La gatta: solo il femminile redento permetterà un’altra storia umana

Perché mai una imperatrice che soddisfa una “innocente” voglia da gravida che non sa di esserlo e mangia una mela (frutto assai pericoloso a quanto pare) deve subire la maledizione niente meno che della madonna tra le madonne, la madre di Dio? E perché sua figlia a 17 anni, nel fiorire della vita, per effetto di quella maledizione deve trasformarsi in una gatta, finché un principe non la salvi tagliandole la coda ma soprattutto la testa? Che storia è mai questa? In effetti la fiaba in questione che si intitola La gatta ed è di origine romena è  quanto mai intricata, strampalata, dal senso inafferrabile o sfuggente. Una rete di simboli da restare ebbri  o far naufragio nell’assioma che tanto è proprio il genere di narrazione a essere senza capo né coda. Nell’interpretazione della psicoanalista Marie Louise von Franz, tra le allieve più famose di Carl Gustav Jung, quindi analista e didatta junghiana di indiscussa fama, tutto diventa accessibile, evidente.  Si scopre che le fiabe sono tra le danze predilette dagli archetipi, indicano l’iter della psicologia tanto individuale che collettiva verso la redenzione intesa come integrazione degli opposti, e qui nello specifico liberazione del principio femminile oppresso da un mondo patriarcale. Il volume che si intitola come la fiaba, La gatta (ristampato quest’anno dalla casa editrice Magi) era stato concepito nel 2008 in occasione del decennale della morte dell’analista ed è la trascrizione di uno dei leggendari seminari da lei tenuti presso l’istituto Jung vicino a Zurigo.  Marie Louise fu studiosa di fiabe e  come spiega nell’introduzione,  interpretarle non è  sterile né lambiccato passatempo ma esercizio volto a “trattare il materiale archetipico, a identificarlo, a conoscerne la profondità”; materiale a uso terapeutico, essendo gli archetipi immagini dell’inconscio individuale e collettivo, altrimenti rintracciabili nei sogni, nelle visioni, nella pratica dell’immaginazione attiva. La questione è interpretarle senza proiettare dati personali e cercando di aderire a un criterio di obiettività.

La fiaba in questione, trascritta integralmente nel libro, si è capito che è assai bizzarra: in un regno un imperatore e la moglie sono  tanto ricchi ma non hanno figli; in un altro un imperatore è senza moglie, ha tre figli, si ubriaca. Nel primo regno, l’imperatrice parte, arriva a un giardino dove si sa che abita la madre di Dio, mangia una mela d’oro, si accorge di essere gravida ma la Madonna scaglia la sua maledizione. Nell’altro regno, l’imperatore vedovo e alcolista si vuole liberare dei figli e li sottopone a prove iniziatiche: portargli un tessuto di lino così fine da  passare, quasi secondo modalità biblica, dalla cruna di un ago.  Tanti rivoli simbolici si dipartano dalla struttura portante della fiaba. Fatto sta che solo quando uno dei tre figli giunge al regno della gatta, solo dopo avere assecondato la sua richiesta tagliandole la testa, la maledizione è sciolta e avviene la grande trasformazione. Che non è l’happy end di semplicistiche proiezioni personali. Maria Louise ha la capacità di farci entrare nel vivo della faccenda con interpretazioni rigorose attraverso una scrittura lineare ma mai fredda, al punto che indulge anche su aneddoti della propria vicenda umana o su ricordi di Jung. È un libro da ascoltare, da leggere per calarlo nel reale (secondo l’auspicio di Anima).

Da una parte c’è un regno dove la componente femminile è sterile; dall’altra un regno dove è del tutto assente. Cosa accade in società  e individui che rendono sterile o estromettono del tutto la componente femminile? E se si impone una mascolinità solo di un certo tipo? Una questione attuale che riguarda la storia politica, sociale, individuale. Mai in nessuna fiaba, annota von Franz, si è vista una madre di Dio tanto risentita al punto da comportarsi come una fata malvagia, una strega che fa  cadere una maledizione feroce sulla puerpera e sulla nascitura. Accidenti, che caratterino! Un saggio nel saggio spiega come si andò perfezionando il culto mariano nella cristianità e quanto questa ideazione risalga probabilmente al Medioevo e capti “un processo nell’inconscio collettivo ancora in atto”. La Madonna porta l’Ombra del Femminile che non ammette che una donna mangi una mela da un giardino pur sempre edenico e attinga consapevolezza. Marie Louise traccia anche una interessantissima storia del gatto nella mitologia seguendo il tracciato che dagli egizi che lo consideravano sacro, divino, medium tra l’immanente e il trascendente, conduce fino alle miserabili degenerazioni del cristianesimo che fa del gatto animale diabolico e stregonesco in corrispondenza con “la rimozione patriarcale dell’Ombra femminile”. Un processo che coincide da parte della Chiesa con la repressione dell’amor cortese, la promozione del culto della Vergine per sopprimere l’individualità della donna e relegarla a fantoccio di misura, pazienza e buone maniere. Il gatto rappresenta quindi l’aspetto in ombra della vergine Maria, il senso dell’individualità e l’indipendenza del femminile che atterrisce. Quando il principe dopo innumerevoli prove riesce ad arrivare al palazzo della gatta  si compie la coniuctio: “la gatta esprime il principio dell’amore che accetta l’eroe e le sue qualità maschili; e questi, in qualità di principe, rappresenta l’emergere di una nuova forma di coscienza maschile, accettata ora e abbracciata dal femminile”.

Ultimo passaggio indispensabile: l’eroe deve tagliare la testa e la coda alla gatta perché sia liberata dalla maledizione. Per liberare e  umanizzare l’Anima gatta  si devono quindi estirpare due opposti: la coda, il lato animale, le reazioni istintuali, e  la testa, polarità divina quanto emblema di una ragione sterile, gli aspetti sub e quelli sovraumani. Questo processo non è dato nella vita reale in forma di lieto fine ora e per sempre. Si nutre di oscillazioni, slanci in avanti e ritirate difensive. Un pericolo incombe più di altri: il rischio di regressione a cui si è sempre esposti. Ecco perché il vecchio ordine va mandato alla malora se si conquista l’individuazione sulla via della consapevolezza. Per far questo, a volte, non c’è che la ghigliottina.

 

 

Titolo: La gatta. Una fiaba sulla redenzione del femminile
Autore: Marie-Louise von Franz
Editore: Ma. Gi.
Dati: 2008, 132 pp., 14.00 €

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One thought on “La gatta: solo il femminile redento permetterà un’altra storia umana

  • Ottobre 25, 2011 alle 10:02 am
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    oh ma che bellissima e misteriosa fiaba 🙂

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