Una crisi d’autore

Ancora non sapete la novità? C’è crisi, anzi c’è una signora crisi guastafeste, in giro sullo scacchiere mondiale da un po’. A ciò si aggiunga che siamo in crisi di valori universali e anche peninsulari. Ma italianamente ricchissimi di debito pubblico nazionale nell’attuale grave momento di cui parla sempre in ogni circostanza pubblica il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ricchissimi anche di grandi eventi,  grandi opere pubbliche, e pazienza se in zona arcivescovado ci scappa qualche scivolone cardinalizio. Nessuno se ne vergogna, nessuno si vergogna più, solo la mozzarella diventa blu. Anche l’anticiclone è entrato in crisi, è diventato parecchio instabile e gli avvicendamenti inverno/estate nel corso di un solo giorno sono frettolosi ed equivoci.

Si arranca, la ripresa è lenta e non basta un piatto di polenta. Le lenticchie non portano più neanche un centesimo d’euro, hai voglia a mangiarne!
Pare sia stata creata a tavolino, la crisi mondiale, quindi locale, che ci costringe nel monolocale tra rate e tassi d’interesse, mai fissi.
Crisi è la parola più masticata, anzi ruminata, mai digerita di questi anni strambi fatti di strambate continue. Crisi finanziaria in principio, spezzatino bancario ed effetto domino. Crisi economica e produttiva, a seguire, ma  ora dal 2009 per la prima volta il vino italiano ritrova la strada dell’export e il prosecco traina le vendite in Gran Bretagna: piace molto alle lady inglesi in alternativa alla birra che gonfia e non i seni. Certi comparti non ripartono: vanno male calzature, abbigliamento, elettrodomestici, sanitari, alcuni farmaci, eccetto ansiolitici e antidepressivi. Anche il mercato della droga in leggero calo: effetto crisi, A Termini Imerese si sciopera per vedere la partita, poi si riparte e si blocca la produzione, e a Pomigliano la panda rischia di diventare una specie in via d’estinzione.

Chissà perché tra le voci di crisi si omette quasi sempre l’editoria, quella medio-piccola per intenderci. La grande ha un’altra storia: vedi alla voce proprietario d’Italia. Le analisi più serie e coscienziose non si spingono mai oltre la constatazione di tagli governativi alla ricerca, alla cultura e di smantellamento della scuola pubblica. C’è un comparto dimenticato o solo mai considerato perché esso stesso sconsiderato. Forse perché, che si stia in tempi di vacche magre o grasse o in tempi definitivamente svaccati, si ritiene che il mondo dei fabbricanti di cultura viva d’aria. Neanche aria fritta, che è un extra. E anche qui si annusa nell’aria di cui si vive, un inizio di guerra tra poveri, sprazzi di cecità preannunciata da Saramago. Qualcuno della “manovalanza culturale” ha deciso di farsi sentire. Non salendo su un carro ponte a venti metri d’altezza, forse più in là salirà sul piano alto di una biblioteca. Per ora si sale in Rete, usando strumenti di trasmissione universale quali blog e facebook.

Scrittori InCausa” è il nome di un gruppo appena nato che si propone d’essere organismo di informazione e di tutela legale degli autori. Verrebbe da chiedersi chi sono gli autori? Come si diventa autori? La neoformazione parte da un dato di realtà: la presenza di una costellazione di autori fatti a brandelli da logiche perverse e da una produzione seriale. “La cosiddetta sinistra con le sue cittadelle culturali, i suoi salotti editoriali, il famoso monopolio intellettuale di cui va tanto fiera – si legge in un comunicato degli Scrittori in causa che circola in Rete – ha una responsabilità omertosa nel non avere messo in discussione il consolidarsi di consuetudini ingiuste e prezzolate in un panorama editoriale che contempla la figura dell’editore come l’unica che valga la pena, veramente, tutelare”. Ognuno cerca, come sa e come può, di trovare una nicchia, qualche volta anticipo della fossa, in un mercato saturo e asfittico, a discapito della qualità: “Negli ultimi anni – si denuncia – si sta assistendo a un vertiginoso incremento della produzione letteraria, un sistema fatto di numeri, una sorta di gara, tra gli editori, a chi pubblica di più con gravi conseguenze e danni per la figura dell’autore: non promosso a dovere, non sorretto, nel lavoro di editing da figure professionali capaci (gli editor bravi si pagano, molti editori, quindi, preferiscono farne a meno) e, come se questo non bastasse, incastrato in logiche contrattuali assolutamente svantaggiose.

