Malcolm McLaren. Della nobile arte di fallire

I’m most probably a missing link that a lot of people don’t know. Someone has to tie the loose ends between the Sixties and the Nineties. That has been left open (to me) because no one is aware what artists had to face in the Seventies.

Quando vivi in un mondo dove esiste qualcuno che di mestiere fa il company freak (e parlo del grandissimo Danny Fields pagato dalla Electra Records), o cavalchi l’onda o vieni travolto. Malcolm McLaren si trovava a suo agio a cavalcare l’onda. Il termine “situazionista”, nella sua accezione più prosaica, è stato tagliato per lui, come un vestito.

Il fashion victim del punk arrivò a New York nei primi anni ’70 carico di ingenuità e romanticismo. Secondo quanto lui stesso racconta in un’intervista, stava inseguendo un sogno: una ragazza di cui era pazzamente innamorato che però, appena atterrata, si era fatta una plastica facciale che l’aveva resa irriconoscibile.

Mito o realtà, questo aneddoto descrive bene il personaggio Malcolm McLaren. Si innamorava pazzamente di un’idea, di un concetto e lo perseguiva con una tenacia ingenua, quasi infantile. Poi le cose sfuggivano al suo controllo. Ma in fondo era quello che voleva: pura teoria del caos.

Stilista, impresario, musicista. La sua fortuna inizia con il negozio londinese SEX, aperto insieme alla moglie Vivienne Westwood. Un concept store ante-litteram: abiti di gomma, in vinile, magliette con scritte ermetiche per non dire assolutamente prive di significato.

Sbarca nella Grande Mela per vendere le sue creazioni ad un pubblico di attoniti newyorkesi, che finalmente avevano trovato uno stile per esprimere il loro presunto disagio di vivere. Poi vede i New York Dolls nella loro fase calante. Li vuole a tutti i costi, li ha. Ne fa un prodotto di marketing politico: tutine di pelle rossa e bandiere comuniste. Sbatte Jhonny Thunders e David Johansen in una clinica per disintossicarsi e organizza un nuovo tour. Non funziona, i Dolls sono al capolinea e gli Americani non sono così autoironici quando si tratta di comunismo.

Abbandona quindi il vinile e trova un nuovo idolo: Richard Hell dei Voidoids (e prima dei Television). Sempre strafatto, magliette sporche e strappate, occhiaie in bella mostra, capelli spettinati. L’immagine della blank generation.

Con questa immagine in testa, fa ritorno a Londra e trova un gruppo di ragazzini, senza alcuna dote musicale e senza nessuna idea e crea il suo prodotto più noto: sono i Sex Pistols. Borchie, creste e spille da balia: il punk è qui.

Quello che successe ai Sex Pistols ormai è storia. McLaren però non si è mai fermato, ha continuato a rincorrere i suoi progetti, tanto sconclusionati quanto eclettici ed amati.
Diciamo addio a Malcolm McLaren, che ci ha lasciati l’8 aprile 2010, con uno dei suoi brani più conosciuti, inserito nella colonna sonora di Kill Bill 2, About her.