Ogni casa è una storia – una chiacchierata con Paolo Cognetti

Di Sofia si veste sempre di nero ne avevamo già parlato qui. Ma il libro ci ha intrigato a tal punto, sia per i temi trattati che per la struttura insolita, che abbiamo sentito l’esigenza di sederci a tavolino, accendere Skype e iniziare a chattare con Paolo Cognetti. Quello che ne è venuto fuori lo trovate qui sotto. Buona lettura.

Sofia e la sua bambola di carta

[17:05:18] cataldo: È inevitabile parlare del struttura per questo tuo libro. Però io la lascerei un attimo da parte perché quello di cui mi preme parlare è una caratteristica tua che ho riscontrato in tutti i tuoi libri. Ossia che non sei ossessionato dal descrivere il presente. Perché?

[17:08:00] paolo cognetti: Perché penso che serva una certa distanza tra uno scrittore e le cose che racconta. Per lo meno funziona così per me. Distanza nel tempo e nello spazio: questo libro l’ho scritto soprattutto in montagna, sentendomi lontano da tutto. Quanto al tempo, mi sembra solo adesso di riuscire a pensare bene agli anni Novanta, che sono stati quelli della mia adolescenza. Per gli anni Zero mi servirà un altro po’.

[17:09:03] cataldo: Quindi ecco perché sono assenti i device tecnologici che sembrano tanto modificarci la vita oggi, un po’ come questa chat.

[17:09:32] paolo cognetti: Eh sì. In compenso uso un sacco di roba vintage, come le cabine del telefono e le lettere scritte a mano.

[17:11:02] cataldo: Eppure il modo di narrare, la struttura appunto, è estremamente moderna. Sembra ci sia un ritorno di fiamma per il “romanzo di racconti”. La butto là: è come se rispecchiasse l’andamento ramificato della rete.

[17:13:13] paolo cognetti: Sì, un’immagine possibile è quella della rete. L’altra a mio parere è la serie televisiva. Credo che queste strutture, e i nostri tempi in generale, siano contraddistinti dalla velocità e dalla complessità, che solo in apparenza sono in contraddizione. Si può organizzare una narrazione che sia allo stesso tempo breve e complessa? Il “romanzo di racconti” è un tentativo di farlo.

[17:13:53] cataldo: È, in sostanza, una riflessione sul tempo.

[17:14:29] paolo cognetti: Credo che il tempo sia il tema più importante di cui scrivere oggi. Come funziona il tempo nella nostra testa, intendo.

[17:16:23] cataldo: Tu come numi tutelari citi Hemingway e Salinger però io leggendo il tuo libro ho trovato molto anche della riflessione che Bolaño fa su struttura e tempo: i punti di vista sempre diversi e le incoerenze sono parti fondamentali della costruzione del racconto e della memoria nei Detective Selvaggi. E credo anche nelle storie di Sofia.

[17:18:33] paolo cognetti: Guarda, ho una lacuna enorme su Bolaño e infatti la sto riempiendo, ho 2666 proprio qui davanti a me. Ne riparleremo quando l’avrò finito. Per ora posso dirti che il mio vero nume tutelare è Alice Munro: i racconti di Nemico, amico, amante e di tanti altri suoi libri sono splendidi tentativi di rappresentare gli schemi della memoria.

[17:19:35] cataldo: Un altro tema del libro è il nomadismo, tutti i personaggi sembrano inquieti quando stanno fermi. Prova ne sono anche i cambi di location.

Sofia si veste sempre di nero, di Paolo Cognetti (Minimum Fax, 2012)[17:21:34] paolo cognetti: Io direi che il tema del nomadismo si accoppia in Sofia a quello della casa. Lei a un certo punto dice a una sua amica: una casa è una scatola che divide il mondo in due soli spazi, un dentro e un fuori. E io come scrittore sono ossessionato da quel dentro, che poi è l’interiorità dei personaggi: dal modo in cui i personaggi abitano gli spazi e abitandoli scrivono la propria storia. Poi Sofia è una che scappa dalle relazioni che finiscono, perciò giustamente non fa scappare da una casa all’altra.

