Le Safari dans la Lune par Hugo Cabret

110 anni fa, nel 1902, l’illusionista, inventore e cineasta Georges Meliès produceva il primo colossal della storia del cinema: Le Voyage dans la Lune, 15 minuti di proiezione come non si era mai vista, ispirati a Jules Verne, fatti di invenzioni, effetti speciali, suggestioni e colpi di scena che segneranno profondamente il futuro della settima arte (assieme alle centinaia di altre sue pellicole). Meliès, illusionista e uomo di spettacolo, fu il primo a intuire il potenziale dell’invenzione dei fratelli Lumière, che aveva riprodotto, svincolando il cinema dalla dimensione di fotografia in movimento, adattando lo strumento al racconto di una storia inventando attributi fondamentali come il montaggio, gli effetti speciali o la costruzione di grandi teatri di posa (di vetro, per far entrare la luce del sole) ricchi di scenografie e costumi. Il successo dei suoi film fu grande nei primi anni ‘900 ma andò affievolendosi con il cambiare del cinema negli anni ’10 fino alla bancarotta e il maestro Meliès dovette vendere tutto e scomparire. Vi rimando al 12° e ultimo episodio della miniserie HBO (prodotta nel 1998 da Tom Hanks) From the Earth to the Moon per un bellissimo documentario sulle alterne fortune di Melies e sul suo metodo di lavoro.

In questa fase della vita di Meliès, negli anni ’20, si inserisce il romanzo The Invention of Hugo Cabret di Brian Selznick da cui è tratto il film Hugo Cabret di Martin Scorsese: la storia intercetta un Meliès stanco e deluso (Ben Kingsley) e lo proietta nella mitologia del cinema, costruendo una favolosa e spettacolare leggenda sull’invenzione e la riscoperta della settima arte in cui Meliès dismette i panni del regista e cineasta per diventare uomo, maestro, artista e vera e propria figura mitologica. Il film, girato in 3D, è assieme un omaggio a Meliès, che nei flashback vediamo al lavoro nel suo teatro di posa e di cui vediamo diversi spezzoni di film (in particolare il suo più noto Le Voyage dans la Lune), e un omaggio del cinema delle origini, le star del muto e a tutto l’immaginario che li accompagna: i cinefili possono davvero sbizzarrirsi con la caccia alle citazioni. Dal punto di vista prettamente visivo il film è incredibile (oscar per fotografia, effetti speciali e scenografia, quest’ultima di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo) e Scorsese questa volta sembra aver centrato perfettamente la regia di una grande produzione dopo averci lasciati insoddisfatti con Gangs of New York. Il lavoro sui colori, le sfumature, i dettagli, i costumi è quanto di meglio possiate sperare e il 3D viene incorporato in modo esteticamente magistrale. Davvero non era possibile fare meglio.

Tornando alla trama, protagonista della storia è il piccolo Hugo Cabret, ragazzino orfano di un orologiaio, esperto di ingranaggi e meccanismi che vive nascosto alla stazione di Montparnasse a Parigi cercando di sfuggire agli orfanotrofi con l’unico obiettivo di riparare un automa su cui stava lavorando assieme a suo padre prima di rimanere solo. Grazie a un destino provvidenziale quanto beffardo, come solo una sceneggiatura cinematografica può concepire, la sua strada si incrocerà e si intreccerà a quella di Meliès in modo straordinario, rocambolesco e funambolico, come si addice a un film sul creatore degli effetti speciali, in una corsa avventurosa e suggestiva verso lo sperato lieto fine in cui Hugo trova famiglia e Georges Meliès il riconoscimento che gli è dovuto.

Naturalmente gli eventi vengono ampiamente romanzati, la retorica abbonda e la figura di Hugo Cabret è inventata da Selznick, ma per il resto la struttura narrativa si appoggia alla reale biografia di Meliès: negli anni ’20 l’artista finì davvero solo e dimenticato a gestire con sua moglie (ex attrice dei suoi film) un piccolo chiosco di giocattoli nelle stazione di Montparnasse ed è vero che la sua riscoperta avvenne a inizio anni ’30. Da allora la sua fama non è più stata offuscata e alcuni suoi film sono inequivocabilmente patrimonio dell’umanità, opere immortali che fanno parte della storia del cinema, della tecnica, della narrazione, dell’arte. A partire dal suo più celebre fotogramma, il razzo che si schianta nell’occhio della luna.

E la sua fama continua a crescere e continuerà, ci auguriamo: nel 1993 venne donata da un anonimo alla Filmoteca della Catalogna l’unica copia a colori (dipinta a mano) rimasta di Le Voyage dans la Lune: la pellicola è stata restaurata e presentata a Cannes 2011 con una colonna sonora nuova di zecca ad opera degli AIR, il duo elettronico francese autore del capolavoro Moon Safari (la luna ce l’hanno del dna). Rivedere quei 15 minuti a colori e con una colonna sonora moderna (fantastica, perfetta) è un’emozione. Ma giudicate da voi e poi fatevi un favore, guardate i film di Georges Meliès.

Hugo Cabret – USA, 2011
di Martin Scorsese
con Ben Kingsley, Sacha Baron Cohen, Asa Butterfield
01 Distribution – 125 min.

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