità che tramuta eros in thanatos (madame Bovary), della forza distruttiva che diventa autodistruzione (Werther-Ortis). E non siamo che ai casi  esemplari. Non si è mai visto un servitium amoris di altrettanta intensità e impatto nell’ambito di un posato nido coniugale; né un servitium amoris conciliabile con il servizio buono di finissima porcellana casomai da rompere sul tappeto buono alla prima sfuriata. Quale miccia potrebbe mai accendere in uno scrittore una storia in cui Achille e Italia con tanto di lavapiatti, lavastoviglie e altri doni  chiesti nella lista di nozze e ottenuti, convolano? Sarà questa psicologia degli spiccioli di monete euro svalutate da una crisi universale, ma Achille, il vero e quello romanzato, può ritenersi fortunato a trascorrere il resto della vita a un tavolino della (ex) grassa Bologna non a desiderare la donna altrui ma quella di una volta. Non solo è meglio di niente ma quasi quasi è la miglior cosa. Meglio consumarsi nel ‘crimine dei desideri’ che in quello della noia! Oppure a voler scomodare Proust come si farebbe se si fosse nell’industria del cioccolatino finanche assortito pur sempre incartato, vale la frase: “Si ama solamente ciò in cui si persegue qualcosa d’inaccessibile, quel che non si possiede “.

Titolo: Italia, una storia d’amore
Autore: Piero Meldini
Editore: Mondadori (collana Libellule)
Data di Pubblicazione: settembre 2012
Dettagli: p. 113, Prezzo: € 10.00