Una crociata di fanciulli che scorre come un treno senza punti, senza freno

Gustave Dorè, La crociata dei bambiniDire che questo monumentale romanzo non abbia avuto riscontri più che positivi di critica e letterati sarebbe fuori luogo, considerato gli articoli che ho avuto modo di leggere sulla stampa italiana ed estera. Straordinaria infatti la potenza narrativa e la forza stilistica de La crociata dei bambini. Straordinaria soprattutto la forza stilistica. Straordinaria la forza stilistica. Lo stile c’è, e si vede. La struttura c’è, e si apprezza, però aldilà della competenza letteraria e del narcisismo autoriale mi chiedo dove possa io lettore rintracciare le parole a me destinate. Intanto bisogna fare un atto di coraggio per fronteggiare più di 800 pagine, quindi una volta affrontato e superato il timore reverenziale per un tomo di questa portata (e qui le recensioni lette diamine se aiutano!) è necessario superare, familiarizzando, la difficoltà di lettura che un periodare senza punti fermi crea, e quindi prendere atto che l’affresco qui è stile Giudizio Universale, i personaggi (tutti a mio parere protagonisti) non si contano, le anime nemmeno, i ritratti con personalità abbondano, però ciascuno di essi, a mio parere, è una monade leibniziana.

Non mi includono nelle loro esistenze, non mi invitano sulla banchina a bofonchiare tra me e me, a pensare alle mie prossime vacanze, a considerare l’avventatezza di alcune mie idee azzardate. C’è spazio per tutti; persino la valigia Samsonite di una passeggera, in attesa del suo treno e dalle unghie laccate di rosa trasparente, ha le sue righe dedicate, le parole per sé, i tratti che ne fanno una valigia diversa dalle altre. Ma non ce n’è per me; sì sono una lettrice egocentrica, non posso farci nulla, ma d’altra parte qui si parla del mio tempo…, tempo che avrei potuto dedicare alla lettura, chessò, dell’ultimo libro di Eco, la cassa di risonanza mediatica è anche più ampia.

Non c’è spazio per me che leggo, e mi sforzo di leggere anche perché, accidenti!, il mio gusto letterario è raffinato, non mi interessa che ci sia o meno una “storia” non sono così ingenua, non mi annoiano gli esercizi di stile, li apprezzo. Però mi sento soffocata; cerco aria da respirare nel considerevole affresco storico di una Romania, di un sistema molto più propriamente, che emerge in tutta la sua crudezza, in tutti i suoi ingranaggi arrugginiti, in tutta la sua ottusa burocrazia, nell’ampio potere dei media, della tv, nella in-capacità degli adulti di rapportarsi ai bambini, nella inconciliabile frattura tra mondo adulto e mondo dell’infanzia. Chiaramente ne esco con le ossa rotte, giacché scopro quanto rotte siano quelle del sistema in questione; questo però mi consola: comincio ad affezionarmi, a preoccuparmi. E continuo a leggere.

Vi consiglio, caldamente, questo libro perché è una prova lampante della magistrale competenza letteraria di alcuni autori contemporanei; vi consiglio, caldamente, questo libro perché investe di attualità e rinnova una storia antichissima, quella della crociata dei fanciulli, metafora ed esempio di come al vigore e al temperamento di un’idea e un’intenzione di fanciullo corrisponda sempre un’impresa eroica, per quanto fallimentare possa rivelarsi. Come nel 1212 accadde a Stefano il pastorello che sulla base di un’ispirazione divina partì alla volta della Terra Santa, facendo proseliti tra i bambini incontrati durante il cammino: li coinvolse e convinse del valore della propria impresa per poi essere abbandonato dalla maggior parte di essi; o come su un’isola sperduta accadde al naufrago Ralph, acclamato rappresentante della democrazia, di essere contrastato dal Signore delle mosche. Così anche a questi fanciulli accade che in un mondo a sé stante, con i propri confini ben delineati, (il loro luogo dell’avventura e della rivalsa è un treno), si sveli l’impotenza dei sogni quando si scontra con l’ottuso raziocinio di adulti e sistema.

Il treno dei bambini diretti verso il campo estivo incrocia l’espresso degli adulti. Entrambi nascevano o prima o poi torneranno alla stessa banchina, entrambi prendono una via inattesa e antitetica: i bimbi compiono loro malgrado un viaggio che dall’essere utopico si tramuta in una dolorosa crescita, un appiattimento adulto, mentre gli adulti tornano, o perlomeno tentano di tornare, a essere ragazzini, dando spazio e occasione anche alle tensioni più sciocche.

Antonio Prudenzano chiede all’autrice (Florina Ilis) perché nei suoi romanzi non usi il punto. Lei risponde: “Attraverso la mancanza di punti in qualche modo cerco di far percepire il ritmo ininterrotto della vita, non di una vita individuale, ma della vita in generale, un flusso che non cessa mai”.

Ecco, forse se non avessi letto questa frase la mia predisposizione d’animo sarebbe stata migliore nei confronti di questa lettura. Perché leggere il libro e scoprire che a certe virgole segua la lettera maiuscola mi da il senso della “furbetteria”. Non si vuol dare al lettore il tempo, nessun momento per prendere il respiro, va bene, è una scelta. Ma la scelta perde assolutamente tutto il suo valore quando semplicemente ci si limita a investire la virgola seguita dalla maiuscola del senso che avrebbe il punto. La traduzione, peraltro magistrale, di Mauro Barindi rispetta la punteggiatura e l’ortografia utilizzate dall’autrice nell’edizione originale.

Titolo: La crociata dei bambini
Autore: Florina Ilis
Editore: ISBN
Dati: 2010, 832 pp.,  16,00 €

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