  • L’autore, chi è costui? –  L’autore, specie esordiente, sembra subire “con un ridicolo atteggiamento reverenziale” un contratto che finora non è stato mai messo in discussione nella sua ossatura fondamentale e che dovrebbe essere negoziato “tra due parti teoricamente paritarie”. Qualche giuslavorista dovrebbe lavorarci su.
  • Quale diritto d’autore? Quale compenso? – Scrittori in Causa contesta il sistema delle royalty: il diritto d’autore, come si sa, consiste in una piccola percentuale che spetta all’autore sulle copie vendute. “È convenzione editoriale, a tutt’oggi accettata acriticamente dall’ambiente editoriale tutto, che il lavoro dello scrittore non abbia il minimo valore in sé, ma solo in proporzione alle vendite che ne seguiranno”.
  • Bollino argentato, controllo inficiato – Secondo Scrittori in Causa, il sistema ufficiale che ha l’autore per controllare il numero reale di copie vendute di fatto non si attua. Il bollino argentato della Siae che dovrebbe essere applicato per legge su ogni copia, non viene spesso apposto, anche da parte di editori illustri, si sostiene. “Le copie vendute senza bollino sono copie fantasma, la cui rendicontazione è del tutto arbitraria”. E qui si dice che “dal momento che siamo in tema di evasione fiscale, sarebbe necessaria la presenza di una terza parte competente deputata al controllo dell’effettivo venduto”.
  • Il conto per favore, anzi, il rendiconto! – E a proposito di rendiconti, gli scrittori sottolineano che devono prendere per buoni quelli che gli editori inviano, se li inviano, quando li inviano, non avendo alcuna possibilità di riscontro. Rendiconti di diritti d’autore, somme ridicole, spesso neanche pagate. Anche il diritto d’opzione, inteso come vincolo a pubblicare per tot anni con lo stesso editore, secondo Scrittori in Causa, va rimesso in discussione e abolito.
  • Macero ragionato e non solo a Macerata – Il macero è lo spauracchio degli autori. “Se un libro non vende, se è uscito da un bel po’ di tempo e intasa i magazzini, l’editore può scegliere di mandarlo al macero. In alcuni contratti è scritto che deve avvertire l’autore che può scegliere di acquistare i libri a prezzo ridotto. Attenzione: a volte questa comunicazione non avviene!”. Il macero può essere “una formula ingannevole per occultare delle copie vendute”. Proposte: obbligo di comunicazione all’autore, indicazione da contratto delle copie distrutte.
  • Editoriale etica – Può esserci, basta vigilare. Come i consumatori, devono esserci autori critici e non subalterni. “Esistono molte case editrici, grandi e piccole, eticamente corrette e altrettante scorrette – evidenziano gli Scrittori In causa – Ebbene, sarebbe un’ottima prassi scambiarsi informazioni in merito: gli editori che pagano e quelli che non pagano, quelli che ti sostengono a dovere nel lavoro di editing e quelli che non lo fanno, quelli che promuovono e quelli che non lo fanno, quelli trasparenti e quelli che ti imbrogliano sul numero di copie vendute”. Insomma occorrerebbe dare il via a un cicaleccio superando i pudori, i condizionamenti, un senso di reverenziale subalternità, ma a fin di bene: per scremare le case editrici, aiutare il mercato editoriale ad auto pulirsi, come fosse un forno autopulente. Un metodo, quello del chiacchiericcio spinto e del passaparola “sicuramente più utile dei gossip sui retroscena dei salotti, dei saloni, dei festival e dei premi letterari”.

Potrebbe essere l’inizio di un boom: magari, dopo il libro nero della psicoanalisi, il libro nero della pubblicità, si arriverebbe a un libro nero dell’editoria, e lì non ci sarebbero problemi di macero. Sta a vedere che abbiamo teso una rete o lanciato un’idea. A questo punto ci piacerebbe ascoltare il punto di vista delle case editrici.  Anche raccogliere le loro rimostranze, lagnanze, petulanze. E chissà, esultanze. Ognuno ha la sua crisi, il suo punto critico e il suo grandangolo. Lo scritto non vuole essere che il pretesto per avviare un dibattito.

Intanto è doveroso riferire che gli scrittori in Causa della prima ora sono Alessandra Amitrano, Simona Baldanzi, Carolina Cutulo, Sergio Nazzaro. Quelli che si sono aggiunti trascorsa un’ora e un minuto sono Mauro Casiraghi, Riccardo De Torrebruna, Laura Del lama, Emiliano Gucci, Gianluca Merola, Michele Monina, Sacha Naspini, Pulsatilla, Clemente Tecchi. E altri a seguire, numerosi.
All’autore esordiente gli Scrittori in Causa sconsigliano di pubblicare con le case editrici che pubblicano a pagamento. Onestà intellettuale vorrebbe che, visto l’alto numero dei lavoratori della penna, anzi della pennetta, qualche volta sconsigliassero di pubblicare e basta. Può essere capitato e capita tuttora che personaggi si siano mossi e si muovano in cerca d’autore. Viceversa, qualche volta, se ne fuggono, o vorrebbero fuggirsene a gambe levate, i personaggi. Sono crisi di getto e di rigetto insieme.