Narcisismo, oggi: culto di sé o creativa ricerca di senso?

Lou Andreas Salomé, celebre scrittrice e psicoanalista, nel 1921 pubblica il libro Il narcisismo come duplice tendenza e in esso, non a caso, cita i versi del poeta Rainer Maria Rilke: “Io non voglio disperdermi, io aspetto, persisto, ma hanno fretta tutti i miei confini”. Indizi di una volontà di mantenere i confini individuali e insieme di espandere i limiti del sé per un impellente desiderio di onnipotenza. In quali e quanti modi è stato declinato il mito di Narciso, uno dei simboli più emblematici nella storia dell’immaginario occidentale, da che Ovidio nelle Metamorfosi ha eternato la storia del fanciullo che si specchia nella fonte, storia peraltro già circolante nell’antichità? Una storia rinarrata e reinterpretata più di ogni altra, connotata dal turbamento e dall’inquietudine propri della nostra condizione umana. E nell’epoca delle passioni tristi che cosa è questo proliferare di cultura narcisistica tanto diffusa quanto stinta che riduce il fenomeno a culto scialbo della propria modesta persona, non degno neanche più di una classificazione tra i disturbi psichiatrici?  Oltre il racconto ovidiano, chi vede e cosa coglie nel riflettersi Narciso; cosa genera in lui sofferenza? Narcisismo,oggi è il titolo del bel convegno organizzato dall’associazione culturale Dialogos (presieduta da Pietro Bria, con il coordinamento scientifico di Roberto Calindro, Francesca Ferragine, Sofia Ibarra, Giusi Tartaro) nel magnifico scenario della Foresteria delle monache camaldolesi di Roma. Come da cifra stilistica dell’associazione, il tema è stato affrontato in prospettiva transdisciplinare (tra psichiatria, psicoanalisi, letteratura, arte, filosofia, cinema e anche resoconti di  esperienze cliniche).

Massimo Fusillo, professore di letterature comparate all’università dell’Aquila, nella sua lectio magistralis ha ricordato la speciale lettura che del narcisismo hanno dato autori celebri e quali tendenze interpretative  hanno avviato. Dalla demonizzazione innescata dal libro di fama mondiale La cultura del narcisismo scritto dal sociologo statunitense Christopher Lash nel 1979, alla ‘promozione’ nel libro di Paul Zweig poeta e scrittore americano, L’eresia dell’amore di sé, storia dell’individualismo sovversivo nella cultura occidentale, apparso già nel 1968. Zweig  considera il narcisismo un mezzo per preservare il sé dalla dispersione della vita sociale. Fino a La ricerca del Sé, del 1978, testo dello psicoanalista Heinz Khout che lo valorizza nella pratica analitica e ne fa un elemento fondamentale della salute psicologica stessa. Mentre Freud, nel dare avvio all’indagine psicoanalitica sul tema, cade nell’errore d’intendere il narcisismo finalisticamente come fattore psicogenetico dell’omosessualità. C’è il Narciso artista, demiurgo, poeta, Dio. Per questa via si incontra il filosofo Friederich Schlegel che nel 1798 scrive: “i poeti sono in realtà sempre narcisi”. In gioco è l’immagine: da Leon Battista Alberti che proclama Narciso l’inventore della pittura, alle attuali dimensioni virtuali il passo è breve e si interseca con il tema del doppio. Dal film del 1913 Lo studente di Praga alla video arte di Bill Vìola che nel video The reflecting pool dà una versione di Narciso legata alla natura, all’immersione nel tutto di stampo neorinascimentale. Nel Web del cyber sex e della cyber flanerie “lo specchio di Narciso diventa specchio di Dioniso”: attenzione dunque ai Titani in azione e al pericolo patologico dell’estrema frammentazione di una soggettività labile, sminuzzata, triturata se non  polverizzata.

