L’arte dell’illustrazione. Intervista ad Olaf Hajek

Cape Town exhibition artwork

Nato vicino a Kiel nel 1965, Olaf Hajek risiede oggi a Berlino, ed è uno degli illustratori più richiesti dentro e fuori i confini della Germania. Senza abbandonare lo stile che contraddistingue il suo lavoro di illustratore – una sorta di realismo magico ottenuto con l’uso esclusivo di colori acrilici su legno, carta e cartoncino -, Hajek ha prodotto negli ultimi anni un numero sempre maggiore di opere personali, che sono state esposte in diverse gallerie in tutto il mondo. Proprio in questi giorni è uscito per la casa editrice Gestalten un libro in cui sono raccolti i suoi lavori – commerciali e non – più recenti, molti dei quali possono essere contemporaneamente ammirati dal vivo nella mostra personale organizzata presso il Gestalten Space di Berlino.

Noi, affascinati e incuriositi dalle sue immagini, abbiamo pensato di fargli alcune domande. Cui lui ha gentilmente risposto.

 RollingStones magazine illustrationCiao Olaf!

Vorrei iniziare parlando delle tue illustrazioni..
Tu non hai mai fatto ricorso a tecniche digitali. Perché? È stato difficile fare in modo che le tue illustrazioni venissero apprezzate in un mondo in cui l’uso del computer è sempre più imprescindibile?

Quando io ho iniziato la mia carriera, circa vent’anni fa, la maggior parte degli illustratori lavorava senza ricorrere al digitale. Per me si è trattato di una questione di stile. Sono sempre stato affascinato dall’aspetto materiale e manuale della creazione. L’imprevedibilità della pittura è molto stimolante. Credo di aver bisogno di questa sorta di sorpresa e amo essere guidato dal materiale e dal colore.
Negli ultimi tempi non è raro che un cliente non comprenda la mia scelta di dipingere, di creare un’illustrazione unica, che non può essere facilmente cambiata. Ma ho anche la sensazione che contemporaneamente molti clienti abbiano iniziato a cercare proprio questo, quell’emozione e quella profondità che solo un dipinto può offrire. E ovviamente sono molto felice di questo cambiamento.

Tu sei un illustratore molto noto, ma recentemente stai concentrandoti sempre di più sui tuoi dipinti personali. Quando lavori come illustratore, ti viene sottoposto un soggetto per il quale tu devi creare un’immagine. Come procedi invece quando si tratta di un tuo progetto personale? Stai ancora “illustrando un soggetto”? Se sì, come lo scegli?

Montblanc advertising illustration

Dal momento che in fondo son sempre stato un pittore, anche quando lavoravo solamente come illustratore, è normale che i miei progetti personali – anch’essi dipinti – siano ancora influenzati dal mio stile illustrativo. Ultimamente però, poiché sono più libero di sperimentare con materiali e colori nei miei dipinti personali, tutti i miei lavori stanno diventando più pittorici e le loro dimensioni stanno aumentando. In fondo mi piace l’idea che le mie illustrazioni e le mie opere d’arte abbiano qualcosa in comune. Storicamente molti artisti famosi sono stati prima illustratori. E credo che anche oggi tra arte ed illustrazione certe volte non ci sia alcuna differenza sostanziale. È una questione di stile, e ovviamente di libertà artistica che il cliente concede. Alcune mie illustrazioni sono così forti ed efficaci che possono benissimo fare a meno del testo che le accompagna. Quanto ai soggetti dei miei lavori personali, si tratta sempre di dar forma alla mia visione del mondo. Il mio scopo è mostrare gli aspetti contraddittori della bellezza, le sue imperfezioni, la sua fugacità ed evanescenza.

Nel mondo dell’arte contemporaneo la lezione di Duchamp sembra essere stata ampiamente recepita, tutto può essere arte, ciò che conta è l’idea e quello che l’artista deve garantire al suo pubblico è un’esperienza. I musei sono pieni di installazioni, arte concettuale e multimediale.
Le tue opere sono figurative, fortemente influenzate non solo dall’arte primitiva e folklorica, ma anche da molti pittori della tradizione occidentale – tra gli altri Arcimboldo, Klimt e Schiele, Frieda Kahlo. Credi che oggi il mondo dell’illustrazione sia una sorta di “ultima riserva” dell’arte rappresentativa? Cosa può offrire al suo pubblico oggigiorno un artista figurativo?

Personalmente io amo dipingere e penso di aver ancora molto da sperimentare, una lunga strada da percorrere. Sono anche convinto del fatto che l’arte figurativa, soprattutto quando si allea con la bellezza, la forza e della semplicità di quella folklorica, sia capace di emozionare le persone. Lo vedo con la mia arte. Ho un pubblico ampio e al suo interno non mancano gli appassionati di arte concettuale. Mi piace l’idea dell’ultima riserva. Credo ci sia sempre un posto per tutti i tipi di arti, stili, idee. La varietà è importante.

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Tu hai vissuto in molte città diverse, e viaggi ancora molto. Come mai hai scelto di vivere proprio a Berlino? Pensi che ci sia qualcosa in questa città – nell’ambiente artistico o al di fuori di esso – che la rende il posto dove ogni artista dovrebbe vivere?

Essendo io tedesco Berlino mi dà la sensazione di essere a casa. È un posto in cui mi sento libero ed in cui posso essere me stesso. Berlino poi è stata la prima città in Germania in cui ho percepito un’atmosfera artistica, e qui posso coniugare un buon tenore di vita con l’apertura verso l’estero propria di una grande capitale europea. Oggi Berlino è sempre più internazionale e questo a me piace molto.

Ed infine, sei soddisfatto del tuo secondo e per ora ultimo libro? Cosa significa per te?

Sì, mi piace moltissimo. Si tratta di un grande passo avanti rispetto al primo, e mostra molto meglio come il mio stile si è evoluto da principalmente illustrativo a maggiormente pittorico, “maggiormente artistico”. E poter mostrare al pubblico tutto ciò che ho prodotto negli ultimi anni sia per le mostre nelle gallerie sia come illustratore è già di per sé una grande soddisfazione.

 

Titolo: Black Antoinette. The work of Olak HajekInvitation
Autore: Olaf Hajek, (editori) R. Klanten e H. Hellige
Casa editrice: Gestalten
Dati: 2012, 144 pagine a colori, 39.90 €