Alla tomba di Eva: ovunque Lei sia stata, quello era L’Eden

Dal diario di Adamo: Il nuovo essere mangia troppa frutta. Prima o poi ci verrà a mancare. Di nuovo questo CI! Era la parola dell’essere… adesso è anche mia, a forza di sentirla tante volte. Molta nebbia stamattina. Con la nebbia non esco. Il nuovo essere esce. Esce con ogni tipo di tempo e torna con i piedi pieni di fango. E parla. Prima era così piacevole e tranquillo da queste parti.

Dal diario di Eva: Per tutta la settimana gli sono stata dietro cercando di fare amicizia. Sono stata io ad attaccare discorso perché lui è timido. La cosa non mi crea problemi. Sembrava contento di avermi lì e io ho usato non so quante volte il socializzante “noi” perché sembrava potesse lusingarlo il fatto di essere incluso in qualcosa.

Mark Twain è morto cento anni fa precisi ma ciononostante è riuscito a ritrarre un quadretto spassoso e realistico della coppia contemporanea. Certo dalla sua aveva un reperto archeologico autorevole, il diario del nostro comune progenitore, «ho decifrato alcuni dei geroglifici di Adamo e ritengo sia diventato decisamente interessante come figura pubblica, tanto interessante da giustificare a pieno questa pubblicazione», però (specie in un contesto in cui l’umorismo che ci propinano è quello da animazione da crociera) come si ride leggendo queste pagine si ride di rado.

Questo è un libro che racconta il confronto universale fra l’uomo e la donna, e riporta tutte le sottili o plateali differenze tra un uomo, Adamo, ancora non cosciente di esserlo, e una donna, Eva, desiderosa di spiegare ad Adamo chi sono e perché sono lì, pur non avendone assoluta idea essa stessa.

Il piglio dell’una è deciso e autoritario tanto quanto la condiscendenza dell’altro è mite. Le avventure in cui si lancia l’una sono tanto sconsiderate quanto la cautela dell’altro sia diffidente e accorta. E, a voler ragionare col senno di poi, forse Eva non avrebbe fatto male a dar retta, per una volta!, ad Adamo quando le suggeriva di lasciar stare l’amicizia col serpente e rinunciare alle mele.

L’umorismo di Twain (l’autore, nel saggio Three Statements of the Eighties, afferma di credere in Dio ma non nei messaggi, nelle rivelazioni o nelle Sacre Scritture) sovverte l’autorevolezza dello scritto biblico rendendolo ironico e brillante. Non c’è traccia di religione (di nessuna delle religioni che conoscono Adamo ed Eva) e non potrebbe essere altrimenti, vista l’irriverenza che il racconto non si schernisce di mostrare nei riguardi dei nostri illustri e peccaminosi avi; c’è piuttosto una vena di compiacimento nel considerare l’universale attualità dei due protagonisti e nel prendere atto di come sia ambivalente questo sentimento straordinario che definiamo “amore”: «Se mi chiedo perché lo amo, scopro di non saperlo e che saperlo non mi interessa» (Eva).

Non c’è da cercare una risposta. C’è da sorridere e godere della dolcezza del lieto fine.

Titolo: Il diario di Adamo ed Eva
Autore: Mark Twain
Editore: Cavallo di Ferro
Dati: 2010, 96 pp., ill., 12,50 €

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