Mike Schirru, condannato a morte per l’intenzione di far fuori Mussolini

Michele SchirruSi erano lasciati nel Bronx con il padre Mike che sperava per il figlio Spartaco (sic!) un avvenire libero e un’incrollabile fede anarchica. Forse sapendo che da quel viaggio sarebbe potuto non tornare vivo, l’italoamericano Michael “Mike” Schirru parte per l’Italia con un proposito nascosto: fare fuori Mussolini. Uccidere il dittatore per eliminare la dittatura, questa è l’unica soluzione possibile, non originale certo, ma chissà cosa sarebbe successo se davvero Schirru avesse compiuto il suo gesto?

Siamo nel 1929, il fascismo è al culmine del suo successo, dopo aver scampato i rischi dell’Aventino, firmato il concordato con la Chiesa cattolica, instaurato legalmente il “regime” e promesso quelle riforme strutturali di cui ancora oggi si vagheggia in Italia, Mussolini è deciso a “fascistizzare” gli italiani dalla culla alla tomba. Sono anche i tempi in cui Sacco e Vanzetti vengono condannati a morte da innocenti, con l’assoluto disinteresse del regime italiano. In questo orizzonte cresce Schirru, che scrive sul periodico anarchico “L’Adunata dei refrattari”, e si avvicina a figure come Joseph Polidori, che lo sosterrà economicamente nel suo viaggio in Europa. Finisce il il 29 maggio 1931 a Casal Braschi, non lontano da Roma, l’avventura di Schirru, che diventerà la prima vittima del famigerato codice Rocco che prevedeva la medesima pena sia in caso di reato che di tentativo o intenzione.

Impassibile la presenza di Schirru in tribunale, raccontata con lucidità, come tutta la vicenda del resto, dal giornalista Giuseppe Fiori in un libro del 1983, ripubblicato nel 2010 da Garzanti: L’anarchico Schirru. L’uomo giustiziato per aver pensato di uccidere Mussolini. Fiori, già direttore di Paese Sera e senatore per ben tre legislature, ripercorre le tappe di Schirru in Europa, da Bruxelles a Parigi, fino a Milano e infine a Roma, dove sarebbe avvenuto l’attentato. Gli stessi atti del processo consentono all’autore di ricostruire precisamente le intenzioni (è proprio il caso di dirlo) di Schirru, sulle cui tracce per mesi si perdono invano le spie del regime.

Un vestito elegante e un certo savoir faire bastano infatti a Schirru per entrare indisturbato in Italia, con tanto di esplosivo in valigia, celato sotto un abito da sera. Abbastanza per ingannare la polizia fascista, dopo mesi di rapporti riservati inviati dagli Stati Uniti, dove la famiglia di Schirru viene spiata direttamente dal consolato italiano. L’infiltrazione di elementi fascisti tra gli emigranti per controllarne le convinzioni politiche è infatti ormai una prassi, tanto che lo stesso Mike non può più essere certo di fidarsi dei compagni belgi, francesi e italiani. Come un Don Quixote senza aiutante, Schirru decide che è giunto il momento di tentare la sorte e raggiunge Milano poco dopo l’estrosa missione degli antifascisti di Giustizia e Libertà Bassanesi e Dolci, che avevano lanciato volantini contro il regime da un improvvisato biposto in volo su piazza Duomo.

MussoliniMolto più composto e riflessivo è Schirru, che dopo aver incontrato il conterraneo – e celebre già da giovanissimo – Emilio Lussu, si convince della sua missione. Mike sa benissimo che dalla sua azione non potrà uscirne vivo, soprattutto perché ha deciso di colpire il Duce a distanza ravvicinata, come aveva tentato nel ’26 Gino Lucetti a Porta Pia, mancando il bersaglio per un soffio. Lucida è intanto la critica del fascismo, che Mike annota lungo il viaggio: “Loro dicono che l’aumento dei tabacchi è per pagare il debito pubblico” – scrive – “I milioni di dollari che ebbero in prestito sono andati in fumo, e con il fumo vogliono rifarli. I giornali si appellano al patriottismo degli italiani invitandoli a fumare di più”. Continua intanto la corrispondenza con L’Adunata dei refrattari e i compagni di movimento, sempre più braccati dalla polizia americana su segnalazione di quella italiana. Una volta a Roma però, Schirru tentenna, e invece di uccidere Mussolini finisce per essere arrestato il 3 febbraio ’31 nella hall dell’Hotel Colonna, in cui da qualche giorno aveva iniziato a frequentare una ballerina ungherese di nome Anna Lucovszky. Finisce quindi nel modo meno consono per un anarchico la sua avventura in Europa, tanto che sono in pochi tra i suoi compagni a difenderlo da quello che sarà un processo farsa con il solo scopo di condannarlo a morte.

Se però la sua condotta era stata deludente in quanto a troppa eleganza e poca determinazione nel portare a compimento l’omicidio di Mussolini, il suo temperamento si fa stoico nel gestire il processo, presieduto dal deputato fascista Guido Cristini, che riesce a far “giustiziare” Schirru nel “tempo record” di 2 giorni. Il suo scopo era uno solo – spiega candidamente Schirru al fascistissimo Cristini – uccidere Mussolini e liberare l’Italia dalla dittatura fascista. Sconcerto intanto provoca la notizia nella natìa Sardegna, dove la sorella e il padre di Schirru si affrettarono a giurare fedeltà al giudice, e su l’Unione Sarda appaiono queste parole nel giorno della sua morte: “Un senza patria e un senza famiglia, un sanguinario, un amorale che la Giustizia elimina dal consorzio degli uomini.”

Intanto a New York cresce il piccolo Spartaco, di appena 5 anni alla morte del padre, e che invece di diventare anarchico come lui diventerà sergente di fanteria nell’esercito Usa. E negli Usa morirà Spartaco, nel 2005, lasciando dietro di sé l’ultima speranza di anarchia in famiglia.

Titolo: L’anarchico Schirru. L’uomo giustiziato per aver pensato di uccidere Mussolini
Autore: Fiori Giuseppe
Editore: Garzanti
Dati: 2010, 220 pp., € 16.

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