Non l’ho letto, ma mi piace – Ep. 2

Seconda puntata della nostra rubrica di segnalazioni letterarie, librarie o libresche. Dove si parla (Halloween’s nigh) di alcuni libri che fanno paura, ma anche di altri che invece no.

Questa settimana – per la precisione venerdì 29 – esce Il cimitero di Praga, il nuovo romanzo (a sei anni dall’ultimo) di un tizio chiamato Umberto Eco. Altro da aggiungere? Per me basta così. Hype al livello di guardia.
Umberto Eco
Il cimitero di Praga
Bompiani, pp. 523, € 19,50
Quando si dice le coincidenze. Qualche tempo fa recensivo qui sopra il secondo volume delle avventure di Varney il vampiro edito da Gargoyle, e grazie all’introduzione di Fabio Giovannini (talmente ben fatta che la linkavamo tutta: andatevela a rileggere) scoprivo l’esistenza di un ulteriore tassello del complicato puzzle letterario che avrebbe portato, nel 1897, alla nascita del buon vecchio Conte Dracula. Parlo di Lord Ruthwen il vampiro, il primo vero romanzo (Il Vampiro di Polidori era solo un racconto breve) con protagonista l’omonimo nobile, uscito in Francia nel 1820 anonimo, ma attribuito a un tale Cyprien Bérard, ma in realtà (forse, chissà) opera di Charles Nodier. Curioso di dargli un’occhiata, cercavo qua e là nell’internet, trovando però che è più irreperibile del vero titolare di una società off-shore. Finché, qualche giorno fa, scopro per caso che proprio in questi giorni lo ripubblica Stampa Alternativa, insieme a una nuova traduzione del racconto di Polidori e a un inserto illustrato (Vampireide. 30 eredi di Lord Ruthwen). Il tutto indovinate a cura di chi? Proprio di Fabio Giovannini! Ovviamente si scherza: Giovannini lo conosciamo come uno dei più acuti vampirologi italiani, e se dovete leggere un buon libro sull’argomento io vi consiglierei di chiedere a lui. Tanto più che in questi tristi tempi in cui la più temibile creatura delle tenebre è rappresentata, nell’immaginario collettivo, dall’emo-glitterato vampiro à la Dawson’s Creek Edward Cullen, secondo me un ritorno a quei racconti in cui i vampiri facevano paura per davvero male non ci fa (P.S. Prossimamente su questi schermi, stay tuned).
Charles Nodier
Lord Ruthwen il vampiro
Stampa Alternativa, pp. 232, € 18,00
Sempre a proposito di racconti de paura, in questi giorni gli amici Gargoyle mandano in libreria, dopo un certo qual pressing pubblicitario iniziato alcuni mesi fa, Il diacono di Andrea G. Colombo: altro nome noto ai fans del genere, che lo conosceranno soprattutto come il creatore (e attuale animatore) di Horror.it, il primo sito italiano dedicato alla cultura dell’orrore. Nella sinossi del romanzo si respira una sana aria di orrore cosmico lovecraftiano, con almeno un’innovazione interessante: la rappresentazione di ognuno di noi (sì, anche di te) come una porta, una sorta di varco dimensionale attraverso cui un Male senza nome può insinuarsi nella nostra realtà per devastarla dall’interno. E qui cominciano i guai: perché proprio oggi (e quando, sennò?) l’equilibrio del mondo, finora mantenuto stabile dall’azione di una Volontà superiore, si è spezzato e la palla passa nelle mani di un esorcista senza nome né passato, chiamato semplicemente Diacono, a cui spetta di riportare l’ordine. O perlomeno di evitare il degenero totale. Noi abbiamo letto le prime pagine, e non ci sembrano male (sì, la grafica di copertina è un po’ troppo fumettona, ma comunque). Siccome però non siamo infallibili, potete leggervele anche voi: le trovate infatti qui, sul sito di Colombo. Più di così…
Andrea G. Colombo
Il diacono
Gargoyle, pp. 490, € 15,00
