In TV tornano le famiglie: cosa cambia, cosa resta

Modern FamilyModern Family riporta sul piccolo schermo la buona vecchia family sit-com americana, quella in cui non “succede” mai molto: semplicemente il tempo passa, la famiglia si evolve, i figli crescono, i fidanzati passano, piccole frizioni fra fratelli, cognati, nuore e generi emergono e si risolvono e l’azione si svolge quasi esclusivamente dentro le mura domestiche. I creatori, Christopher Lloyd a Steven Levitan, evitano il vintage vero e proprio e preferiscono il mockumentary come espediente e formato narrativo: quello che vediamo non sarebbe quindi una fiction ma un documentario, di cui la famiglia Pritchett è protagonista. Tutta la questione del documentario, in effetti, rimane sapientemente “suggerita”: non si danno mai spiegazioni sulla sua origine, non ci sono voci fuori campo o operatori e non c’è modo di immaginarsi le videocamere in funzione, tranne quando sono richiamate, nei momenti topici, da rapidi sguardi dei personaggi.

I protagonisti – in genere le tre coppie adulte – sembrano fare delle interviste periodiche davanti alla videocamera (delle quali vediamo solo le risposte, mai le domande), a commento o a margine degli eventi ripresi durante la giornata; in alcuni casi, la videocamera è usata quasi come un “confessionale” da reality show, creando un simpatico gioco di rimandi con la trama e con gli spettatori.
La serie segue i tre nuclei della famiglia Pritchett, ognuno a suo modo “moderno”, anche se il senso di questa modernità forse si apprezza solo immaginando la storia profondamente contestualizzata dentro la cultura americana (il titolo provvisorio, del resto, era My American Family). Il patriarca, Jay Pritchett (Ed O’Neill), si è sposato in seconde nozze con una donna colombiana molto più giovane di lui, Gloria (Sofía Vergara), che ha già un figlio da un precedente matrimonio, il piccolo Manny (uno straordinario Rico Rodriguez); battibecchi e luoghi comuni sui latinos sono all’ordine del giorno, ma si risolvono sempre d’amore e d’accordo.

Claire (Julie Bowen), la figlia maggiore di Jay, sposata con Phil Dunphy (Ty Burrell), è la madre di tre adolescenti: Haley (Sarah Hyland), sciocchina ma bella e “popolare”, Alex (Ariel Winter), la secchiona della famiglia, e il piccolo Luke (Nolan Gould), il più imbranato di tutti. Quello di Claire è il nucleo centrale della storia, sia per la quantità di personaggi autonomi che la casa contiene, sia perché si tratta dell’assetto familiare più tradizionale: papà e mamma stanno insieme da sempre e si amano ancora come il primo giorno. Più specificamente, Claire è la tipica madre americana che finisce il college (perché è un’esperienza formativa imperdibile, come spiega a Haley per convincerla a studiare di più) e comincia una carriera, ma la mette subito da parte perché allevare figli è un lavoro a tempo pieno – per il quale nessuno la ringrazia mai abbastanza. Il personaggio di Claire polarizza tutte le fissazioni ossessivo-compulsive di una mamma casalinga che nemmeno dieci stagioni di Desperate Housewives sono riuscite a rappresentare con altrettanta intensità; la “modernità” (sempre nell’accezione USA), in questo caso, è data piuttosto da Phil, un marito/padre che si discosta per dolcezza, attenzioni e mancanza di severità dal modello di vero uomo del suocero, e ne subisce infatti gli occasionali strali.

Il terzo e ultimo nucleo dei Pritchett è quello composto da Mitchell (Jesse T. Ferguson) e dal suo compagno Cameron (Eric Stonestreet), che all’inizio della prima stagione hanno appena adottato una neonata vietnamita, Lily. Questo è l’unico elemento di vera novità della fiction, dal momento che le vicende della coppia gay non si discostano in alcun modo da quelle (si legga: altrettanto deliranti!) del resto della famiglia; l’omosessualità, inoltre, non viene mai posta come un problema, almeno per i più giovani: qualche accenno alla passata difficoltà di Jay ad accettare le scelte di Mitchell serve solo a conferire credibilità ai rispettivi personaggi. Anche fra Mitch e Cam la divisione dei ruoli è forte e chiara: uno lavora come avvocato e mantiene la famiglia, l’altro rinuncia alla professione di insegnante di musica per stare a casa con Lily; ma, trattandosi di due uomini, la questione viene almeno “problematizzata” e discussa, con alcune scene molto belle sulla conciliazione fra maternità e mascolinità.

L’idea che, nel momento in cui formano una famiglia, i gay “diventino normali” è senza dubbio il massimo di concessione che una serie prime time potesse fare all’universo LGBT e a mamme e papà omosessuali, portando in scena degli improbabili American suburbs in cui la discriminazione basata sull’orientamento sessuale non esiste – o comunque non tocca i ricchi. A conti fatti, persino l’intramontabile Happy Days era più moderno di così, con la signora Cunningham, casalinga senza dubbi del boom postbellico, che sembrava saltata fuori dalle pagine di Feminine Mystique di Betty Friedan e la nuova generazione che si avviava a fare e diventare, nella vita, qualcosa di completamente diverso dai loro genitori.

Ma i personaggi di Modern Family sono tutti ben costruiti e perfettamente credibili, incluso il dodicenne colombiano con “un’anima molto antica” che veste il blazer per portare una compagna di classe in gelateria; il ritmo della narrazione è incalzante, il gioco spettatore-videocamera è molto equilibrato e le vicende sono sinceramente divertenti: se avete una famiglia, una qualsiasi, preparatevi a ridere tantissimo e a tirare fuori dall’armadio tutti i vostri piccoli scheletri … L’attesa terza serie – in cui Mitch e Cam potrebbero adottare un altro bambino – in onda a settembre sulla ABC.

Modern Family (US, 2009-in corso)
serie ideata da Christopher Lloyd e Steven Levitan
per il network ABC
con Ed O’Neill, Sofía Vergara, Julie Bowen, Ty Burrell

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