La mano dell’uomo

La mostra di Brandon Ballengée al PAV (Parco d’Arte Vivente di Torino), per quanto piccola – l’intero allestimento si risolve in due sale e un filmato – solleva delle questioni interessanti e si lega perfettamente sia al percorso interattivo del museo, che alle opere di land art che ne arricchiscono il parco esterno. Se si aggiunge il fatto che i lavori in esposizione possono essere visti come un assaggio di un’altra mostra dello stesso Ballengée, rivista e ampliata, che si terrà al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino a partire da aprile del prossimo anno, allora l’impressione è certamente positiva.

Le opere di Ballengée testimoniano artisticamente i primi sintomi di un nuovo stadio evolutivo che sta seguendo la natura in seguito alla massiccia interferenza dell’uomo inteso come produttore di inquinamento, agente attivo dei cambiamenti e delle mutazioni sostanziali che colpiscono gli altri abitanti dell’ecosistema Terra. Il titolo della mostra – Praeter Naturam, da intendersi come “al di là della natura” – fa riferimento a quegli organismi anfibi che l’artista e biologo americano ha raccolto durante le sue ricerche e che in seguito sono diventati il soggetto delle opere in esposizione.

Le malformazioni scheletriche e tessutali presentate da questi anfibi sono dovute alla diffusione di parassiti e agenti inquinanti presenti negli habitat fluviali in cui sono stati rinvenuti e, sostiene Ballengée, non sono da considerarsi come delle mostruosità, ma come i primi esempi dei nuovi stadi evolutivi verso cui si stanno dirigendo tutte le specie. Alcuni di questi piccoli esemplari, conservati in glicerina, che possiedono tre, quattro o anche più arti posteriori, oltre ad altre deformità, fanno parte dell’installazione Styx , il cuore del percorso espositivo; una sorta di tavolo da laboratorio in cui si possono studiare i minuscoli scheletri colorati grazie a delle apposite lenti d’ingrandimento. Ognuno di essi viene poi ripreso e amplificato in una serie di fotografie ad altissima risoluzione dal titolo Malamp che, grazie alla tecnica della “compensazione e colorazione” utilizzata dall’artista, danno l’impressione ludica di stare osservando delle radiografie fluorescenti di coloratissimi esseri alieni.

Ballengée sostiene che la sua intenzione non sia quella di scandalizzare, ma, da buon darwiniano, quella di dare conto delle mutazioni che stanno avvenendo senza che ce ne si renda conto. Però, una volta superata la curiosità teorica e la fascinazione estetica generate dalle fotografie, che catturano lo sguardo come delle luminose insegne al neon nella stanza scura, e amplificata dai delicati acquerelli che circondano Turin Po Eco-Displacement – teca che raccoglie fedelmente una porzione di ecosistema fluviale torinese indagato dall’artista in occasione della mostra –, la sensazione che rimane è di disagio. Ballangée, da scienziato, riesce a non giudicare, ma allo spettatore risulta più difficile. È allarmante, infatti, la facilità con cui queste opere e i soggetti anfibi in esse rappresentati immergano la mente in un’inquietante atmosfera fantascientifica.

La mano dell’uomo può essere distruttrice, come ormai dovremmo aver imparato, o comunque incurante delle conseguenze nefaste che derivano dalle sue azioni, ma quella stessa mano può anche trasformarsi in uno strumento intelligente al servizio dell’ambiente. Le quattro opere di land art offrono degli ottimi esempi di come l’uomo possa essere il tramite grazie al quale la natura può riguadagnare i propri spazi, anche in un ambiente come quello del PAV che fino a pochi anni fa era sede di una fabbrica dell’indotto FIAT.

Il Jardin Mandala dell’artista parigino Gilles Clément, ne è la migliore dimostrazione. Si tratta di un giardino percorribile di circa 500 mq che si trova in cima alla collina che custodisce le sale interne del museo. Impiantando specie vegetali che si radicano anche nei terreni più aridi e che sopravvivono senza particolari cure di giardinaggio, Clèment ha inteso mostrare come la natura, lasciata a se stessa, riesca comunque a sopravvivere e a crescere rigogliosa. L’installazione è stata inaugurata nel maggio scorso e le piante disseminate sono ancora giovani; per questo motivo è ancora perfettamente visibile la mano dell’artista nella loro disposizione che segue il disegno di una mandala induista. Presto, però, s’infoltiranno, si innalzeranno, magari alcune fioriranno, ed eccederanno i limiti del disegno, rendendolo addirittura invisibile nella loro nuova selvatichezza, cancellandolo come un monaco induista fa con il suo mandala una volta terminata la meditazione.

Scoprire l’evoluzione di questa e delle altre opere d’arte vivente è un’ottima scusa per ritornare a visitare il PAV, approfittando della possibilità di passare qualche ora seduti tranquillamente nel parco esterno e scoprire di essersi dimenticati di trovarsi accerchiati dal traffico torinese.

PRAETER NATURAM – BEYOND NATURE
Brandon Ballengée

7 luglio – 26 settembre 2010
PAV / Parco Arte Vivente
Centro sperimentale d’arte contemporanea
Via Giordano Bruno 31, Torino