L’inquietante pistola ad acqua di Brad Pitt

La scorsa settimana, mi è capitato di assistere alla conferenza stampa della mostra Il teatro scolpito, in cui sono raccolte una quarantina di testimonianze dell’attività di scenografo svolta dallo scultore Arnaldo Pomodoro negli ultimi cinquant’anni. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il maestro romagnolo ha insistito molto sul fatto che, nello stato attuale di crisi e di reiterati tagli alla cultura, è impossibile pensare di allestire degli spettacoli teatrali o d’opera con scenografie monumentali quali quelle da lui realizzate e che attualmente sono esposte nelle sale e nella piazza antistante a Palazzo Reale a Torino. Annunciando la morte del monumentale, proprio lui che è forse l’artista italiano più presente nelle piazze e nelle rotonde di tutto il mondo, ha contemporaneamente elogiato quei pochissimi artisti contemporanei capaci di dar vita, con nulla o quasi, armati solo di essenziali effetti di luce, a creazioni sceniche tanto suggestive quanto le sue grandi e ridondanti produzioni scultoree.

Un nome tra tutti ha meritato l’ammirazione di Pomodoro. Quello dell’americano Robert Wilson (Waco, Texas, 1941), che, coincidenza tra le coincidenze, è in mostra con un’importante selezione dei suoi Voom Portraits, nella residenza sabauda appena a fianco a Palazzo Reale. I due potrebbero guardarsi, vicendevolmente incuriositi, dalle rispettive finestre. Uno scultore prestato al teatro, non senza successo, e uno dei personaggio più importanti della scena teatrale del secolo scorso e di questo; un uomo che, per naturale visionarietà, era destinato a imporre il proprio nome anche nel gotha delle arti visive.

La mostra Ritratti, come accennato, porta all’interno delle sale barocche di Palazzo Madama, una ricca selezione degli altrettanto barocchi Voom Portraits realizzati da Wilson a partire dal 2004. Si tratta di ritratti filmati che ricalcano lo stile meccanicamente lento e ripetitivo con il quale il drammaturgo e regista americano ha forzato i limiti tradizionali del teatro. Elegantissimi animali e star di Hollywood riempiono gli schermi disseminati tra i dipinti secenteschi della dimora reale realizzando in pieno quella dimensione di inquietante e perturbante spaesamento teorizzato compiutamente da Freud nei primi anni del Novecento, ma di cui già i filosofi romantici e idealisti avevano colto l’ombra.

La ripetitività, si è detto, è un aspetto fondamentale dell’opera di Robert Wilson ed è palese fino all’estremo quando si ha di fronte Steve Buscemi nelle vesti di un sadico macellaio dietro a un quarto di manzo, in cui si sommano piccoli movimenti ossessivamente ripetuti che sembrano dover sfociare in un crescendo che non arriva mai e che proprio per la sua assenza diventa ancor più inquietante, accompagnato dal sottofondo di organetto e dalle tinte verdi e fredde da obitorio.

È la staticità generale a rendere maggiormente insostenibili le poche azioni che Wilson decide di regalarci. Accostare un filmato in cui il viso impellicciato di Johnny Depp rimane fermo sullo schermo per nove minuti a un altro in cui un’irriconoscibile Isabella Rossellini muove gli occhi senza sosta e sfoggia sorrisi isterici da bimba serial-killer, non fa che accentuare ulteriormente la ripetizione senza soluzione di continuità di questi gesti assurdi e l’atmosfera perturbante dell’intero allestimento.

Con questa personale Robert Wilson si dimostra un maestro dell’uso della luce, del suono, dei colori e dello spazio, dotato di un’innata capacità di creare un personaggio vivo, con una storia, grazie a pochissimi accorgimenti apparentemente semplici. Basta una filastrocca di sottofondo e un paio di calzini bianchi di spugna per tramutare Brad Pitt in un uomo segnato a tal punto da un dolore, un tradimento o un’ossessione amorosa, da farlo diventare vendicativo. Quando, con estrema lentezza, alza la pistola stretta nella mano destra, chiunque tra gli spettatori non può fare a meno di aspettarsi il peggio. Al primo spruzzo d’acqua si sentono i sospiri di sollievo, ma nessuno è riuscito realmente a scrollarsi di dosso quell’avvolgente sensazione di inquietudine.

Fino al 6 gennaio 2013
Palazzo Madama
Piazza Castello, Torino
Info: www.palazzomadamatorino.it