Love is a sin for the ones that feel it the most

Leggendo articoli in rete sulle più promettenti novità nell’ambito delle serie televisive inglesi, mi sono imbattuta in un titolo che ha solleticato la mia fantasia: Luther.

La trama sembrava particolarmente convincente: una bizzarra assassina aiuta un detective a risolvere i suoi casi e i due sviluppano un malsano legame di amicizia. Oltre alla presentazione accattivante, un altro elemento di attrazione, per me, è stato il cast. La controversa coppia di protagonisti, infatti, è costituita da Idris Elba (attore e musicista già volto di The Wire) e Ruth Wilson (ottima interprete dell’ultimo adattamento di Jane Eyre sempre prodotto dalla BBC).

La sigla dei massive attack introduce subito in una certa atmosfera metropolitana e malinconica, e, del resto, che altro aspettarsi da un ispettore di polizia messo sotto inchiesta e appena mollato dalla moglie di cui è innamoratissimo? La prima serie consta di 6 episodi lunghi da circa 60 minuti, per scrivere i quali gli autori dichiarano di essersi ispirati a due canoni del genere: Sherlock Holmes e il Tenente Colombo. L’affermazione, almeno in parte, è veritiera dal momento che Luther affronta i casi con una certa metodicità e razionalismo sherlockiani, e che, come negli episodi di Colombo, lo spettatore conosce fin da principio l’identità del colpevole. Nonostante questo, però, la nuova serie BBC risulta piuttosto lontana, qualitativamente, dai modelli cui si richiama. Se volessimo continuare a cercare similitudini tra personaggi e situazioni di Luther e storie preesistenti, ne ricaveremmo l’impressione che questa serie tv sia, sostanzialmente, un mosaico di cliché. Nulla di nuovo nelle figure dei criminali, nulla di nuovo nel modo di svolgere le indagini, nulla di nuovo nemmeno nell’infallibilità dell’antieroe detective. Persino Alice, la killer glaciale e geniale che John Luther affronta nel primo episodio e con cui costruisce, un po’ alla volta, un inquietante rapporto di complicità, è un cliché in tutto e per tutto.

Ma allora perché vedere Luther? Perché siamo degli inguaribili ottimisti e quando vediamo delle buone potenzialità in una storia ci piace pensare che, prima o poi, esploderanno.
La caratterizzazione del protagonista, ad esempio, si distacca piacevolmente dalla figura di leader carismatico freddo, cinico e tendenzialmente anaffettivo che è diventata ormai quasi inevitabile nelle serie tv, da Gil Grissom al dottor House. Luther soffre (è il caso di dirlo) del problema opposto, ovvero una fede profonda nell’amore, una passione che gli brucia l’anima e che non riesce a tenere sotto controllo. Ma la potenzialità migliore della serie è, senza dubbio, il rapporto tra detective e assassino, complicato dalla differenza di sesso e dall’appeal erotico di entrambi.

I casi polizieschi in Luther non sono particolarmente interessanti e lo spettatore è catturato soprattutto dal rapporto dell’investigatore con la bella moglie e con Alice.
Alice, inoltre, è un elemento imprevedibile. Chi può dire cosa farebbe una giovane donna, che ha trucidato i suoi stessi genitori, per aiutare quello che ritiene il suo unico amico? Qualunque cosa, naturalmente, anche uccidere. E questo, com’era facile prevedere, non serve affatto a migliorare la vita di Luther ma, casomai, a renderla ancora più complicata.

Luther alterna un’ammirevole sobrietà narrativa nelle sequenze che mostrano il lavoro investigativo (dialoghi asciutti ed essenziali, personaggi realistici) ad una certa morbosità nel racconto delle azioni criminali; morbosità che, sebbene sia stata già esibita da numerose altre serie tv, continuo a trovare inutile e fastidiosa.
Il personaggio protagonista ha innumerevoli debiti nei confronti della tradizione letteraria hard boiled, ma l’interpetazione di Idris Elba (che gli è valsa la nomination per i Golden Globe 2011) lo rende, nonostante tutto, affascinante. Ruth Wilson, invece, purtroppo tende a scivolare nel ridicolo ma, per sua fortuna, madre natura l’ha dotata di un viso vagamente inquietante che si sposa perfettamente con il suo personaggio.

In definitiva Luther si è rivelato una delusione, ma le notizie sulla seconda serie hanno riacceso le speranze. Forse il nuovo formato – due soli episodi da due ore – consentirà agli sceneggiatori di trovare la dimensione giusta per sviluppare convincentemente sia la trama poliziesca che i rapporti personali di Luther con gli altri personaggi. Ma, soprattutto, ci permettiamo di dare agli sceneggiatori un consiglio spassionato: la completa assenza di ironia può uccidere anche una bella storia, quindi, ogni tanto, per favore, sorridete.

Luther, GB 2010-in corso
ideata da Neil Cross
per il network BBC
con Idris Elba, Ruth Wilson

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3 thoughts on “Love is a sin for the ones that feel it the most

  • Maggio 6, 2011 alle 11:52 am
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    Anche io ho appena finito di vederla! Il cliffhanger finale suggerisce che, forse, nella seconda stagione vedremo “qualcosa di completamente diverso” (per dirla con i Monty Python). Però mi sa che a me la serie è piaciuta un po’ più che a te 😉
    Prossimi “must see”: “Accused” e “Silk”.

  • Maggio 6, 2011 alle 12:00 pm
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    Silk l’avevo già adocchiata. Ti farò sapere 🙂

  • Maggio 6, 2011 alle 12:28 pm
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    Aggiungo anche “Whitechapel” e “Red Riding” 😉

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