Mark Lanegan: half way here, half way there

C’è un uomo, un artista, una voce (una leggenda vivente, oserei dire) in grado di ricongiungere tutti i frammenti di rock ‘n’ roll, grunge, blues, garage, folk, di creare un ponte tra anni ’90, anni ’60, presente, futuro e quindi di essere fuori dai generi e fuori dagli schemi. Senza tempo. Quest’uomo è Mark Lanegan.  Figura fondamentale della scena grunge di Seattle, voce degli Screaming Trees, bluesman, amico fraterno di Kurt Cobain (vi dice nulla Where did you sleep last night?), Greg Dulli (Gutter Twins), Layne Staley (Mad Season), Josh Homme (Queens of the Stone Age), autore, interprete, produttore, filologo del folk, del blues e del rock (vedi I’ll take care of you); è impossibile tenere il conto dei musicisti con cui ha suonato, collaborato, che ha nobilitato con la sua incredibile voce. E ogni dannato giorno della sua vita, da una cosa come trent’anni, mr. Lanegan ha cantato. Niente chiacchiere, non una mossa sul palco, praticamente niente interviste, niente di niente. Solo la sua incredibile, mitologica, voce.

Come presentazione credo sia sufficiente. Venerdì scorso Mark passava da Roma, al Circolo degli Artisti, con il suo tour acustico. Non era la prima volta che vedevamo Lanegan dal vivo; l’avevamo intercettato già nel 2001 durante il tour di Field Songs, poi rivisto insieme ai Queens of the Stone Age e poi ancora nella veste di Gutter Twin con Greg Dulli. Concerti indimenticabili, naturalmente, ma che lasciavano sempre un po’ di amaro in bocca perché mai, in quelle occasioni, Lanegan era sembrato davvero a suo agio. Questa voltà è stato diverso: sarà stato l’ambiente piuttosto raccolto, sarà stata la dimensione acustica, sarà forse anche l’età, ma questa volta credo che Mark sia riuscito davvero a dare il meglio di sé.

Noi dal canto nostro siamo riusciti a scattare qualche foto e girare qualche video (davvero lo-fi) ma soprattutto a registrare, in ottima qualità, praticamente tutta la serata. In assoluta esclusiva ve ne offriamo qualche momento anche per avere il piacere di condividere con i nostri lettori qualcosa di sublime.

Che la serata fosse magica l’abbiamo capito fin dall’inizio. Ad aprire per Lanegan, per tutto il tour, è Duke Garwood, tesoro sommerso che siamo entusiasti di avere scoperto: un’altra voce strepitosa e una sensibilità musicale calda e minimale. Da solo sul palco, voce e chitarra, è riuscito a rapirci completamente mentre aspettavamo Lanegan (con il quale pare stia preparando un disco!). E poi ecco Mark, accompagnato alla chitarra dal Twilight Singer Dave Rosser, entrare con la sua voce che arriva da un altro universo. Did you call for the night porter? Sono le sue prime parole, la canzone è When your number isn’t up.

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Il concerto è una summa della sua ventennale carriera: pezzi da ognuno dei suoi dischi solisti, dalla sue collaborazioni (Isobel Campbell, Soulsavers, Queens of the Stone Age), un’immancabile canzone dal repertorio degli Screaming Trees, una manciata di cover tra cui l’inaspettata perla Julia Dream, dei Pink Floyd.

[audio:http://atlantidezine.altervista.org/wp-content/uploads/2010/05/13-Julia-Dream.mp3|titles=13 Julia Dream]

Poco più di un’ora di concerto indescrivibile per intensità, da cui siamo felici di aver portato via qualcosa con noi, in modo da poterlo custodire e condividere, canzoni semplici, intime e perfette come Bombed che su Bubblegum era a due voci con PJ Harvey ma dal vivo non perde nulla e fa letteralmente vibrare dalla testa ai piedi.

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Mark Lanegan ha 46 anni, la sua carriera dura da circa 25. Speriamo duri almeno altrettanti. Siamo certi che lui continuerà a cantare e ad essere a cavallo tra i generi e le definizioni. Half way here, half way there. A traveler.

PS: un sentito ringraziamento a Roberto

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