Non l’ho letto ma mi piace – Ep. 13

Rubrica arbitraria, casuale e insindacabile di segnalazioni letterarie su libri che non abbiamo ancora letto, ma che comunque vi consigliamo. E se poi avessimo ragione noi?

“Ho scoperto Robin Hobb, secondo pseudonimo di Margaret Astrid Lindholm Ogden (il primo è quello usato per la pubblicazione di celebri romanzi fantasy-contemporanei, Megan Lindholm), ritrovandomi tra le mani un volume dalla copertina un po’ pacchiana con colori sgargianti e toni zingareschi molto carichi. Mi sono detta, questa saga dei mercanti di Borgomago non s’ha da leggere. Poi l’ho letta, invece, convinta da cosa non so, e ho fatto molto bene, perché ho scoperto una delle più grandi autrici di fantasy epico-medievale e una delle storie (in mezzo al guazzabuglio di storie tutte uguali) più originali per ambientazione e tono. Il luogo è il mare, anzi, si può restringere lo spazio a una nave; una nave simbolo di un mondo a parte capace di muoversi in uno ostile come quello marino, sconfinato e caratterizzato da tempi molto dilatati, e al contempo capace di raggiungere la terra e ad essa essere radicata e radicarsi con tradizioni familiari, intrighi politici e magia secolare. Per questo, mentre aspettiamo i mercanti di Borgomago (che Fanucci sta per pubblicare) pensiamo che Il mago della foresta non potrà assolutamente essere da meno; del resto sul New York Times Book Review si dice che: con un linguaggio brillante e il tocco garbato delle fate, Robin Hobb è autrice di romanzi davvero epocali. [Barbara Ferraro]
Robin Hobb
Fanucci, 768 pp., 25,00 €

Schermo piatto non l’ho letto ma mi piace perché il titolo è molto simpatico, perché stimo Slow Food e le idee che promuove comunicando e studiando la cultura del cibo in tutti i suoi aspetti e soprattutto dandoci modo di educare il nostro gusto condendolo con la coscienza della salvaguardia dell’ambiente e della promozione di nuovi modelli alimentari rispettosi delle tradizioni e delle identità culturali. Schermo piatto è un libro in due tempi, leggo sul sito della casa editrice. Nel primo, un viaggio attraverso il cibo nel cinema, interpretato dalla personalità del viaggiatore-autore e fatto di inclusioni ed esclusioni, soste, esplorazioni, passaggi. Un invito ad arricchire questi percorsi con appunti personali. Nel secondo si passa al racconto, con undici storie che portano il cinema in cucina o il cibo dentro lo schermo, rivelando moltissime possibilità di sviluppare l’argomento e moltissime chiavi di lettura. [Maddalena Bonparola]

Antonio Attorrei
Slow Food editore, 14,50
Bruno Arpaia è uno dei personaggi più interessanti della cultura italiana contemporanea. Giornalista, letterato, traduttore, la sua penna è riuscita a ricreare con straordinaria vividezza momenti cruciali della nostra storia costringendoci – con intelligenza – alla riflessione.
Per questa ragione non potevamo farci sfuggire il suo nuovo romanzo, L’enegria del vuoto, nato dall’incontro di Arpaia con una nuova passione, la scienza, e, per la precisione, con la più filosofica delle scienze ovvero la fisica.
Riallacciandosi alla tradizione umanistica italiana che vede l’arte e la scienza indissolubilmente legate, Arpaia usa i teoremi della fisica per costruire l’intelaiatura di un’avincente spy story internazionale, e, allo stesso tempo, usa la sua abilità di narratore per dare voce e corpo a delle teorie scientifiche.
Questa è la storia: una scienziata del cern scompare in circostanze misteriose. Alla sua ricerca partono il marito e il figlio adolescente, intraprendendo un lungo viaggio in auto attraverso le campagne franco-spagnole. Le indagini e i colpi di scena si alternano ai momenti intimisti caratteristici delle road stories. Ma a tenere le fila di tutto sono sempre le teorie e i paradossi della fisica.
Il romanzo di Arpaia sarà avvincente, interessante e sorprendente come si annuncia? Non potremmo affermarlo: “nella scienza non si sa nulla finché non si sperimenta”. [Valeria Vitale]
Bruno Arpaia
L’energia del vuoto
Guanda 2011, pp 266

A due anni dalla pubblicazione esce in edizione economica Il lamento del bradipo, opera seconda di Sam Savage, autore del caso-editoriale Firmino, romanzo d’esordio datato 2006. Protagonista del romanzo è Andrew Whittaker, editore di una rivista letteria, marito, uomo, al centro del vortice di una profondissima crisi professionale, sentimentale e umana. Ma Whittaker non si dà per vinto ed energicamente prova a percorrere tutte le strade, a dar fondo a tutte le sue risorse per rimettersi in piedi. E poi comincerà a riprendere tutti i pezzetti e frammenti della sua vita che troverà e inizierà a rimetterli insieme. Stralci di un romanzo mai finito, risposte agli autori, comunicazioni della banca, lettere della moglie che lo ha lasciato, pagine di diario, liste della spesa: ripescati e archiviati nel disperato tentativo di dare un senso al caos da cui è sommerso. insomma, non sarà stato un caso editoriale ma questa edizione economica vale senza dubbio una bella lettura [Massimo Basile]

Sam Savage
Einaudi (Stilelibero), 238 pp., € 12