Il tostapane ci guarda. Il detersivo ride di noi

Cosa succederebbe se le cose che ci circondano prendessero improvvisamente vita e cominciassero a discutere fra di loro del più e del meno, di questioni alte e altre sommamente superficiali, proprio come facciamo noi che quelle stesse cose le consideriamo sterili, inerti e senz’anima? E se un fustino di detersivo, un mangiacassette di modernariato, un tostapane, riuniti insieme ad altri oggetti, si trovassero una sera e cominciassero a parlare d’arte, di una loro visita a un museo in cui gli è capitato di vedere degli altri oggetti simili a loro, posti sopra dei piedistalli alla mercé dello sguardo degli spettatori, cosa direbbero?

A questi quesiti, che probabilmente in pochi si sono posti prima d’ora, prova a rispondere l’installazione dell’artista Alexandre Singh (Bordeaux, 1980), esposta fino al 19 giugno al Palais de Tokyo di Parigi. L’opera, intitolata La Critique de l’Ecole des Objets (La critica della scuola degli oggetti) è composta, appunto, di una serie di oggetti posti uno accanto all’altro su altrettante colonne di diversa altezza. Nulla di nuovo, nulla di diverso da un ready-made alla Warhol o alla Duchamp, verrebbe da dire, se non fosse che, a un certo punto, il fustino, il tostapane e i loro
compagni prendono improvvisamente vita grazie a un nastro registrato in cui si possono ascoltare le loro voci e gli spettatori vengono trasportati nell’intimità dei loro pensieri sull’arte.


“Volete dire che si trattava solo di alcuni oggetti messi su delle colonne?”, esclama uno in riferimento al resoconto di una visita a un museo fatta da un suo compagno. “Esattamente –risponde questo –. In quanto oggetto io stesso, non ci trovo davvero nulla di interessante.” La conversazione surreale prosegue fino al suo culmine, quando gli oggetti, immensamente divertiti, ipotizzano la possibilità di visitare un museo che ospiti una collezione di esseri umani impagliati.

Il ribaltamento è compiuto. Lo spettatore, seppur non tassidermizzato, si trasforma in opera d’arte, sentendosi immediatamente osservato e criticato proprio da quella stessa installazione che era andato a visitare.
Se con l’esposizione dei primi ready-made ci si trovava di fronte a una serie di oggetti che avevano perso completamente la loro utilità e quindi il loro normale e quotidiano rapporto con gli esseri umani per i quali erano stati creati, ora, Alexandre Singh conduce il paradosso a un altro livello, umanizzando le cose apparentemente più banali e rendendo inerti gli esseri umani, ribaltando completamente, quindi, il rapporto soggetto-oggetto. Un discorso filosofico,
enormemente noioso, ma parafrasando una frase del tostapane cromato, potremmo convenire che le cose più noiose sono anche le più sublimi.

One thought on “Il tostapane ci guarda. Il detersivo ride di noi

  • Maggio 12, 2011 alle 11:31 am
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    dev’essere fighissima sta mostra!!! bella recensione! Grazie!!!

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