La libertà è un passero blu

Donna Menina Carvalhais Medeiros risiede in un imponente palazzo temuto e rispettato sulla costa Nord orientale del Brasile. È quasi centenaria ma ancora possiede il vigore e la fibra morale che occorrono per tirare le fila dell’intera città. Temutissima dalle due figlie, dalle gerarchie ecclesiastiche e dalla servitù. Nel palazzo, alla sua mercé, convivono le anime penitenti delle donne vive, le sue figlie e le sue nipoti, con quelle dei morti e tra loro dialogano in un isolamento irreale.

Gli uomini della famiglia sono stati vittime di attacchi di pazzia, a tal punto ricorrenti da adibire in ogni residenza una stanza riservata all’occorrenza. Pazzi, ribelli o comunisti, in ogni caso inservibili, alla stregua di molesti grattacapi. Instancabili fabbricatori di aquiloni per allontanare le streghe e il malocchio. L’unica esente dal disprezzo della centenaria matriarca è sua nipote Marina, figlia di Luciana, colei che osò sfidare Donna Menina apertamente scappando con un umile impiegato postale salvo poi, alla morte di quest’ultimo, tornare a palazzo implorando la vecchia madre di provvedere a lei e alle sue figlie e vivere nella sottomissione totale e nell’umiliazione.

Marina è diversa dalle sue zie e da sua sorella, gode del rispetto della nonna perché immune ai piaceri carnali, come ama ricordarle la vecchia Menina, la quale diede quattro figli a suo marito senza mai mostrargli il proprio corpo. La continenza è l’unica virtù che importa nel gineceo delle Carvalhais Medeiros e lo spirito della zia Guiomar, che si concesse a uno sconosciuto e per questo venne rinchiusa nel convento del Buon Pastore, ancora si aggira tormentato senza più unghie né capelli come un monito perpetuo.

Joao, compagno di infanzia di Marina, esploratore del porto di Fortaleza e avido pescatore di granchi, viene brutalmente imprigionato nel carcere ai margini della città e torturato perché ritenuto colpevole di aver scritto sui muri che la libertà è un passero blu. L’arrivo nella residenza Carvalhais Medeiros di un forestiero muto e misterioso sembra direttamente connesso a una serie di sventure e catastrofi naturali, oltre che collegato in qualche modo alla cattura di Joao, la quale getta Marina in una doppia disperazione: per le torture che vengono inflitte al suo amato e per la scoperta di un segreto che frantuma ogni minima speranza che il suo amore venga mai ricambiato.

Heloneida Studart è stata la madre del femminismo brasiliano, scrittrice per ripicca, donna politica e giornalista per vocazione; nel libro agiscono figure femminile drammatiche, donne che si consegnano al loro destino rimanendo ad esso fedeli come ad una profezia. Tra gli imponenti alberi di anacardi e i pigri movimenti delle onde del mare si innesta il sincretismo religioso: chiave di lettura del reale per il popolo martoriato dalla povertà, contrastato dalle leggi della fisica e dal sentimento politico e partecipativo dei giovani eroi di una resistenza ideale.

Nel libro si fa cenno a “feticci” e a “incubi collettivi” per sottolineare la matrice onirica delle reazioni umane di fronte alle tragedie che li colpiscono, in un paese sospeso tra sogno e realtà, tra il sonno e la veglia delle membra sfiancate dalla fame e dalla miseria. Marina si trova divisa tra le due anime del sentimento popolare: la domestica che l’ha cresciuta come una madre e che le cantava le antiche cantilene creole del Bumba-meu-boi e Joao, che le diceva che esistono solo i ricchi e i poveri e la chiamava Calunguinha (divinità secondaria del culto Bangu e, per estensione, feticcio di questa divinità). Lo stile è fortemente espressivo, magnetico, impregnato di quel realismo magico che elude ogni appiglio logico, come un magma che lentamente inghiotte la coscienza nelle ore calde del giorno, sotto alla mangueira più spettacolare che abbiate mai visto.

Titolo: La libertà è un passero blu
Autore: Heloneida Studart
Editore: Marcos Y Marcos
Dati: 2012, 223 pp., 10,00 €

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One thought on “La libertà è un passero blu

  • Novembre 7, 2012 alle 10:24 pm
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    Bellissima recensione!

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