Chi ha detto “Luigi De Pascalis”? Lo hanno detto in tanti, negli ultimi tempi, e tra gli altri pure noi, che qualche mese fa recensivamo il suo Il labirinto dei Sarra, notevole prova di romanzo fantasy di ambientazione abruzzese. E siccome là dove si è vista una trota bisogna tornare con la canna da pesca, spero che nessuno di noi vorrà farsi sfuggire il nuovo episodio di quello che a questo punto possiamo tranquillamente definire “il ciclo dei Sarra”. La pazzia di Dio sarà nelle librerie verso la fine di novembre (data prevista, il 20), e parrebbe voler riconfermare le caratteristiche che facevano del precedente un esempio perfettamente riuscito di fantasy italiano. Dallo sgretolarsi dell’Europa Ancien Régime all’avvento della Grande Guerra, seguiamo Andrea Sarra, ultimo rampollo dell’omonima famiglia, nell’inesorabile tramonto della sua dinastia, accompagnato dalle malinconiche e altrettanto decadenti figure che fanno da contorno alla sua esistenza: “un lupo mannaro che si aggira nelle notti di luna piena, il fantasma di un antenato vissuto nel Seicento elettosi custode della casa e delle sue memorie e mastr’Alfredo, il ciabattino stregato dalla musica […] Abebath, la “regina di Saba”, misteriosa bellezza di Zanzibar di cui fino alla morte papà Filippo custodirà gelosamente le fotografie tra i libri della biblioteca”. Un affascinante composto di Storia nazionale (nella pietrosa e fiera terra d’Abruzzo, dove il fantasy mostra di attecchire così bene), storia familiare e magia che se non vi piace potete anche continuare a leggervi l’ennesima rifrittura di nani guerrieri, elfi freschi di parrucchiere e sovrani defraudati di sbobbosissimi regni che trovate a prezzo di un’arancia nel cestone del supermercato. Però dopo non lamentatevi.
Luigi De Pascalis
La pazzia di Dio
La Lepre, pp. 304, € 22,00
Nel 1534 l’arte della stampa compiva i suoi primi 79 anni, e già incuteva nel potere costituito un timore tale da suscitare fantasiose persecuzioni ai danni di molti dei suoi più illustri rappresentanti. Il 24 dicembre di quell’anno, ad esempio, Antoine Augereau, letterato, editore, umanista ed incisore di caratteri, festeggiava la vigilia di Natale su un rogo alimentato da libri, condannato per aver diffuso a Parigi manifestini eretici contro la messa cattolica. Si sa quale atteggiamento conciliante la Chiesa abbia sempre mostrato verso la parola scritta. Tuttavia, come ci racconta Anna Cuneo ne Il maestro di Garamond (in uscita il 3 novembre), dalla vicenda di Augereau avrebbe preso vigore l’opera innovatrice del suo discepolo, quel Claude Garamond i cui caratteri tipografici ancora oggi conservano – nel loro nuovo, impalpabile formato digitale – l’aspetto impresso nel piombo dal maestro parigino quasi 500 anni fa. La storia che ci viene narrata è proprio la sua, ma non solo la sua: è anche la storia di Aldo Manuzio, Erasmo da Rotterdam, François Rabelais, Calvino… In poche parole, di tutti gli spiriti che lottarono con l’arma più potente a loro disposizione contro un fanatismo oscurantista che pretendeva di avocare a sé il potere sulla parola come strumento di critica e liberazione delle coscienze. Roba da Medioevo? Allora dev’esservi sfuggito questo.
Anna Cuneo
Il maestro di Garamond
Sironi, pp. 480, € 19,90
Pesca alla trota in America è il capolavoro (1961) dello scrittore statunitense Richard Brautigan e, come si capisce chiaramente dal titolo, non parla affatto della pesca alla trota in America. In realtà, il riferimento è al nome del protagonista (sì, si chiama proprio così), “un pescatore zen che viaggia per gli Stati Uniti in cerca di illuminazione”: in perfetto stile beat, insomma. Non a caso, della beat generation Brautigan è considerato l’ultimo esponente. Mettendoci davanti agli occhi contraddizioni, nevrosi, solitudine, grandezze ed eccentricità di quella sorta di “luogo mentale” che sono gli Stati Uniti centrali, Brautigan sceglie l’unica forma narrativa possibile: non il racconto continuato, ma un succedersi di frammenti, spezzoni, schegge di un prisma dalle molteplici sfaccettature, che non può ricomporsi in unità se non perdendo in lucentezza. Un ritratto complesso proprio perché disarticolato, raccontato con lo stile beat che ci piace così tanto: umorismo dall’elevato tasso alcolemico, prosa irresistibilmente allergica alle etichette, disarmante lucidità. Consigliato a occhi chiusi.
Richard Brautigan
Pesca alla trota in America
Isbn Edizioni, pp. 152, € 16,00

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