Il libro come opera d’arte

Diciamolo subito: Un oggetto chiamato libro di Daniele Baroni (2009, Sylvestre Bonnard) è innanzitutto un libro che toglie il fiato a chi lo sfoglia. Non è un’esagerazione da recensori. Il corredo illustrativo che caratterizza il volume è talmente immenso ed affascinante, per selezione e qualità delle immagini, che porta il volume ben al di là dello scopo dichiarato nell’introduzione (l’analisi del libro nella sua fisicità, come oggetto materiale, appunto). Lo trasforma in un vero e proprio libro d’arte, in una sorta di mostra delle molteplici, proteiche forme assunte da un oggetto che ha accompagnato l’uomo fin da tempi antichissimi, ogni volta mutando, adattandosi, evolvendosi; spesso rendendo sostanziale, ai fini della comunicazione, la sua stessa forma materiale.

Proprio a quest’ultima è dedicata l’analisi di Baroni (che del resto di mestiere fa il grafico editoriale, oltre ad essere docente di Design al Politecnico di Milano). Malgrado il sottotitolo del volume (che lo definisce “Breve trattato di cultura del progetto”), il progetto ha intenti ambiziosi: “un’analisi del libro che vuole essere a tutto campo sotto il profilo delle teorie e delle tecniche, con excursus sulle origini storiche, culturali e artistiche”. Come dire, una breve storia di quasi tutto. Eppure l’ambizioso programma riesce perfettamente realizzato: ed è il libro stesso ad esporsi visivamente ai nostri occhi in tutti suoi dettagli, in tutte le sue evoluzioni, nel corso dei secoli.

Quattordici capitoli per anatomizzare altrettanti aspetti del prodotto libro, in tutte le sue parti: dalla forma materiale ai caratteri di stampa, alla marca editoriale (su cui consigliamo tra parentesi uno studio molto particolare di Hans Tuzzi, il Bestiario bibliofilo anch’esso edito da Bonnard), al frontespizio, alla legatura. Senza dimenticare le caratteristiche esteriori, che alla storia interna del libro si affiancano e sovrappongono, aggiungendo al volume personalità e “un surplus sotto il profilo comunicazionale”: è il caso degli ex-libris, gli stemmi di possesso con disegno e motto che alcuni bibliofili applicano ai propri libri (e se pensate che sia un vezzo da snob, immaginate di averne uno realizzato da Albrecht Dürer o Adolphe Mucha).

Scritto su papiro, pergamena, carta, seta (come le Stanze del Poliziano edite dal grande Bodoni) o persino metallo (le celebri litolatte futuriste), è il libro stesso che si racconta, in una narrazione prevalentemente figurata, funzionale a dimostrare l’assunto ultimo della ricerca di Baroni. E cioè che, a prescindere dal suo contenuto, il libro stesso in quanto oggetto fisico è un potente strumento di comunicazione; che dietro le scelte innumerevoli per cui esso assume di volta in volta innumerevoli forme stanno altrettanti intenti teorici ed ideologici, espressioni di epoche storiche e movimenti culturali. Che, per dirla in breve, il libro nella sua fisicità è espressione artistica e spirituale non meno dei contenuti che veicola.

Per rendersene conto basta osservare gli splendidi trionfi xilografici  barocchi, floreali, esuberanti, che adornano una delle più belle opere dell’ingegno umano, l’Hypnerotomachia Poliphili stampata dal Manuzio nel 1499 e oggi sogno di ogni bibliofilo; o le tavole del’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, indispensabile sussidiario al discorso verbale sviluppato nell’opera ed elemento essenziale della sua intera concezione. O, per venire a tempi più vicini, l’elaborato lavorìo condotto dai futuristi sulla forma fisica delle loro opere: dalle già citate litolatte ai libri bullonati. Ma non solo di illustrazioni sono fatti i libri: e così, ecco scorrere sotto i nostri occhi secoli di ricerche e tentativi per ottenere caratteri di stampa leggiadri o potenti, classici o destruttivi, in quella ricerca del font perfetto che ci ha dato i caratteri “Bembo” e “Bodoni”, o il bellissimo “Dante” di Giovanni Mardersteig.

Un libro tutto da “vedere”, insomma. E un libro che fa riflettere, in tempi in cui si discute se l’epopea del libro come lo conosciamo da secoli sia ormai giunta al capolinea, e se nel futuro ci aspettino solo e-book, libri smaterializzati, irreali. Non sarà troppo, ciò a cui rischiamo di rinunciare?

Titolo: Un oggetto chiamato libro.
Breve trattato di cultura del progetto

Autore: Baroni Daniele
Editore: Sylvestre Bonnard
Dati: 2009, pp. 256, euro 45,00

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