[17:22:06] cataldo: Anche in questa concezione della casa c’è Alice Munro

[17:22:29] paolo cognetti: Sì, lei dice spesso che una storia è come una casa. Io aggiungo che ogni casa è una storia.

[17:23:05] cataldo: Quindi in sostanza il nomadismo deriva anche dall’esplosione dell’ultima grande istituzione, diciamo così, italiana: la famiglia.

[17:24:26] paolo cognetti: Ecco, qui siamo un po’ nel cuore della storia di Sofia. All’inizio del libro i suoi genitori sono in crisi, e per risolvere questa crisi pensano bene di lasciare Milano e comprarsi una villetta in Brianza. Poi quella villetta sarà la prigione di Sofia e il primo luogo da cui lei fugge. La famiglia in quanto tale la detesterà sempre.

[17:24:54] cataldo: Tanto è vero che nell’ultimo racconto – Brooklyn Sailor Blues – Sofia appare priva di ogni legame

[17:25:39] paolo cognetti: Si è liberata di tutto e pure del bisogno di avere una casa. Diventa una vagabonda. Qualcuno mi dice che il libro sembra non avere un finale, ma a me pare invece un finale coerente con il percorso di Sofia.

[17:27:07] cataldo: Attraverso Sofia, vediamo tutta una serie di personaggi, molto diversi tra di loro per età anagrafica, concezioni del mondo e attitudini. Tu fai delle vere e proprie incursioni nelle loro vite, quanto è stato difficile costruirli?

[17:28:44] paolo cognetti: È stato difficile ma è anche la cosa che più mi appassiona della scrittura, questo scavo dentro ai personaggi che porto avanti fino a sentirli vivi, io per primo. E poi ho usato delle persone che conosco bene. Tranne Sofia e sua madre, tutti gli altri sono miei amici. E la scrittura per me è anche un modo per ritrarre, raccontare le persone a cui voglio bene.

[17:31:06] cataldo: Alla fine devo dire che è proprio Sofia il personaggio più sfumato, meno delineato. Mentre altri, come il padre, arrivano più chiari e diretti ai nostri occhi.
[17:31:27] cataldo: (Disegnata dal vento è il mio racconto preferito).

[17:34:28] paolo cognetti: Secondo me anche Rossana è ugualmente sfuggente. Proprio perché Rossana e Sofia sono la stessa donna con due destini diversi. È vero, c’è qualcosa di inafferrabile in loro e il mio scrivere è stato come un orbitarci intorno, osservarle da tutti i lati, vedere come modificavano gli spazi e le vite delle persone. Probabilmente non sono arrivato a toccarle, come invece mi è successo con Marta o Roberto, e in fondo va bene così. Penso alle Vergini suicide di Eugenides, inafferrabili nella loro casa. A Holly Golightly che lascia la stessa sensazione alla fine di Colazione da Tiffany. (Anch’io sono molto legato a Disegnata dal vento, è la storia di mio padre).

[17:36:30] cataldo: Un altro racconto che mi ha affascinato molto è Una Storia di Pirati che in qualche modo scolpisce la filosofia ribelle di Sofia.

[17:38:04] paolo cognetti: Quel racconto è nato dal grande amore che ho vissuto per un luogo e un gruppo di persone, la Scighera. È un circolo anarchico di Milano ed è un po’ la mia seconda casa. Scrivendo Una storia di pirati in realtà pensavo a noi, che conquistavamo la nostra Tortuga, ci barricavamo lì dentro e trasformavamo la Bovisa nel Mar dei Caraibi all’inizio del Settecento.

[17:39:12] cataldo: Il personaggio di Oscar in particolare  mi è rimasto impresso. È come se il suo spettro si aggirasse per tutti i racconti, tanto da pensare di rincontrarlo.

