Basta solo che il giorno trascorra e la sua fine è nota

Oh, se fosse dato all’uomo di conoscere
la fine di questo giorno che incombe!
Ma basta solo che il giorno trascorra e la
sua fine è nota.

William Shakespeare, Giulio Cesare

L’estate agonizza e la malinconia settembrina si insinua dolcemente nei nostri animi. Ciò che è già stato sembra incomparabilmente meglio di ciò che potrà esserci e quello che fino a poco fa era «presente», si riscopre, improvvisamente, «passato».
Persino la nostra rubrica più sanguinolenta e misteriosa cede a questi sentimentalismi tardo adolescenziali e, per una volta, non si dedica ad un titolo recente ma, piuttosto, ad un romanzo che, a dire il vero, di promozione non avrebbe granché bisogno.
“La fine è nota” di Geoffrey Holiday Hall, infatti, è uno dei titoli più fortunati della casa editrice Sellerio, tanto che quest’ultima, per festeggiare i 40 anni di attività, aveva deciso di ristamparlo durante il periodo natalizio insieme a pochi altri titoli eccellenti.
Perché parlarne ancora? Perché nel caso “La fine è nota” vi fosse sfuggito, questo articolo potrebbe aiutarvi a rimediare.

Due cose colpiscono immediatamente chi si ritrovi questo libro tra le mani per la prima volta: il viso enigmatico di una donna bionda in copertina (particolare di un dipinto di David Hockney) e la storia raccontata nel risvolto. Chi ha il terrore di quei redattori e curatori che, sadicamente, svelano i più succulenti colpi di scena guastando inevitabilmente il piacere della lettura, può stare tranquillo: è un altro il mistero di cui si parla nella quarta di copertina. Il primo interrogativo davanti a cui viene messo il lettore, infatti, è proprio lì, sotto i suoi occhi, prima ancora di iniziare a leggere il romanzo vero e proprio. L’arcano non riguarda i personaggi ma l’autore stesso e a raccontarlo è uno dei nostri intellettuali più amati: Leonardo Sciascia.
Dopo aver letto questo libro – possiamo leggere nella prefazione – Sciascia, favorevolmente impressionato dalle sue qualità letterarie, cercò di contattare l’autore. Ma nessuno, nemmeno il suo agente, era in grado di rintracciarlo o di fornire la minima notizia su di lui. Era come se Geoffrey Holiday Hall non fosse mai esistito. Unica traccia: un secondo romanzo (“Qualcuno alla porta”; anch’esso, per la cronaca, pubblicato in Italia da Sellerio) poi più nulla. Il nome dell’autore lascerebbe supporre un’identità fasulla, magari lo pseudonimo di un autore letterario più noto. Sta di fatto che la verità su di lui non è mai stata scoperta e il lettore più fantasioso può immaginare i destini più rocamboleschi per questo talentuoso scrittore-fantasma.

Ma passiamo alla storia. Come suggerisce l’efficacissimo titolo, la fine di questo racconto è la prima cosa che il lettore conosce (o crede di conoscere). Il delitto, infatti, si consuma nel giro delle primissime pagine nella lussuosa casa newyorchese del magnate Bayard Paulton. Non sembra che ci sia molto lavoro da svolgere per gli investigatori dal momento che la vittima, il giovane Roy Kearney, si è tolto la vita gettandosi dal balcone di quella casa. Tutto sembrerebbe tragico ma lineare, se non fosse che il signor Paulton non ha la minima idea di chi diavolo sia Roy Kearney e del perché abbia scelto proprio la sua casa per suicidarsi.
Perché un uomo che non aveva mai incontrato prima e con cui non ha nulla in comune si è recato nella sua casa, ha chiesto di lui e poi, mentre la signora Paulton gli preparava un drink pregandolo di aspettare il rientro del marito, si è improvvisamente lanciato nel vuoto?
Paulton, che al suo ritorno dal lavoro trova la casa invasa dai poliziotti e la moglie sotto shock, attraversa, comprensibilmente, diversi stati d’animo che vanno dalla rabbia per la propria quiete turbata, fino alla compassione e persino alla curiosità.
Costretto a trascorrere qualche giorno senza l’adorata mogliettina, oppresso dal caldo metropolitano, dalla solitudine e forse dalla noia, Paulton decide di scoprire qualcosa di più su questo Kerney. Se riuscirà a raccogliere sufficienti informazioni, pensa Paulton, forse scoprirà anche perché questo ragazzo di modeste condizioni ha scelto proprio la sua casa per farla finita.

Inizia così il viaggio di Paulton (e del lettore) dentro la vita complicata e amara di Roy Kerney. Paulton sa bene che quando un uomo si comporta in maniera incredibilmente stupida (e Kearney sembra averlo fatto numerose volte in passato)  non resta che cercare la donna che ha ispirato tante sciocchezze. Ed ecco che, durante le indagini sempre meno distaccate di Paulton, emerge, dai racconti dei testimoni, la figura crudele e affascinante della moglie di Roy Kearney, bionda, avida e bellissima come ogni femme fatale che si rispetti.

Così, dopo essere precipitato nella vita di Paulton apparentemente senza motivo, Roy Kerney, o, meglio, la sua storia, trascina il tranquillo magnate newyorchese in un passato tragicamente segnato dall’amore per la donna sbagliata.
La storia si presenta come una sciarada la cui soluzione è nascosta nella visione d’insieme di tutti gli indizi raccolti. Lo stile, semplice ed elegante come un attico di Park Avenue, contribuisce a coinvolgere il lettore in un racconto sempre più avvincente.
Mentre Paulton ripercorre le vicissitudini di quello sconosciuto che ha scelto di legarsi indissolubilmente a lui attraverso la propria morte, il lettore non può fare a meno di concentrarsi, a sua volta, sui motivi della scelta di Kearney, cercando di trovare quel collegamento che Paulton non riesce a vedere.
E, difatti, il lettore anticipa di un passo il protagonista, arrivando finalmente alla soluzione attraverso un particolare che Paulton ha fatalmente trascurato.

La fine, dunque, non è affatto nota e qualcun altro morirà tragicamente prima dell’ultima pagina. Il titolo assume ora tutt’altro sapore: ironico, beffardo, irresistibile.

Titolo: La fine è nota (The end is known)
Autore: Geoffrey Holiday Hall
Editore: Sellerio
Dati: ultima ristampa 2009, pp 311, € 8,00

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