L’arte nera del ricordo

Ogni 11 settembre mi sorprendo a ripensare spontaneamente a dove fossi e a cosa stessi facendo mentre una dopo l’altra le Torri gemelle di New York venivano trafitte da due aeroplani dirottati e le immagini della mia vita scorrono intervallate nella memoria a quelle dell’attentato, all’esplosione rossa sullo sfondo azzurro del cielo limpido, il crollo dei due grattacieli e l’immensa nube di cenere nera che si sollevò in seguito ad esso, riversandosi sugli edifici, le strade, le automobili e le persone.

Ricordare è faticoso, soprattutto quando si ha a che fare con tragedie segnate da un esorbitante numero di vittime. Allo stesso tempo, però, ricordare è essenziale e ancor di più sembra esserlo di fronte a un evento di tale portata, che di fatto ha inaugurato un decennio disastroso e disgraziato sotto innumerevoli punti di vista – una decade nera che sembra ancora portare su di sé uno strato di ceneri nate da quel crollo.

Il ricordo e la testimonianza sono due dei più importanti compiti dell’arte e davanti ad un decennale così importante, non potevano certamente mancare, anche in Italia, della mostre che trovassero proprio nell’11 settembre il loro oggetto principale o il filo conduttore della loro narrazione.

A Palazzo Reale, a Milano, la mostra 11.9 Il giorno che ha cambiato il mondo. Dieci anni dopo. Documenti e immagini si pone proprio il compito di restituire al pubblico un’ampia testimonianza di ciò che successe quel giorno in soli venti minuti – tra le 8.45 e le 9.03 del mattino –, attraverso una serie di fotografie splendidamente intense realizzate da alcuni tra i più importanti fotografi contemporanei – James Nachtwey, Steve McCurry, Alex Webb, Gilles Peress e Susan Meiselas.

Oltre a dover custodire ed esibire il ricordo, l’arte ha anche il compito di rielaborarlo, di mostrarne gli effetti attraverso quei sintomi simbolici che sono le opere. È ciò che accade al Centro d’arte contemporanea del Castello di Rivara, a metà strada tra Torino e Ivrea, dove la mostra Su nero nero trova il filo conduttore per far dialogare le forme artistiche più disparate – dalla pittura, al design, alla scultura, fino alla video arte – nel colore nero, la tinta degli anni Zero, intesa come un materiale, una filosofia, una professione di fede, ma anche come il simbolo di una narrazione tragica, di una caduta libera che rispecchia il funesto evento dell’11 settembre newyorkese, scaturigine di quella stessa narrazione.