The Trees are screaming their last words

Screaming Trees Last Words (cover)Scorrere la tua timeline di Twitter e scoprire che è in uscita un nuovo disco di una delle tue band preferite è una delle delizie della vita. Se poi quella band si è ufficialmente sciolta oltre 10 anni fa e di loro non esce nulla di nuovo da 15 anni il godimento è raddoppiato. Se poi ancora non si tratta di una rimpatriata ma di materiale scritto e registrato a fine anni ’90, poco dopo aver messo insieme alcuni dei loro pezzi migliori, l’eccitazione non può che montare alle stelle.

Un po’ di timore di fondo però rimane, perché se un disco degli Screaming Trees, già bello e registrato, è rimasto in cantina per 10 anni, ci sarà pur stato un motivo! Se è vero infatti che il gruppo si sciolse nel 1999/2000 perché i contrasti interni (presenti fin dagli albori, 1985) non erano più gestibili, è anche vero che le cronache riportano che gli Screaming Trees NON RIUSCIRONO A TROVARE UN’ETICHETTA CHE FOSSE INTERESSATA A PUBBLICARE QUESTO DISCO (scusate il maiuscolo ma è una roba assurda). Fatte quindi le dovute premesse e ricordandovi che chi scrive era un adolescente nei primi anni ’90 e oggi è un nostalgico dell’era Grunge, di cui ha la certezza assoluta che i Trees rappresentino uno dei picchi più elevati, ed è perdutamente innamorato della voce e della poetica di mr. Mark Lanegan, passiamo a parlare del disco.

Gli Screaming Trees nel 1985
Gli Screaming Trees nel 1985

Per fortuna nostra Barrett Martin, ultimo batterista dei Trees, ha uno studio di registrazione e una piccola etichetta, la Sunyata Records, che pubblica principalmente la sua roba (oltre al suo libro di prossima uscita e i suoi dipinti zen, cool guy) e ha deciso che era un abominio artistico ed economico lasciare queste registrazioni “a fare la polvere”. E allora il buon Barrett ha ritirato fuori tutti questi bei demo e ha cominciato a metterci le mani insieme al signor Jack Endino. E che Dio li abbia in gloria perché ascoltare oggi, estate 2011, un nuovo, eccellente disco degli Screaming Trees è un’esperienza fantastica, uno straordinario viaggio nel tempo. Ma andiamo ai fatti. Alla ricerca di un’etichetta che volesse pubblicarle, le tracce vennero registrate dopo il tour di Dust e dopo che Lanegan aveva avuto il tempo di dedicarsi alla pubblicazione del suo terzo album solista, Scraps at Midnight, in un clima di pace e serenità completamente estraneo alle normali dinamiche della band. Racconta Martin: “Tutti eravamo sobri e lucidi ed era estate e poi autunno a Seattle, il periodo più bello dell’anno. C’erano un sacco di risate tra una sessione e l’altra che si possono ancora sentire sul nastro. Lanegan era in forma smagliante.” [fonte] Il tutto con ospiti come Josh Homme (in realtà membro della band a tutti gli effetti) o Peter Buck (REM) a fare capolino alla porta di tanto in tanto. Il risultato potete/dovete andare a scaricarlo su iTunes o Amazon ADESSO (oppure potete preordinare il cd, disponibile a fine settembre, qui).

Screaming Trees (Van Conner)Ma parliamo della musica: se siete fan degli Sceaming Trees e da Last Words: The Final Recordings vi aspettate un nuovo Sweet Oblivion significa che siete degli eterni sognatori, ma la notizia è che non rimarrete troppo delusi! Se infatti i vertici assoluti di pezzi come Dollar Bill o Troubled Times non vengono raggiunti, siamo comunque di fronte ad un disco vero (e non ad una specie di accozzaglia di brani scartati o malriusciti, come si poteva temere) di una qualità elevatissima sotto ogni punto di vista, in purissimo stile Screaming Trees, cioè rock and roll diretto e semplice, con tutti gli ingredienti giusti al posto giusto, suonato alla perfezione e con la voce di Lanegan a sublimare il tutto. Canzoni fresche, intense, scintillanti, coinvolgenti una dopo l’altra. Troppo poche…

L’aggettivo che continua a venirmi in mente mentre scrivo e ascolto il disco è ‘perfetto’. E se in realtà non è neanche il miglior disco dei Trees e ovviamente non è un disco perfetto, le canzoni si susseguono senza alcun calo di intensità. L’album si apre con Ash Gray Sunday che è un classico pezzo apripista à la Screaming Trees e ricorda tanto i suoi predecessori Halo of Ashes, Shadow of the Season o Behyond this Horizon: rock and roll con una sottile vena punk e psichedelica senza però rinunciare alla melodia; gli Screaming Trees fedeli alle loro radici, gli anni ’80 e i dischi con la SST. La seconda traccia è Door Into Summer che istantaneamente ti dà l’impulso di pompare il volume al massimo e di imparare il testo per poter cantare a squarciagola insieme a Mark, con i fantastici cori di sottofondo ad innalzare i cuori. L’impulso prosegue e si amplifica con Revelator (pezzone) mentre Crawlspace vira verso atmosfere più cupe e probabilmente è, insieme al successivo Black Rose Way, il pezzo più Laneganiano del disco, e intendo il Lanegan anni ’90, quello tossico e maudit. Poi arriva il turno delle ballate, tre in fila, meravigliose: Reflections, Tomorrow Changes, Low Life (mentre scrivo, il pezzo che preferisco del disco). E poi, troppo presto, la doppietta che va a chiudere la discografia degli Screaming Trees: Anita Grey, un altro pezzo coinvolgente e squisitamente classic Trees così come il commiato, Last Words di cui sarei curioso di leggere il testo. Il disco finisce e ricomincia, il repeat è necessario.

Come sia possibile che gli Screaming Trees siano rimasti un gruppo di nicchia nonostante la qualità eccelsa e l’immediatezza della loro proposta musicale è facile da capire: questi ragazzi sono e sono sempre stati puri e semplici musicisti, passione senza fronzoli, gente che su MTV era completamente fuori posto per tutti i motivi possibili e immaginabili: estetici, caratteriali, attitudinali. E alla fine non credo che a loro dispiaccia più di tanto e francamente non dispiace neanche a me, anzi. Quello che mi dispiace piuttosto è non essermeli mai potuti godere dal vivo dove, chiaramente, spaccavano i culi. A ingolosirmi ancora di più c’è che tutte le tre volte che ho visto Lanegan in concerto lui ha sempre regalato un pezzo dei Trees (Gospel Plow, Dollar Bill, Traveler), definendo tre dei momenti più alti della mia vita di spettatore di concerti rock. Ma se può uscire un disco dopo 11 anni, perché non sperare che alla fine gli venga voglia di farsi un altro giro tutti insieme come ai vecchi tempi? A questo proposito vi lascio con queste altre ultime parole di speranza di Barrett Martin: “Non cerco di essere criptico a riguardo ma davvero non so [se torneremo a suonare insieme]. Siamo in buoni rapporti, siamo amici – una famiglia, seppur in uno strano modo. Questo soprattutto perché siamo diventati adulti, abbiamo famiglia, abbiamo maturato un po’ di sudata saggezza dopo tutti quegli anni. La cosa importante è che abbiamo realizzato degli album che hanno superato la prova del tempo. Io penso che Last Words stia lì insieme a Sweet Oblivion e Dust. Cosa più importante, siamo tutti sopravvissuti come persone. Non poco di per sé.”

Gli Screaming Trees nel 1999 (con Josh Homme)

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