Una vita tra sacrifici e fiori di ciliegio

Ogni volta che si legge un libro dopo aver visto la sua trasposizione cinematografica si ha qualche difficoltà ad esprimere dei giudizi puri. Non foss’altro che per la natura delle immagini, più immediate della parola scritta e che ad essa si vengono a sovrapporre. Spesso riaffiorano allamemoria anche le musiche, condizionando quindi l’atmosfera di un romanzo. Ma Memorie di una geisha è prima di tutto letteratura e lasciamo ad altri lo sterile quesito se sia meglio il libro o il film. Semplicemente, sono due cose diverse.

Per quanto mi riguarda, tanto di cappello ad Arthur Goldenper aver descritto con dovizia di particolari e sensibilità femminile pensieri e sentimenti della protagonista, arricchendo la narrazione di dettagli storici e paesaggistici, ai limiti del pittorico. Come dimenticare ad esempio il volto del padre di Chiyo, scavato dalle rughe e immobilizzato in un’espressione arcaica da una mistura di povertà, fatica, rassegnazione? E come non paragonare la descrizione della casa ubriaca all’arte espressionista?

Tutto il materiale del romanzo è infatti connotato da una visione emotiva delle cose, inaugurata dalla piccola Chiyo, che dopo poche pagine viene strappata alla umile famiglia di origine perché diventi una geisha. Lasciando un padre sopraffatto e una madre morente. La bambina fa così un balzo violento dal suo amato villaggio a picco sul mare alla grande città, Kyoto, dove viene affidata ad un okiya (la casa delle geishe). Il passaggio ad un’altra realtà rappresenta la fine di un’infanzia spensierata, per quanto indigente. Sentimenti adulti e crudeli si impongono davanti ai suoi occhi grigio-azzurri, gli stessi che la renderanno dopo qualche anno una celebrità. Ma non prima di aver vissuto un lungo periodo di sofferenza, durante il quale ogni suo tentativo di fuga viene punito, fino a quando la delusione delle padrone di casa si ritorce contro di lei, trasformandola in una schiava. Gli anni si susseguono e noi assistiamo alla crescita di questa bambina, che si sviluppa quasi in tempo reale, permettendo così un’immedesimazione appassionata.

Il punto di svolta nelle sue speranze è rappresentato dall’incontro con il Presidente, una figura quasi mitologica perché l’unica a rivolgerle delle gentilezze dopo anni di maltrattamenti, perpetrati soprattutto da Hatsumomo, la dissoluta geisha del suo okiya, turbata da un violento senso di competizione. Ma la vera salvezza è Mameha, la geisha per eccellenza, che la adotta come sorella minore per insegnarle l’arte di servire gli uomini ricchi, potenti e soli del Giappone anteguerra. Un destino triste, se letto con gli occhi di una donna occidentale. Ma non per le poche fortunate che, per merito della bellezza, scampavano a un destino di povertà, sostituito da agi, arte e cultura. Una gabbia dorata, dalla quale Chiyo (ormai Sayuri), alla fine, fugge per amore, un sentimento severamente proibito a chi aveva consacrato la sua vita al piacere altrui. Ad accogliere il suo sogno, una New York moderna dalla quale la protagonista inizia il suo racconto in prima persona, ormai libera e felice.

Titolo: Memorie di una geisha
Autore: Arthur Goldenper
Editore: TEA
Dati: 1997, 571 pp., 10,00 €

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