Sarà vero?

Esistono due tipi di menzogne. Quelle che mirano, per gli scopi più diversi, ad alterare il passato, come nel caso dell’orwelliano Winston Smith di 1984, il cui lavoro al Ministero della Verità (nomen omen) consiste nel “correggere” le notizie contenute nei vecchi giornali per adeguarle alle sempre mutevoli verità del Grande Fratello. E quelle che sono invece destinate a plasmare di sé il corso degli eventi futuri, producendo reazioni a catena i cui risultati sono spesso stati, paradossalmente, gli eventi chiave della Storia dell’umanità. È il caso dei moltissimi falsi, invenzioni, frodi raccolti da Enrico Buonanno nel suo Sarà vero. La menzogna al potere (Einaudi, 2009, pp. 363, € 17,00).

Così, una lettera ricevuta nel 1165 dall’imperatore bizantino Manuele Comneno, e firmata da un misterioso Prete Gianni che millantava favolose ricchezze e sterminati regni nelle Indie (“il mio regno si estende dalle propaggini del Paradiso fino alla Torre di Babele”), avrebbe messo in moto intere flotte, ricognizioni di geografi, spedizioni inviate dagli uomini più potenti del mondo alla ricerca del mitico sovrano, della sua alleanza, delle sue fortune. Una bufala durata per ben mezzo millennio, e senza la quale, forse, Colombo non si sarebbe messo in viaggio per le Indie, finendo per scoprire l’America. Oppure i Canti dell’antico bardo scozzese Ossian, che contrapponendosi col loro fervore primigenio all’algido e stantìo neoclassicismo dei borghesi contribuirono, nel 1760, a dare il via a quei turbamenti sociali e culturali che sarebbero sfociati nel Romanticismo. Già, peccato che quei Canti fossero una mistificazione, frutto della stessa penna che diceva di averli scoperti e pubblicati, il maestro di scuola scozzese James Macpherson, che creò così uno dei più celebri ed importanti falsi letterari della storia europea. Fino agli orrorifici Protocolli dei Savi di Sion di inizio ‘900, un programma per la conquista del mondo ordita, naturalmente in una riunione segreta, da alcuni saggi ebrei; una rimasticazione in moderno linguaggio delle vecchie teorie del complotto giudaico-massonico, costruita a tavolino e utilizzata poi, insieme ad altro, da Hitler per giustificare la propria propaganda ideologica.

Oltre i casi più eclatanti, una selva di esempi minori: libri falsi, reperti falsi, finti sovrani, impostori, sosia, false società segrete, falsi complotti, falsi nemici. Una mistificazione della realtà che non risparmia nessuna regione, nessun epoca e nessuna classe sociale, e che conferma il detto del temibile Ministro della propaganda nazista, Joseph Goebbels, secondo cui se ripeti cento volte una bugia, diventerà realtà. Ma il libro di Buonanno non è soltanto una galleria erudita (e documentatissima) di notizie, per quanto appassionanti da leggere. È soprattutto una riflessione sull’origine della menzogna, sulla sua funzione demiurgica, creatrice di realtà alternative a cui si dà vita per i motivi più disparati. Il principale dei quali, come la Storia (quella vera) insegna, è la paura. La paura di perdere il potere, il desiderio di consolidarlo attraverso la creazione di nemici in provetta, la necessità di deviare l’attenzione dal reale all’immaginario. La creazione di una realtà ne modifica un’altra; verità e finzione si sovrappongono, e l’uomo finisce per essere un burattino di se stesso, manovrato dalla sua stessa, ormai incontrollabile, potenza immaginifica. Del resto, non diceva Shakespeare che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni? E doveva saperlo bene, proprio lui che, forse, non è nemmeno mai esistito.

Titolo: Sarà vero?
Autore: Errico Buonanno
Editore: Einaudi Stile Libero
Data di Pubblicazione: 2009
Pagine: 366