Private Airplane – Il trascinante esordio dei Connections

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Il revival dei ’90 è un vento che spazza forte e fiero l’intero globo e questa è una notizia che mi rende estremamente felice:  sono molte le band che stanno realizzando dischi di  egregia fattura, sia per le canzoni che per l’approccio diretto e senza fronzoli.
Una di queste fa di nome Connections, viene da Columbus, Ohio, e ha appena pubblicato un LP scacciapensieri che porta il nome di Private Airplane (Anyway, 2013).

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I Connections non sono esattamente degli sconosciuti, almeno non lo sono alcuni di loro: il cantante Kevin Elliott e il chitarrista Andy Hampel avevano già dato alle stampe un disco con la Rockathon Records (la band si chiamava 84 Nash), mentre il fratello di Kevin, Adam – che nei Connections suona la batteria -, è voce e chitarra del trio punk-noise Times New Viking (con cui, a mio avviso, coi Connections, condivide l’amore per il rumore e l’artwork delle copertine); e infine c’è Dave Capaldi che suona la chitarra anche nei El Jesus de Magico.  Si sono trovati e si sono messi insieme per dare vita a un progetto nuovo, fresco e diretto che è poi quello dei Connections.
La cifra stilistica della band è rumore e melodie: canzoni veloci, che non superano i due minuti, liriche descrittive (senza disdegnare l’evocazione), accento anglosassone, chitarre distorte. Il risultato è un disco che tira dritto su tinte solari ma con punte di quella malinconia agrodolce che ci piace tanto da queste parti. Quindici pezzi in soli 30 minuti, tutti portatori sani di trasporto, un vortice sonoro, un mondo altro, che i Connections sono davvero molto bravi a ricreare. L’ambientamento poi  è dei più semplici: Finally  è una cavalcata elettrica che ti fa prendere confidenza col materiale sonoro della band; On Your Mind ha il passo melodico dei Byrds mescolato alle distorsioni dei Velvet Underground; Miller’s Grove è un classico pezzo punk anni ’90 mentre Sister City è una microballad acustica dal facile handclapping. Dopodiché si entra nel vivo del disco e canzoni come Cindy, Mall Light, Night Watch, 1980 Called  e I Can Fix Memories ne rappresentano la vetta: melodie contagiose e dal gusto retro, power pop alla vecchia maniera, e ritornelli singalong.

Detto questo potrebbe sembrare il prodotto pop perfetto. In realtà non è così, c’è un’aura di incompletezza che si aggira per tutto il disco, la produzione a presa diretta dà l’idea di un lavoro urgente e istantaneo, di una poetica del qui e ora, piuttosto che di una basata sulla riflessione e sull’arrangiamento. Questo, in realtà, non è una caratteristica che disturba, anzi permette al disco di mantenere una sua freschezza e genuinità, quell’approccio diretto e senza fronzoli di cui sopra. Perciò, amanti della purezza del suono, della ricercatezza delle produzioni,  girate alla larga. Tutti gli altri sono i benvenuti, ve l’assicuro, i Connections vi conquisteranno.

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