Tra il narcisismo di vita e quello di morte, bene individuati dallo psicoanalista André Green, l’identità attuale si configura, a parere dello psicoanalista Lucio Russo, come una ‘stabilità instabile’ che ci mette a rischio continuo. Fluttuiamo in un ‘narcisismo mobile’ tra la tensione alla fusione simbiotica (quale nostalgia della madre!) e la molteplicità di identificazioni a cui siamo soggetti, le tante identità sociali: è la bilancia economica di cui parlava Freud. Tra amore di sé e capacità d’amare l’altro, il rischio è la deriva in un edonismo identitario sterile. Fiorangela Oneroso, professore di Psicologia Generale all’università di Salerno prendendo spunto dall’invenzione caravaggesca di un Narciso che si rispecchia in un’acqua immobile, quindi è un rispecchiamento eterno e fuori del tempo, ha voluto porre l’attenzione su ciò che del mito sfugge, pare chiaro e non lo è, e costituisce il nucleo centrale della psicoanalisi di ieri come di oggi: “la questione del dolore psichico, narcisistico”. Siamo poi tanto sicuri che Narciso si innamori di sé? Chi vede nell’immagine? Non può abbracciare l’altro che vede riflesso, l’immagine crea l’illusione. L’altro riflesso è muto, non ha la parola. Che razza di amore è questo? Le nostre proiezioni immaginative non ci permettono di incontrare l’altro. L’autoinganno non dura, subentra il pensiero, la coscienza, il dolore della consapevolezza dell’autoinganno, della separazione, della finitezza dell’essere, quindi “di essere incapaci di rendere reversibile ciò che è irreversibile, il tragico dell’esistenza umana, il non poter cambiare la realtà”. Allora la scelta diventa quella tra il regredire, il ripetere, o il saper rinunciare alla totalità per accettare la molteplicità. “Narciso rinuncia alla vita di fronte a questo dolore della realtà e dei suoi limiti imposti al desiderio, ma essendo creatura di mito si tramuta in fiore, è fortunato anche nella morte”. Il narcisismo di morte fuori dal mito si tramuta in tante patologie: disturbi alimentari, dismorfofobie diffuse, cura ossessiva del corpo. Il poeta Thomas Stearns Eliot ci ricorda che l’uomo non sopporta molto dolore e il pensiero genera dolore. “Narciso ‘puro’ muore se accede al pensiero; altrimenti non muore, resta in noi come nucleo fondante di vitalità e creatività”.

In ambito clinico, l’indicazione di Flavio Nosé, psichiatra e psicoanalista, è che narcisismo rischi di diventare una parola passepartout e non serva proprio a niente nel trattamento delle psicosi. È in gioco la sofferenza di chi non riesce a riconoscersi e si sente disgregato. Per Corrado Pontalti, psichiatra e psicoterapeuta, “il primo grosso intoppo narcisistico è che è intollerabile il fatto che non si possa tornare indietro, intollerabile è la pietrificazione del tempo”. Ricchissimo il programma dei due giorni di convegno: tanti, forse troppi, narcisi al fuoco dell’indagine multifocale. Si è tenuta la proiezione del film di Alexander Sokurov, Faust (vincitore del Leone d’oro alla mostra del cinema di Venezia del 2011), così da poter collegare due miti che ci parlano sempre del doppio e della questione identitaria, con tanto di possibile scivolamento nel delirio di onnipotenza. Per Sarantis Thanopulos, psichiatra e psicoanalista “perché la vita sia vissuta degnamente è necessario andare all’incontro con il proprio doppio. C’è nel mito di Narciso ma anche nel Faust una violenza preesistente che si ripete. Eros si muta in thanatos, Narciso rifiuta chiunque, non è in rapporto se non con se stesso, tragicamente, in absentia”. Il mito si ripete in certi deliri di onnipotenza odierni, di individui, rappresentanti istituzionali e politici, come di stati tra negazionismo,cinismo, totalitarismi. Il filosofo Renzo Mulato ha posto l’accento sul ‘ri-flettere’ in quanto possibilità umana sempre data di tornare sull’agito; facoltà di ripensamento; sguardo che va alla ricerca del senso e del limite  contrastando lo sconfinamento dell’io.”Regrediamo a forme primordiali se non si riacquista la capacità di autocritica in forma faustiana. Interi paesi sono espropriati del potere di decidere del loro destino. Ciascuno ha una responsabilità primaria di tipo ontologico”. Narciso è simbolo dell’impossibilità umana di incarnare l’identità pura come di incontrare l’alterità pura: amare sé come amare l’altro è accettare il limite. La sfida di oggi, allora, è non lasciarsi travolgere dalla dilagante deriva umana di insignificanza; invece espandere in sé il narcisismo creativo e salvifico, alla perenne ricerca di senso, ben sapendo che il senso è multi verso e contiene in ogni istante anche il non senso.