[17:41:32] paolo cognetti: Infatti mentre scrivevo l’ultimo racconto, Brooklyn Sailor Blues, mi sono detto: non sarebbe più giusto che invece di Pietro, a Brooklyn Sofia ritrovasse Oscar? Era il tipo giusto per finire a fare il marinaio di Brooklyn. Però aveva un carattere molto diverso da quello del mio alter ego. Allora ho fatto dire a Sofia: non è che ci siamo conosciuti a sette anni, e non me lo ricordo più? Insomma un po’ di Oscar sopravvive fino alla fine del libro.

[17:42:16] cataldo: Come lo spirito della giovinezza che si fa fatica ad ammazzare.

[17:43:08] paolo cognetti: Come uno spirito guida, che durante la vita scompare e riappare ma ci conduce in giro per il mondo e per le nostre scelte.

[17:44:14] cataldo: Senti perché hai deciso di chiudere il romanzo su Brooklyn, non ti è sembrato un po’ di giocare col fuoco descrivendo i ragazzi che provano a fare il salto andando in America?

[17:48:02] paolo cognetti: Ma sì, ho giocato col fuoco raccontando la lotta armata e la fabbrica negli anni Settanta, le villette a schiera negli Ottanta, i centri sociali nei Novanta. Sembrano luoghi comuni ma se quelle cose le hai viste coi tuoi occhi sai che sono le vite delle persone. Io a Brooklyn voglio un bene enorme, ci vado da molti anni ormai, in Brooklyn Sailor Blues ho messo tutto quello che conosco di quel posto. Sono contento perché le persone che amano Brooklyn quanto me amano anche il racconto, è l’apprezzamento migliore che potessi desiderare.

Paolo Cognetti[17:50:27] cataldo: torniamo agli aspetti formali, per l’ultima volta, giuro
[17:51:03] cataldo: i vari racconti hanno tutti un narratore diverso eppure l’ultimo sembra suggerire una chiave di lettura che ribalterebbe la situazione
[17:51:43] cataldo: la domanda dunque è: quanto si può sperimentare attraverso il racconto?

[17:54:39] paolo cognetti: Il narratore di tutti i racconti è Pietro, che un po’ gioca con la vita di Sofia. Perché alcune parti gliele ha raccontate lei ma altre se l’è inventate, del resto Sofia gli ha dato il permesso di farlo. Quanto si può sperimentare? Non so, a me i margini della sperimentazione non interessano molto, amo molto alcuni scrittori e cerco di copiare da loro, aggiungendoci ogni volta qualcosa di mio. Di certo sono uno che si annoia in fretta. Questo lo diceva Carver a proposito del suo amore per il racconto. Mi annoio come lettore e come scrittore, perciò ho sempre bisogno di cambiare linguaggio, punto di vista, tempo della storia, struttura narrativa. Il racconto è perfetto per uno come me.

[17:57:46] cataldo: Prima parlavi di serie tv. A me leggendo il tuo libro un po’ mi è venuta in mente Six Feet Under: anche in Sofia si veste sempre di nero sembra che i rapporti sociali, qualsiasi rapporto sociale, alla fine si estingua anche se le persone fanno tutto il possibile per arginare questa fine.

[18:00:09] paolo cognetti: Sì, i rapporti tra le persone si estinguono. E Sofia vive questa condanna in un modo bruciante. Però una persona in questi giorni mi ha detto anche che il mio è un libro molto affettuoso, nel senso che le persone, nella vita di Sofia, si prendono molto cura le une delle altre. Vale per Marta con Rossana e Sofia, per le attrici, per Pietro. Le relazioni sono le vere zone di autonomia temporanea: poi finiscono, ma finché durano sono rivoluzionarie.

[18:01:56] cataldo: Mi piacerebbe tenere questa come chiusa ma non riesco a resistere dal farti l’ultima provocazione: siamo proprio sicuri che questi racconti si possono leggere in maniera indipendente uno dall’altro? Ho l’idea che questo tuo libro sia più romanzo (o serie) di quanto sembri.

[18:02:41] paolo cognetti: Fai una prova, danne uno a caso a qualcuno che non ha letto il libro e vedi cosa dice. Secondo me funziona!


Titolo: Sofia si veste sempre di nero
Autore: Paolo Cognetti
Editore: Minimum Fax
Dati: 2012, 208 pp., 14,00 €

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